Nella foto: In attesa dell’udienza del Papa

Convegno Europeo Migrantes 9-12 novembre, Roma

“Vi ringrazio e vi incoraggio a pensare con creatività ad una visione che guardi al futuro delle nostre comunità radicate nel Vangelo” con queste parole papa Francesco ha salutato gli oltre 150 partecipanti al Convegno Europeo Migrantes. Per il discorso completo del Papa e per un articolo più esteso sul convegno si rimanda a www.delegazione-mci.de. E difatti il Convegno Europeo della Migrantes (Roma, 9-12 novembre) si è focalizzato sulle prospettive future delle comunità cattoliche italiane in Europa. Alla Migrantes va il merito di aver articolato un programma che ha colto l’invito del Papa. La scelta dei relatori, l’impronta data dai loro contributi, l’organizzazione dei lavori di gruppo fra i partecipanti, l’udienza stessa da papa Francesco, tutto ha contribuito a rivolgere lo sguardo sulle potenzialità del tempo che viviamo, sulle sfide che la nostra realtà ci mette di fronte: la migrazione di altre genti che arrivano in Europa, la crisi della Chiesa in vari contesti nazionali, il fatto che il cristianesimo non detiene più da tempo il monopolio delle coscienze. Uscire dalla zona di comfort perché la storia è sempre storia di salvezza. La tradizione è custodire il fuoco non adorare le ceneri, ha detto don Gianni de Robertis, direttore di Migrantes e organizzatore del congresso, citando Gustav Mahler.

Quali comunità sogniamo per il futuro? Che esperienze facciamo nelle nostre comunità. Ecco le impressioni di alcuni partecipanti al convegno.

Antonella Simone – Il convegno per me è stato pieno di emozioni e di informazioni molto interessanti. Si pensa sempre che il proprio mondo sia unico, ma poi ti accorgi che la tua realtà è simile anche in altri luoghi.

È stato interessante seguire all’inizio la relazione su come la cristianità si sia diffusa dalle periferie dell’Europa, e anche quella della realtà cattolica in crescita in Svezia ma con la separazione dei migranti dalla gente del luogo anche per quartieri abitativi. Beh, la prossima volta che qualcuno si lamenta dell’accoglienza tedesca saprò come rispondere! Il culmine per me è stato conoscere il vescovo ausiliare di Bruxelles, Jean Keckerols, persona simpaticissima, la realtà di quella città, e subito ascoltare dopo la relazione di padre Antonio Grasso, scalabriniano da Berna.

Avevo le mie idee sul futuro delle missioni e sulla parola integrazione usata nell’ambito della chiesa. Continuo a non volerla chiamare integrazione, ma ho capito che dobbiamo collaborare di più con le parrocchie locali. Farci conoscere e partecipare alle loro attività potrebbe portare a maggiore tolleranza se non addirittura a simpatizzare con le varie usanze “etniche” delle nostre missioni di linguamadre. Il vescovo Kockerols parlava di ghettizzazione delle missioni, cioè che le missioni tendono a isolarsi. Non l’avevo mai vista così. È interessante vedere con gli occhi di altri. Per questo è importante la collaborazione, per far vedere che amiamo le nostre usanze cristiane, ma siamo interessati anche alla realtà locale. Ecco in questo dobbiamo lavorare e io personalmente mi impegnerò in questo.

Raffaele Garofalo – Il Convegno a Roma è stata un’importante occasione per riuscire a capire e condividere le esperienze e difficoltà riscontrate nelle nostre comunità. Le testimonianze dei partecipanti durante i lavori in gruppo sono state veramente interessanti e fondamentali per un approccio diverso, da attuare nella propria comunità. L’immagine usata da un relatore andare „da Babele alla Pentecoste” riassume, secondo me, molto bene l’importanza di collaborazione e inserimento nella Chiesa locale, che sono due punti essenziali per il futuro delle comunità di lingua italiana.

