Le comunità cattoliche di Rottenburg/Stuttgart incontrano il vescovo, Gebhard Fürst
I meli ormai senza frutti intorno alla Liebfrauenhöhe ci ricordavano di essere in autunno inoltrato nonostante il tepore del sole facesse pensare a una giornata di fine estate. Le mele erano in vendita come pure uova, confetture, salsicce e verdure di stagione, tutte produzioni bio della casa delle Sorelle di Maria. Domenica 30 ottobre presso la Liebfrauenhöhe, centro di incontro e di pellegrinaggio dell’Istituto secolare delle Sorelle di Maria a Ergenzingen (Rottenburg am Neckar), le comunità cattoliche italiane della diocesi di Rottenburg/Stuttgart hanno incontrato il loro vescovo, Gebhard Fürst. Maria Angela Mariano, Gemeindereferentin, responsabile della comunità di Rottweil e organizzatrice dell’incontro, ha spiegato come è nata l’occasione di questa giornata: “Non potendo fare il consueto pellegrinaggio di Pentecoste a Zwiefalten a causa del Katholikentag, ci siamo accordati per farlo qui presso la Liebfrauenhöhe. Non sapendo poi che cosa ci avrebbe aspettato con la pandemia, abbiamo inizialmente invitato solo i consiglieri pastorali delle nostre comunità; molti però non hanno potuto partecipare perché sono in Italia per le vacanze autunnali e per le ricorrenze dei morti, allora abbiamo allargato l’invito a tutta la comunità. Sono soddisfattissima e molto contenta che il vescovo abbia parlato a braccio”.
La liturgia eucaristica in tedesco e in italiano davanti a circa duecento fedeli è stata concelebrata, nella Chiesa dell’Incoronazione Maria Regina, dal vescovo Gebhard Fürst, da don Désiré Matand, responsabile zonale delle comunità italiane, dal delegato delle MCI, don Gregorio Milone e dal diacono Riccardo Rzesny di Friedrichshafen. È seguito un ristoro, c’era chi faceva conversazione, chi faceva foto con il vescovo. Salvatore, 15 anni, appassionato di dialetti italiani, gustava il clima gioviale e caloroso: “È bello vedere tutte queste persone insieme, unite per un solo motivo. Come ha detto il vescovo siamo una grande famiglia, una grande casa, siamo tutti uniti”. Per il diacono Riccardo “è stata una gioia poter concelebrare con il mio vescovo nell’anno del mio venticinquesimo anniversario di diaconato. Potevamo, forse, essere un po’ di più”. Don Jean Bonane di Leonberg ha messo in evidenza “la gioia delle nostre comunità nell’incontrare il vescovo. È la prima volta che i consigli pastorali delle comunità italiane incontrano il vescovo in una celebrazione dell’Eucarestia. È un’esperienza di fraternità, di comunione, di apertura e nella liturgia si è visto lo spirito di ritrovarsi come chiesa pellegrina nel mondo che cammina tra alti e bassi in cerca di unità e pace. Il vescovo nell’omelia ha sottolineato parole di speranza, di vita e di luce: camminiamo verso un futuro incerto in cui Dio rimane l’unica certezza. Dopo una foto con il vescovo Romina Karolewski, vicepresidente del Consiglio pastorale di Rottweil, manifesta la sua gioia: “È stata una giornata bellissima, specialmente quando hanno cantato tutti in italiano, è stato molto emozionante”.
Monsignor Fürst, nell’omelia di oggi ricordava come la Chiesa, cioè noi tutti, dobbiamo prenderci cura delle persone in sofferenza, prenderci cura del creato. Abbiamo l’impegno di essere una Chiesa inclusiva. Questo Lei lo esprimeva anche al Katholikentag il maggio scorso con le parole „condividere la vita è più vita“. Allora le comunità di altra madrelingua della diocesi avevano raggiunto in processione l’altare sulla piazza del Castello a Stoccarda, ricevendo così un’attenzione particolare. Il suo impegno per una maggiore partecipazione e parità di diritti nella Chiesa inoltre sta dando i suoi frutti. Penso al decreto, entrato in vigore il 1° novembre, che consente a laiche e laici di amministrare il battesimo. La Chiesa è comunione, tende alla comunione, e la diocesi rispecchia in piccolo la varietà della Chiesa universale perché vi si trovano comunità di diverse lingue, ci sono cristiane e cristiani da tutto il mondo. Quali pensieri e visioni risvegliano in Lei la parola sinodalità o anche Chiesa sinodale in riferimento alle comunità di altra madrelingua?
