10-12 maggio – Meeting giovani 2024 a Monaco di Baviera – Visto e vissuto da dentro
Venerdì 10 maggio, circa 50 giovani cattolici italiani provenienti da ogni parte della Germania si incontrano a Monaco per tre giorni di condivisione e crescita. Dormiamo al Salesianum, ma la maggior parte delle attività si svolgono presso le sale di una chiesa ortodossa.
In gruppi arrivano i partecipanti, ed ecco la prima sorpresa: incontro una persona conosciuta tanti mesi prima in un altro contesto. Sarà un caso. Ah già, è vero che il caso non esiste e che tutto ciò che accade ha un senso. Si fanno le prime conoscenze, in perfetto stile italiano iniziamo il weekend con un bell’aperitivo, qualche stuzzichino e una manciata di chiacchiere, consapevoli di essere lì ognuno per un motivo diverso e in realtà tutti per gli stessi motivi. L’atmosfera è piacevole, dopo pochi minuti ci ritroviamo a parlare con persone sconosciute fino a cinque minuti prima. Le panchine in giardino sono già disposte in cerchio. Don Gregorio “apre le danze” con il primo momento serio e religioso del weekend. Leggiamo una lettura del Vangelo di Luca, dove emergono fin da subito le domande guida che ci accompagneranno per i tre giorni:
“Ma voi chi dite che io sia?”
“La gente chi dice che io sia?”
“Chi è Gesù per me?”
Forse più che affannarci a trovare risposte è bene farsi delle domande. Dopo le prime riflessioni ecco che viene sganciata un’altra bomba, una canzone profondissima di Niccolò Fabi, “Io sono l’altro”. Trasportati dal potere immaginifico della musica e delle parole, emergono scenari, pensiamo a storie, di noi, di amici, di sconosciuti. C’è chi guarda nel vuoto, c’è chi riflette, c’è chi piange. Obiettivo raggiunto, il cuore si è aperto, le emozioni sono arrivate.
È passata circa un’ora e mezza ma non ce ne siamo accorti. È ciò che accade quando si è presenti.
Intanto in cucina qualcuno lavora per noi, maccheroni pasticciati e pizza per tutti, quando improvvisamente l’anima napoletana di Lucia esplode: dedica pubblica a don Gregorio, “voglio fare un applauso a don Gregorio. Mi avete emozionato, io lo sento nel cuore. Don Gregorio, vi voglio bene”. È solo uno dei primi momenti di ilarità targati “Lucia”.
Dopo cena tiriamo fuori gli strumenti e iniziamo a suonare, la chitarra fa da padrona e accompagna tutti, il violino e la tromba si inseriscono come possono, partono i cori, tutti insieme cantiamo canzoni degli ultimi Sanremo, alternate ad alcune richieste nostalgiche di qualche pezzo storico di Alex Britti e degli 883.
Tornati al Salesianum, la serata si conclude in salotto, si condividono le proprie esperienze parrocchiali e già emergono proposte per il futuro. A smorzare la serietà di questi discorsi notturni ci pensa di nuovo Lucia, con le sue barzellette animate da gesti ed espressioni divertenti. Se chi ben comincia è a metà dell’opera, non avremmo potuto desiderare inizio migliore.
Il momento conviviale riprende l’indomani esattamente nello stesso salotto, dove eravamo rimasti la notte fino alle 02:30. Si fa colazione, si mangiano le paste e si beve il caffè. Tutte le volte che si mangiava io ero contento. A seguire ci ritroviamo nella cappellina… Dopo un breve riepilogo del primo giorno inizia l’adorazione…
“La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” “Chi è Gesu’?”
Dal vangelo di Matteo e dalle preziose riflessioni di suor Mira e di suor Armanda arrivano i primi tentativi di risposta, i primi suggerimenti. Risponde Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E ci viene ricordata l’importanza del cammino di fede, non sempre semplice, ma sicuramente proficuo e gratificante. Ascoltiamo le parole di Madre Teresa di Calcutta, una lista di significati, di valori, di esperienze. Gesù è:
luce che dev’essere accesa
vita che deve essere vissuta
amore che deve essere amato
A questo punto ognuno di noi è chiamato a scrivere chi è Gesù per sé in un messaggio di 160 caratteri, come si faceva una volta con gli sms, quando al 161esimo carattere pagavi il secondo messaggio. Si è costretti a condensare. A chi vorremo inviare quel messaggio?