Diacono Riccardo Rzesny – Da quando sono stato assunto nella diocesi Rottenburg-Stuttgart faccio anche parte della missioni cattoliche italiane (Mci) in Germania. Due volte all’anno la Delegazione delle Mci propone appuntamenti a livello nazionale: gli esercizi spirituali e i convegni. Per me partecipare è sempre stato un piacevole dovere. Gli incontri a livello nazionale e internazionale mi danno la possibilità di conoscere altre persone, di confrontarmi con altre realtà e automaticamente di arricchirmi. Perciò il Convegno Europeo a Roma, tanto atteso, è stato il punto forte nell’anno 2021. In più a Roma ho studiato, ho conosciuto mia moglie e lì ci siamo sposati. È stato un grande arricchimento questo convegno. Quasi dimenticavo che le nostre realtà tedesche e quelle svizzere sono molto diverse da quelle degli altri paesi. Le conferenze presentate durante il convegno da relatori qualificati sono state molto costruttive ma ancor di più i lavori di gruppo. Ascoltavo con ammirazione le esperienze dei laici organizzati in gruppi di volontariato. Loro mi hanno ridato la gioia e la speranza per il futuro. Non posso infine non nominare l’udienza con il Santo Padre, che ci ha istruiti, ci ha ringraziato per quello che facciamo, ci ha incoraggiati a proseguire il nostro impegno e ci ha dato la benedizione “Petrina” nella bellissima sala Clementina del Vaticano. Ringrazio la Migrantes per l’organizzazione e la simpatica accoglienza.

Angela Lafata – Premetto che è stato difficile per me decidere in tempi di Covid-19 se partecipare o meno ad una manifestazione con più di dieci partecipanti. Posso dire con il senno di poi che ne è valsa la pena. Dopo la spinta iniziale è stato tutto più facile. Per me che non avevo mai partecipato ad un Convegno Europeo è un’esperienza da rifare. A parte le inconvenienze dovute a fattori pratici, come due luoghi di pernottamento e di distribuzione dei pasti per gli oltre 150 partecipanti, il programma in sé è stato ben calibrato. I relatori preparati e tutto il convegno, considerando le difficoltà per gli organizzatori di prepararlo e gestirlo, è riuscito in pieno. Si è potuto vedere il denominatore comune, nonostante i luoghi diversi di provenienza di ciascuno di noi. Si è potuto constatare quali fragilità e punti di forza abbiamo nel nostro piccolo e quali sistemi abbiamo adottato per ovviare a inconvenienti o problemi. È avvenuto uno scambio proficuo e si è acquisita la consapevolezza che non siamo un’isola felice, ma che, inglobati nella realtà della Chiesa locale, possiamo dare un contributo consistente nell’ambiente in cui viviamo.

Thomas Raiser – Personalmente sono stato molto contento di aver partecipato al Convegno Europeo Migrantes. La partecipazione di preti e collaboratori/collaboratrici pastorali e di volontari da varie nazioni, lingua e diocesi ha permesso di avere uno sguardo sulla varietà delle situazioni nelle comunità e missioni, inoltre è stato un bene passare questi giorni insieme con i colleghi della propria diocesi.

Sono venuto al convegno in attesa della riesamina dei risultati della valutazione fatta nella nostra diocesi (Rottenburg-Stuttgart) delle linee guida e direttive (Leit- und Richtlinien) che stiamo attualizzando per il futuro. Durante il convegno ho sentito tante volte parlare dell’atteggiamento di essere alla pari con la chiesa accogliente, aumentare la capacità di praticare una vera pastorale interculturale sia da parte del personale di comunità, sia da parte della chiesa locale.

Mi è piaciuta l’immagine di don Antonio Serra (Delegato dalla Gran Bretagna) che ha parlato dell’emigrazione come un fiume, partendo da una sorgente, ma che si arricchisce sempre di più.

Vivere la prossimità, tante volte richiesta al convegno, non è sempre facile, ci vuole la conversione dei cuori, un fondamento spirituale, passi concreti, andare oltre. Per una spiritualità dell’unità e della varietà non ho trovato proprio nuovi impulsi, dopo il tentativo di padre Graziano Tassello (1941-2014) non vedo novità. Anche se ho realizzato il desiderio di tanti di avere più legame con la chiesa di origine, sono sempre più convinto che la responsabilità di creare comunione insieme con i migranti è soprattutto compito della diocesi di accoglienza (padre Antonio Grasso di Berna). Inoltre mi sembra importante l’impulso a continuare con la formazione di laici volontari come operatori delle comunità ma anche come protagonisti dell’evangelizzazione. Alcuni pensieri di S.E. Anders Arborelius (vescovo di Stoccolma): spirito di servizio, precedenza del contatto personale! Gli immigrati come rimedio per un’Europa ammalata…!?

In piazza S. Pietro ho visto un’opera d’arte, una barca con tanta gente, che visualizza le parole di papa Francesco: navighiamo sulla stessa barca, nessuno si salva da solo. E in mezzo alla gente si vedeono le ali dell’angelo di Dio. Non siamo soli, Dio e con noi.

