La bella Cattedrale di Cremona riempita in ogni ordine di posti ha “ospitato” – e non poteva essere diversamente – sabato 6 maggio, la celebrazione per l’ordinazione episcopale di mons. Gian Carlo Perego, nuovo arcivescovo di Ferrara-Comacchio e direttore generale della Fondazione Migrantes. Un momento molto commuovente con tanti amici, parenti, sacerdoti, vescovi, personale della Fondazione Migrante ma anche laici della Cei.
La mamma Maria, 89 anni, in prima fila, ha partecipato alla celebrazione molto commossa soprattutto nel momento in cui Perego, nel suo saluto finale, ha ricordato gli anni della sua infanzia e adolescenza nel piccolo centro di Agnadello. Una celebrazione ricca di simboli: dall’ imposizione sul capo dei Vangeli, alla consegna dell’anello e del pastorale.
Il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, che ha presieduto la celebrazione, ha voluto consegnare a Perego quello del “grande” vescovo mons. Geremia Bonomelli che è stato, “e non solo per Cremona”, “maestro di discernimento profetico, di riconciliazione con la società civile, di riformismo radicato nell’ortodossia, portando grandi frutti nel rilancio della formazione sacerdotale e nell’attenzione ai migranti, al dialogo ecumenico, alle diverse povertà”.
Altri riti suggestivi: “l’interrogazione” di mons. Napolioni, in presenza dei fedeli, sul “proposito di custodire la fede e di esercitare in modo irreprensibile il ministero”. Successivamente mons. Perego si distende sul pavimento mentre i fedeli intonano le Litanie dei Santi. A imporgli le mani, appena dopo, il vescovo mons. Napolioni e i conconsacranti mons. Luigi Negri, suo predecessore sulla cattedra di Ferrara-Comacchio (dove mons. Perego si insedierà il prossimo 3 giugno) e mons. Guerino di Tora, presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes.
Con loro una ventina di vescovi, tra i quali il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze con il quale mons. Perego ha iniziato la sua attività di servizio in Cei quando era Segretario Generale e l’attuale segretario mons. Nunzio Galantino. Tanti anche i sacerdoti: dai compagni di ordinazione sacerdotale, ai presbiteri della Cei, della diocesi di Cremona e da quella di Ferrara–Comacchio. Molti anche i sacerdoti che hanno lavorato nella Fondazione Migrantes – tra quali mons. Silvano Ridolfi e mons. Pier Giorgio Saviola, ex direttori generali- missionari tra gli italiani in emigrazione, sacerdoti stranieri, coordinatori della pastorale per gli immigrati in Italia, direttori Migrantes di diverse regioni italiane. Ma anche vescovi e sacerdoti di rito greco cattolico.
“Dobbiamo chiederci sempre se ciò che facciamo ha a che fare non solo con l’evangelizzazione, ma proprio con il Vangelo, con Dio che parla ancora, e la cui voce di Pastore è attesa, ascoltata e riconosciuta, perché trafigge il cuore, ne intercetta le attese e guarisce le ferite, e lo allarga alla fiducia e alla speranza”, ha detto durante l’omelia il vescovo di Cremona, mons. Napolioni: “ogni giorno il nostro ministero – ha aggiunto il presule – non può che attingere all’ascolto umile – e direi curioso – della Parola rivelata, la possibilità di dilatare il nostro animo, ricolmarlo dello Spirito, per osare il cammino sulle orme del Risorto.
Come ci ha detto S. Pietro: a questo infatti siete stati chiamati, come discepoli del Crocifisso, a seguirne le orme, ora che siete stati ricondotti al pastore e custode delle nostre anime. Anche i Pastori della Chiesa sono degli erranti ricondotti, peccatori perdonati, fragili uomini rimessi in piedi dalla grazia. Custoditi dalla Parola, e dalla preghiera del popolo di Dio, possiamo custodire il Vangelo, la notizia della salvezza, il buon deposito della fede, in un cuore aperto e gioioso, facendo brillare con naturalezza – quasi a nostra insaputa – lo splendore della verità e la sua inesauribile capacità di attrazione”.
Il presule ha quindi citato Papa Bergoglio, il Card. Martini e il Vescovo di Cremona Mons. Geremia Bonomelli sottolineando che “farà bene a Vescovi e preti andare a scuola dalle famiglie, per riscoprire insieme quella amoris laetitia che il mondo non conosce, e di cui anche certa nostra vita ecclesiale potrebbe aver smarrito l’alfabeto. Gesù, la porta delle pecore, ci chiede di attraversare con fiducia anche questa soglia epocale, perché tanti possano entrare, uscire e trovare pascolo”.