La parola sinodalità viene dal greco synodos e significa essere in cammino insieme. Come battezzati e cresimati abbiamo tutti la stessa dignità e apparteniamo alla stessa Chiesa, ciò comporta non solo esserne membri ma essere in cammino insieme responsabilmente per vivere la nostra fede in questo tempo. Ci vuole anche un certo modo di stare insieme. Il Cammino Sinodale della Chiesa non è una qualsivoglia immagine ma significa che la sinodalità deve avere delle strutture sia nelle diocesi sia nella Chiesa universale. Nella nostra diocesi, cristiane e cristiani hanno parte in modi diversi alla vita della Chiesa e nel decidere insieme ciò che si fa nella Chiesa. Naturalmente non si tratta di decidere, per esempio, se credere in Gesù Cristo, questo è sottinteso. Ma vogliamo trovare insieme le strade per portare la fede in Gesù Cristo alle persone, affinché possa dispiegare la sua forza benefica che risana. Che ciò sia possibile ce lo ha insegnato il Vaticano II, dove si dice che tutti i credenti hanno parte all’annuncio di salvezza del Vangelo. Questa per me è la chiave di tutto, è la base per noi tutti. Perché ciò possa riuscire è necessario trovare le strutture adeguate. Deve esserci una buona e costruttiva collaborazione nella Chiesa fra chi lavora e chi fa servizio di volontariato, fra donne e uomini, affinché la fede sia viva nel nostro tempo.
La revisione delle linee guida e direttive per le comunità di altra madrelingua della diocesi sono praticamente concluse. Il testo nuovo garantirà alle GKaM maggior partecipazione e uguaglianza?
Essere assieme nella fede comporta uno scambio fra le diverse comunità di altra madrelingua. E in questo c’è ancora del potenziale da sviluppare. Una difficoltà è rappresentata dal fatto che le comunità sono molto distanti fra loro. Le nostre linee guida insieme ai consigli pastorali delle comunità di altra madrelingua devono sostenerle in questo affinché siano più presenti nella percezione di tutti, emerga che cosa hanno in comune e possibilmente agiscano insieme. Ciononostante le comunità di altra madrelingua non devono abdicare alla loro cultura. Oggi durante la liturgia vi ho sentiti cantare i vostri canti nella vostra lingua, cantare il Gloria e pregare insieme il Credo, ciò mi entusiasma sempre ed è un grande arricchimento.
Dopo la celebrazione eucaristica si è reso disponibile molto gentilmente a posare per foto ricordo con le famiglie italiane. Che cosa apprezza particolarmente delle comunità cattoliche italiane e che cosa augura loro?
Apprezzo in voi, comunità cattoliche italiane, il forte senso di essere e di stare assieme, soprattutto nella famiglia. Vi auguro che questo piacere di stare insieme rimanga. Inoltre apprezzo molto di voi la gioia e la spontaneità nel celebrare la liturgia.
Il decreto che autorizza laiche e laici ad amministrare il battesimo è un grande passo in avanti verso una Chiesa sinodale e, in particolare, è un’apertura alle donne. Lei lavora da anni con la commissione diocesana delle donne (Frauenkommission). Come ha cambiato questa collaborazione la sua consapevolezza circa la “questione femminile” nella Chiesa?
La Commissione donne ha un bel quaderno sul cui retro c’è scritto: “Le donne consigliano il vescovo”, ed è proprio così. Le donne della commissione raccontano la loro situazione, i loro desideri e le loro aspettative. Con riferimento alla citazione del Concilio Vaticano II, fatta sopra – tutti i battezzati partecipano all’annuncio del Vangelo – si tratta di condividere l’annuncio e non solo di addobbare la chiesa o preparare una festa. Parlando con le donne della commissione percepisco sempre la loro grande disponibilità, ma anche le loro grandi aspettative e il loro grande desiderio di partecipare all’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo. Per questo desidero rendere possibile che anche le donne amministrino il battesimo. Il codice di diritto canonico lo consente. Per poter realizzare questa cosa abbiamo bisogno di una buona preparazione. Le persone interessate possono fare richiesta presso le parrocchie di appartenenza. Dopo un colloquio personale e un corso di formazione, possono essere incaricate. Da più parti sento la gioia per questa possibilità. Ma ho parlato molto intensamente anche con i diaconi e i sacerdoti. I laici non devono essere visti come una concorrenza ma come un buon complemento poiché tutti siamo chiamati – secondo il Vangelo – ad annunciare la fede nella Parola e nel Sacramento.