Sor Nancy Tomasini – È stato un Convegno molto bello e ricco, organizzato molto bene e in modo competente. Non c’è stato un momento in cui io abbia avuto la sensazione di perdere tempo o di annoiarmi e questo non è affatto scontato in un convegno di diversi giorni! Questo porta molto merito alla Migrantes e a tutti gli organizzatori e relatori. Mi ha colpito anche la provenienza variegata dei partecipanti: non c’erano solo missionari o delegati delle varie comunità di lingua italiana in Europa, ma c’era una presenza di diversi seminaristi dalla Puglia e dalla Sicilia e questo è stato proprio un bel segno di interesse dei vescovi e dei seminari riguardo alla pastorale italiana all’estero. I lavori di gruppo poi sono stati svolti in modo molto valido e sinodale, ognuno ha avuto la possibilità di esprimersi e dare il proprio contributo ed il tutto è stato diretto in modo che non restino mere condivisioni, ma in modo da poter trarre delle conclusioni e linee concrete che ci possano aiutare per il futuro. Anche le sante messe sono state un momento ricco e vivo in cui si è sentita una ventata di spiritualità di impronta propriamente italiana, sia per la familiarità e la disponibilità dei vescovi e cardinali che hanno presieduto, che per la vivacità dell’animazione musicale anche questa di sensibilità italiana.

Il culmine sicuramente è stato comunque l’incontro con papa Francesco! Mi ha colpito particolarmente il suo sguardo vivace e contento che ha avuto appena ci ha visti entrando in sala e poi l’affabilità che lo caratterizza. Grazie a don Gianni e a tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita di questo Convegno.

Gisella Adam – È stata la prima esperienza a un Convegno Europeo Migrantes. Ho ascoltato con grande interesse e attenzione i contributi dei relatori, nelle quali cui trovato risposte alle mie domande. Quello che mi ha particolarmente colpito sono stati i lavori di gruppo, il conoscerci. Il sentire come gli altri paesi vivono la loro Missione, le loro preoccupazioni e le loro gioie. Ora vedo il mio lavoro da una prospettiva diversa. Ci metto ancora più sensibilità, più comprensione e amore e spero che le missioni continuino a esistere anche nel futuro e che i giovani non dimentichino le loro radici. Il convegno è stata un’esperienza di vita, coronata dall’udienza con papa Francesco.

Assunta Garofalo – Sono rimasta piacevolmente colpita dal Convegno. È stato bello incontrare i missionari e laici di tutta Europa e di poter ascoltare le varie esperienze e opinioni. Con me porto sicuramente una visione più aperta verso tutte le comunità e le loro realtà. Anche gli interventi dei relatori sono stati interessanti e mi hanno dato tanti spunti di riflessione. Soprattutto dalla relazione del vescovo ausiliare di Bruxelles Jean Kockerols mi ha colpito molto l’espressione “Da Babele a Pentecoste”. Un obiettivo che dovremmo avere tutti a prescindere dal paese in cui ci troviamo o dalla nazionalità. Il clima fra noi durante questi giorni è stato molto bello e soprattutto c’era tanta voglia di ascoltarsi e di stare insieme. Il programma è stato molto intenso, ma ha permesso a tutti noi grazie ai lavori di gruppo di avere delle idee più chiare sui passi da fare concretamente per il futuro. L’incontro con il Papa è stato molto emozionante ed è stato bello condividere questo momento con tutti coloro che hanno partecipato al Convegno e che sono un punto fermo per tanti italiani all’estero.

Don Pierluigi Vignola – Ciò che in primo luogo ha colpito in questo Convegno Europeo delle Missioni Cattoliche Italiane post ed intra Covid-19, è stato poter guardare agli altri, imparare e vivere anche dei suggerimenti che ci sono stati dati, aldilà delle relazioni, dal vissuto quotidiano di ognuno nell’ambito della sua nazione. Ciò che ne è emerso è che la chiesa dovrebbe essere più pastorale e meno burocratica e i sacerdoti più pastori che funzionari. La chiesa in Europa è confrontata con una urgenza: consolidare la fede cristiana e vivere l’annuncio. Ciò che vediamo è che, ovunque abbia trionfato la secolarizzazione, né l’emancipazione né l’attesa pacificazione si sono realizzate, e si è invece imposto un’atomizzazione senza precedenti dell’umanità, che ormai minaccia l’esercizio democratico delle libertà. Il cattolicesimo attraversa effettivamente una crisi molto profonda. Allora vogliamo metterci davanti ad uno specchio e chiederci: “Dove siamo? A che punto siamo?”. Un segno dei tempi è proprio la migrazione. In un mondo interdipendente, come non lo è stato mai così come ora, dove la mobilità delle persone da un posto all’altro del globo è intensa, e il sistema delle comunicazioni incredibilmente molto più veloce rispetto a qualche decennio fa, le religioni si muovono con il movimento delle persone. In vari modi, esse possono cambiare cercando di trapiantarsi da un posto all’altro, ed è importante renderci conto che la storia non è più eurocentrica. L’esigenza più immediata, pertanto, è proprio quella di riuscire a trovare strategie comuni per favorire un lavoro coordinato di adeguata visibilità, accessibilità e fruibilità da parte di coloro che vivono nell’ambito delle Missioni. Le attuali sfide urgenti, quali l’integrazione dei rifugiati e dei migranti o la lotta contro l’estremismo violento, sono certamente destinate a figurare a lungo nell’agenda anche delle Missioni. Il contesto internazionale può tuttavia cambiare costringendoci a ridefinire le nostre priorità e attività. Pertanto, la chiesa in Europa è confrontata con un’urgenza: consolidare la fede cristiana e vivere l’annuncio.