Il presule ha quindi consegnato a Mons. Perego il pastorale del “grande Vescovo Geremia Bonomelli che, a cavallo tra XIX e XX secolo, è stato – non solo per Cremona – maestro di discernimento profetico, di riconciliazione con la società civile, di riformismo radicato nell’ortodossia, portando grandi frutti nel rilancio della formazione sacerdotale e nell’attenzione ai migranti, al dialogo ecumenico, alle diverse povertà. Egli sapeva – ha detto mons. Napolioni – vedere i segni del risveglio religioso atteso e possibile, ed ha insegnato la sapienza della gradualità pastorale”. Mons. Napolioni ha quindi citato la lettera del 1896 dal titolo L’emigrazione nella quale scriveva “Non è proprio del mio ministero pigliare la parte dei deboli, degli oppressi, dei sofferenti? La Chiesa, imitando il divino suo fondatore, si atteggiò costantemente alla difesa dei piccoli”. “Sappiamo tutti che questa è anche la tua storia, caro don Gian Carlo – ha detto Mons. Napolioni – e sarà una nota caratterizzante la tua missione. Non solo nelle attuali emergenze. Noi, tutti, non ti lasceremo solo, perché siamo coinvolti nella medesima missione apostolica, come ci ricorda Pietro nella pagina degli Atti: per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore nostro (At 2,39). Questa promessa di vita – ha concluso – da parte di Dio misericordioso e fedele, è la ragione più profonda della gioia e dell’impegno di questa assemblea, oggi in preghiera per la tua chiamata, fratello Vescovo, e per la vocazione di ogni figlio di Dio”.
“La scelta preferenziale dei poveri, l’accoglienza e l’accompagnamento dei migranti costruiscono veramente una Chiesa, favoriscono nuovi stili di vita e cammini di santità cristiana, rinnovando la bellezza della città”, ha detto al termine della celebrazione il neo arcivescovo ricordando gli ultimi 15 anni spesi in Caritas Italiana e successivamente, negli ultimi nove anni, nella Fondazione Migrantes. “E’ una nuova Pentecoste, quella che abbiamo vissuto insieme oggi, perché attraverso il suo Spirito, il Signore ha voluto ‘formare’, ‘informare’, ‘riformare’ la mia mente, il mio cuore, la mia anima per servire la Chiesa particolare di Ferrara-Comacchio”, ha detto Mons. Perego che ha voluto ringraziare il vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni che ha presieduto la celebrazione, i due vescovi consacranti– mons. Di Tora e mons. Negr, i vescovi presenti, i sacerdoti, le autorità civili e militari ma anche i dipendenti della Migrantes e i laici della Cei.
“Parto da questa Chiesa con due valigie”, ha detto Mons. Perego – tra le lacrime – parafrasando il titolo di un recente volume, ‘La vita in due valigie’ pubblicato dalla Migrantes e scritto dalla giornalista Anca Martinas. Nella prima valigia “non ci possono che essere i ricordi, non fotografie scolorite, ma esperienze vive, attorno alle quali ritrovo una tradizione cristiana, familiare, parrocchiale, ecclesiale” a partire dai primi anni nel suo paese natale Agnadello fino agli anni del seminario e agli anni di sacerdozio a servizio del vescovo Assi e poi alla Caritas diocesana. Nella seconda valigia i “sogni”: “ci sono sogni che ritornano continuamente e informano le mie scelte, si confrontano con le mie decisioni di servire la Chiesa, continuamente rinnovate in questi anni”. Il primo sogno “vede protagonista il vescovo Assi” al quale mons. Perego è molto legato: il sogno di “una Chiesa giovane, libera, fedele al vangelo, aperta al dialogo, rispettosa degli ordinamenti delle istituzioni e docile al soffio dello Spirito”, come diceva durante la vista pastorale nel 1983. “E siccome i sogni non sono come le cose, ma si possono condividere pur restando in luoghi diversi, questi sogni li prendo con me e li condividerò con la Chiesa di Ferrara e Comacchio, ma rimangono anche a Voi, a questa Chiesa in Cremona”, ha detto Mons. Perego che al termine della celebrazione ha voluto consegnare alla sua diocesi di origine, nelle mani del vescovo mons. Napolioni, “la vita di S. Omobono, in lingua spagnola, pubblicata a Madrid nel 1719”. “Non ho avuto il tempo di studiarla – ha detto – se sia un’opera originale o la traduzione di altre vite nella stagione della sofferta sottomissione di Cremona alla Spagna; oppure il contributo di fede e carità che Cremona ha regalato alla Spagna. E’ un segno, un ricordo, di un Santo, il patrono di Cremona, la cui forza nella carità e nella giustizia, formate dall’Eucaristia e dal Crocifisso, e il desiderio di pace e di dialogo per la città, sono state per me strade di vita cristiana. Oggi a Cremona invitato ad essere Buon Pastore; domani a Ferrara allenato ad essere Pescatore, pescatore di uomini”.
Nella Bolla di nomina Papa Bergoglio descrive mons. Perego come “ottimo conoscitore delle problematiche dei migranti, ornato delle qualità umane e sacerdotali che ti rendono idoneo ad assumere le responsabilità episcopali”.