Dal Convegno Nazionale al Kloster Steinfeld: Il Sinodo della Chiesa cattolica, il Synodaler Weg della Chiesa tedesca e la loro incisività nelle comunità italiane.
Al Convegno il direttore nazionale Lukas Schreiber, responsabile della pastorale per le comunità di altre lingue e riti ha presentato il documento fresco di stampa Auf dem Weg zu einer interkulturellen Communio (Verso una comunione interculturale) che riguarda tutte le comunità ecclesiali in Germania, sia quelle di altre lingue e riti che quelle territoriali. Tutte sono chiamate a essere comunione interculturale, ossia non solo al riconoscimento e rispetto reciproci, ma a conoscersi, valorizzarsi superando pregiudizi e preconcetti. Questo documento aggiorna e sostituisce le linee guida precedenti del 2003 “Una Chiesa in molte lingue e popoli”. Schreiber ha messo in evidenza che le nuove linee guida si muovono dentro l’orizzonte di una Chiesa sinodale, secondo il Documento finale del Sinodo universale. Qui segue una sintesi dell’esposizione del direttore Schreiber, incentrata sulle intenzioni del documento. Segue un estratto della sintesi del contenuto del documento, fatta e presentata al convegno dal delegato, don Gregorio Milone
Nella sua relazione il direttore nazionale, Lukas Schreiber, è partito da alcuni presupposti che sono a fondamento delle nuove linee guida: Auf dem Weg zu einer interkulturellen Communio (Verso una comunione interculturale) sulla base di rilevamenti e dati oggettivi della situazione, per poi passare alla proposta di una comunione interculturale.
Genesi delle linee guida “Verso una comunione interculturale”
Rilevazione della situazione attraverso un questionario
È stato fatto un rilevamento al fine di avere una visione d’insieme della situazione attraverso un sondaggio condotto tra i delegati, i coordinatori nazionali dei rispettivi gruppi linguistici, da un lato, e tra i rappresentanti diocesani, responsabili della pastorale madrelingua, dall’altro. Si voleva sapere quante comunità di altre lingue e riti ci sono, com’è la loro presenza alle funzioni religiose e tutta una serie di altre domande.
Chi ha commissionato la stesura delle nuove linee guida
La Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale tedesca è stata incaricata di questa riformulazione delle linee pastorali. Questa commissione ha istituito un gruppo di redazione di cui facevano parte due rappresentanti diocesani, Franz-Thomas Sonka di Münster e Alexandra Schumann di Limburg, un delegato, il polacco padre Michal Wilkosz, un teologo pastorale, come esperto scientifico, il professor Salvatore Loiero, italiano di nascita, titolare della cattedra di teologia pastorale a Salisburgo. Sono stati coinvolti anche padre Tobias Kessler e l’amministratrice delegata della Commissione pastorale della Conferenza episcopale tedesca, Claudia Kunz. Il direttore nazionale, Lukas Schreiber, era il responsabile del gruppo di lavoro redazionale.
Qui è possibile scaricare gratuitamente la pubblicazione
La pubblicazione
Il 6 novembre, con una prefazione del presidente della DBK, vescovo Georg Bätzing, è uscito il libretto delle linee guida, nella Collana “Die deutsche Bischöfe”, dal titolo Auf dem Weg zu einer interkulturellen Communio Leitlinien für die Seelsorge in anderen Sprachen und Riten. (In cammino verso una Communio interculturale. Linee guida per la pastorale in altre lingue e riti). (Il libretto è scaricabile in formato pdf dal sito della DBK (pc)
I presupposti
Il numero di migranti all’interno della Chiesa cattolica in Germania è costantemente cresciuto; la cooperazione tra le parrocchie di altre lingue e le parrocchie territoriali non sempre funziona bene, perché spesso si tratta più di una coesistenza che di una comunione; infine, e strutture pastorali delle diocesi stanno subendo ovunque un massiccio cambiamento.
La situazione
Non esiste un numero preciso dei cattolici di altra lingua e riti. Esiste un numero che viene monitorato dal 2015 ed è quello dei cattolici con cittadinanza straniera. Dal 2015 al 2024 la percentuale dei cattolici con passaporto straniero rispetto alla totalità dei cattolici in Germania è aumentata: dal 13,4% al 16,7%. Di essi 1,2 milioni sono polacchi, seguono gli italiani con circa 600.000 cattolici, poi i croati con 350.000. Dopo vengono le comunità in lingua spagnola e portoghese. Bisogna però aggiungere che negli ultimi 23 anni il numero assoluto dei fedeli con passaporto straniero è sceso, in particolare, dell’1,5% dal 2023 al 2024. Dal momento che in Germania nello stesso lasso di tempo il numero dei cattolici è sceso complessivamente del 3%, abbiamo in relazione un aumento percentuale dei cattolici di altre lingue e riti.
Nel rapporto tra le comunità territoriali e le comunità di altre lingue, si osserva più una coesistenza che una comunione. Da che cosa dipende? Si possono individuare alcuni fattori. Innanzitutto si pensava che le missioni fossero qualcosa di temporaneo. All’inizio, con i “Gastarbeiter” venuti in Germania, la Chiesa pensò di offrire loro un servizio pastorale, nel presupposto che sarebbero rientrati nel loro Paese di origine oppure che, a un certo punto, si sarebbero integrati. Entrambe le prospettive si basano su un approccio di provvisorietà, si parla appunto di “lavoratori ospiti”. Questa provvisorietà ha portato a non cercare di lavorare insieme e alla pari.