Pina Baiano – Una piccola premessa: quando è arrivata la circolare nel mese di maggio con l’invito per il convegno mi sono messa a fare “il trapano” nelle orecchie del missionario e delle colleghe delle varie missioni qui in Baviera per convincerli a partecipare. Con grande gioia ci sono riuscita, siamo partiti in cinque. Questa esperienza è stata per me più che positiva. Ho potuto conoscere e apprezzare le mie colleghe sotto il profilo umano e privato, non solo lavorativo. Conoscere altre persone che hanno lo stesso desiderio e lo stesso amore nello svolgere questo bellissimo lavoro o volontariato, mi ha fatto capire che anche se il periodo in cui ci troviamo è molto particolare e triste, allo stesso tempo c’è tanta volontà di andare avanti e di non arrendersi.

La voglia di donarsi agli altri l’ho riscontrata nei lavori di gruppo di come ciascuno cerca di avvicinarsi ai propri connazionali nelle comunità.

I momenti in cui ci si riuniva per pranzo e cena erano pieni di fraternità e voglia di conoscersi. Le Messe sono state sempre ricche di partecipazione e ho sentito una profonda unione nella preghiera da parte di tutti noi presenti. Che dire poi dell’incontro con il Papa, una grande emozione che mi ha portato tanta energia positiva. Quello che mi ha colpito è stato il sorriso che papa Francesco è riuscito a donare a ciascuno di noi, nel momento in cui ci siamo avvicinati per salutarlo. Un sorriso nel quale ho visto forza, gioia e voglia di dire a tutti noi: continuate ad amare il prossimo. Spero di poter trasmettere questa esperienza alla mia comunità con il sorriso che mi è stato donato da papa Francesco durante l’udienza.

Padre Giuseppe Tomiri – Il Convegno Europeo della Migrantes è stato organizzato molto bene. Le relazioni sono state molto interessanti e attuali, tenute da relatori non accademici ma da persone che vivono sul campo nei vari contesti nazionali europei le varie problematiche dei migranti e rifugiati. Hanno messo in luce che il cammino da fare per mettere in atto le linee guida di papa Francesco su accogliere, proteggere, promuovere, integrare, è ancora lungo. Forse si potrebbe mettere in risalto con una relazione aggiuntiva le differenze che esistono tra le missioni cattoliche nei vari contesti nazionali. È stata poi per me molto interessante la relazione del vescovo ausiliare di Malines-Bruxelles Jean Kockerols che ci ha fatto comprendere che anche la Chiesa a livello locale dovrebbe vedere le comunità di madrelingua o missioni cattoliche come una ricchezza e una risorsa per il cammino ecclesiale del popolo di Dio. Lo stare insieme è stato molto formativo soprattutto con i fuori programma che ci hanno fatto comprendere la bellezza della fraternità. È bello poter creare queste occasioni di incontro, visto che il più delle volte non ci riusciamo, troppo presi dal lavoro pastorale. I lavori nel mio gruppo sono stati molto formativi perché abbiamo avuto occasione di condividere le nostre esperienze pastorali. Abbiamo messo in luce le differenze che esistono, per esempio fra chi lavora in Belgio o in Germania. È mancata una sintesi finale che riassumesse tutto il lavoro svolto nel convegno.

Laurette Balas – Mi sono resa ancora più consapevole del nostro ruolo di missione cattolica italiana all’estero. La nostra identità come persona migrante è in divenire. La migrazione è un fenomeno sempre attuale e riguarda tanti giovani, assenti nella nostra chiesa e che dobbiamo andar a cercare. La migrazione costituisce un patrimonio, una ricchezza culturale, una benedizione, una grazia, un fatto provvidenziale e un tesoro per la chiesa e il paese di accoglienza. Con le persone migranti e la chiesa locale si costruisce una nuova evangelizzazione in cui cerchiamo di vivere il messaggio di “Fratelli tutti” di papa Francesco.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here