Le comunità di altre lingue e riti, sono anche spazi dove è possibile preservare e coltivare la propria cultura, la propria lingua e trasmetterla alle nuove generazioni. Va detto però che ci sono anche chiari tentativi di demarcazione: in alcune culture, la nazionalità e la fede sono fortemente interconnesse, perché l’appartenenza alla Chiesa è fortemente legata alla coscienza nazionale. Ci sono meccanismi di demarcazione anche da parte delle comunità territoriali, quando si svaluta la pietà popolare delle comunità di altre lingue e riti, lontana dalle pratiche ecclesiali in Germania.
Questa mera coesistenza fra le comunità di altra lingua e le territoriali è teologicamente problematica perché siamo tutte Chiesa locale. Questa frammentazione, inoltre, non è più sostenibile dal punto di vista pratico ed economico, e questo discorso si innesta nel processo di ristrutturazione delle parrocchie in tutte le diocesi tedesche.
La comunione interculturale
Di fronte a questa situazione le linee guida parlano di comunione interculturale. Questa ha la sua fondatezza teologica nel Concilio Vaticano Secondo, infatti in Lumen Gentium (1) si legge: …la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano…
In questo contesto allora il modo in cui questo stare insieme (Miteinander) viene organizzato nella Chiesa è tutt’altro che secondario. Si tratta di un compito pastorale di importanza centrale. Se da una parte è da escludere una convivenza senza punti di contatto e interazione, non va neanche bene il tentativo di livellare le differenze culturali e far finta che non esistano per creare un’uniformità superficiale. Entrambi gli approcci non sono corretti. L’obiettivo è invece creare una crescente comunione interculturale, che le linee guida articolano in quattro punti:
1- Ogni persona deve sentirsi benvenuta e accolta nella Chiesa locale.
2- Tutti i credenti dovrebbero avere l’opportunità di trovare spazi in cui trovare una casa, una casa in questa Chiesa locale, sia individualmente che collettivamente.
3- Avere una disposizione di animo secondo cui tutti possano imparare dagli altri e arricchirsi reciprocamente in uno scambio di doni.
4- La vita comunitaria, al di là dei confini delle culture linguistiche e della nazionalità, deve essere ricercata e coltivata attivamente.
Serve allora un cambiamento di prospettiva, ha scritto il vescovo Bätzing nella prefazione e, aggiunge Schreiber, serve un cambiamento di mentalità, uno spostamento di accenti, che si manifesta in un “di più”: più gioia nell’incontro, più cattolicità e universalità e più partecipazione e sinodalità.
Più gioia nell’incontro
Nel contesto di una Chiesa e di un mondo caratterizzati dalle migrazioni, papa Francesco promuove una nuova qualità dello stare insieme. Schreiber cita la prefazione agli Orientamenti sulla pastorale migratoria interculturale del 2022: “In questa gioia dell’incontro, le comunità cattoliche sono invitate a crescere e a riconoscere la vita nuova che i migranti portano con sé”. Anche nell’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco parla di cultura dell’incontro.
Il fattore decisivo è, prosegue il direttore Schreiber, che non si tratta mai di appianare o livellare le differenze, ma al contrario di riconoscerle. L’integrazione di migranti in un tutto già esistente, idea che probabilmente è stata sostenuta per decenni anche in questo Paese, non è l’immagine del Papa e non è la visione della comunione interculturale delle linee guida. Il compito deve essere piuttosto quello di plasmare insieme la vita della Chiesa. A tal fine, è importante creare più spazi e modelli di pastorale in cui i fedeli di diverse origini e culture, così come di diverse tradizioni spirituali e teologiche, si sentano a casa, incontrandosi e scambiando idee gli uni con gli altri.
Più cattolicità e universalità
Abbiamo bisogno di più cattolicità e universalità. Teologicamente, la comunione interculturale trova corrispondenza nel rapporto tra le Chiese particolari fra loro, e nel rapporto tra le Chiese particolari e la Chiesa universale. Ancora in Lumen Gentium (13): “In virtù di questa cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per essere completati dagli altri e dalla Chiesa universale. La migrazione apre invece ora l’opportunità di sperimentare la pluralità universale della Chiesa, qui, sul posto.
Più partecipazione e sinodalità
Nella prefazione, il vescovo Bätzing scrive: “Nello spirito di una Chiesa partecipativa e sinodale, tutti i credenti sono invitati a partecipare, entrare, con il loro background, con ciò che è importante e prezioso per loro, con la loro spiritualità e con il loro carattere culturale ecclesiastico, sono invitati ad assumersi responsabilità e dare così insieme un volto alla Chiesa locale”. Ciò che conta è la Chiesa locale. È, quindi, importante consentire, promuovere e garantire la partecipazione dei fedeli di altra lingua e riti a tutti i livelli della vita ecclesiale. Ciò inizia con l’inclusione nei processi di informazione, si estende anche alla partecipazione paritaria alle risorse finanziarie e umane e al coinvolgimento adeguato nelle crisi di consulenza e decisionali. Questo non è altro che il tema della sinodalità.
Infine, vorrei citare ancora una volta il Papa a proposito di una nuova comunione interculturale nella Chiesa: “Questa è anche un’opportunità per essere una Chiesa autenticamente sinodale in cammino come comunità, che non rimane bloccata nelle stesse abitudini, che non ristagna mai, ma è una Chiesa che non fa distinzione tra nativi e stranieri, tra locali e ospiti, perché siamo tutti pellegrini su questa terra”.