Nel silenzio totale della cappellina, accompagnati dalle dolci e soavi note della chitarra, in un’atmosfera surreale, siamo invitati a fermarci, ad adorare il Santissimo e a svolgere questo esercizio di riassunto.
La musica e i canti animano la messa, le parole, i gesti e i silenzi di don Gregorio lasciano il segno. Qualcuno più tardi lo ringrazierà per questo.
Fuori in giardino c’è il sole, possiamo approfittarne per giocare come bambini. Pronti a gustarci il prossimo pranzo, torniamo alla chiesa ortodossa, il sole splende ancora, siamo contenti, si chiacchiera. Poi ci si prepara per la visita di Monaco nel pomeriggio. Ci parlano di un’app e di un gioco a squadre, ma le regole sono all’italiana, regna l’autogestione e le risate e, siamo sinceri, alla fine in pochi capiscono davvero cosa ci sia da fare. Poco importa, giriamo per la città, Monaco è proprio bella… Conosciamo un po’ meglio alcuni luoghi e scopriamo alcune curiosità. Alla fine il senso è conoscerci e spassarcela un po’… Quasi tutte le squadre non completano l’obiettivo, diversi arrivano solo all’ottavo quesito ma la verità è che… alla fine abbiamo vinto tutti. Qualcuno è talmente felice che vorrebbe fermarsi per una birra fresca.
La squadra degli adulti, più saggi, riesce però a riportarci tutti a cena insieme, ignari che stava per arrivare uno dei momenti più belli di tutto il weekend: la condivisione del sabato sera. Tre sono state le cose che più mi sono piaciute:
abbiamo parlato tutte e tutti; ci siamo dati tempo; non ci sono stati limiti di tempo; ci siamo ascoltati tutti, dall’inizio alla fine.
Ognuno racconta di sé, c’è chi segue le domande guida, chi le ignora, si ride, si scherza. Ognuno, a modo suo, fa uscire la parte autentica e profonda di sé. È anche qui che si incontra il divino. La domanda “Chi è Gesù per me?” conduce inevitabilmente a domandarci “Chi sono io per Gesù?” e “Chi sono io davvero?”.
Con “Brava, bello!” suor Mira incoraggia una nostra amica molto giovane e un po’ timida a condividere la sua frase che esprime uno dei significati più concreti ed elevati del rapporto Padre – Figlio.
Alcuni si rammaricano che questo meeting si svolga una sola volta all’anno, c’è chi propone di pianificarne uno ogni sei mesi. In soli due giorni dal nostro primo incontro, ho la sensazione di conoscere le persone meglio di quelle che conosco da ormai 10-15 anni con le quali, a dir la verità, non ci siamo mai addentrati in discorsi di una certa importanza.
Con il cuore pieno e grato torniamo al Salesianum nel nostro salotto. Giunge la domenica. Dopo il banchetto della colazione, iniziamo la giornata con la messa conclusiva.
La lettura della lettera di San Paolo apostolo agli Efesini e il Vangelo secondo Marco ci accompagnano ulteriormente nelle riflessioni:
“Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?”
La celebrazione eucaristica è letteralmente un concerto: organo, due chitarre, violino, fisarmonica e tromba suonano tutte insieme intrecciando note e sonorità. Senza l’accompagnamento musicale la celebrazione avrebbe avuto un altro sapore, sarebbe sicuramente stata meno gioiosa e meno colorata.
Ancora una volta don Gregorio tocca le nostre corde più profonde grazie alla sua omelia, ci pone interrogativi, ancora una volta ci spiega meglio ciò che da soli faremmo più fatica ad interpretare.
Quando quasi tutti hanno già abbandonato la cappellina, Andrea, l’organista, attacca con un arpeggio dolce e chiede ai pochi rimasti se conosciamo quella canzone. È l’Ave Maria di Gounod. Poi me la sono riascoltata su Youtube, è stata quasi un’esperienza meditativa. Se non la conoscete, ve la consiglio caldamente. In questa domenica soleggiata, dopo la messa torniamo nuovamente alla chiesa ortodossa.
Uno a una leggiamo a tutti il nostro messaggino di 160 caratteri…
Ciascuno annuncia la sua dedica: qualcuno invia il messaggino a gruppi di persone, ad esempio ai propri parrocchiani, qualcuno al sé stesso del passato o del futuro, qualcuno a una persona speciale a casa, qualcuno a un nuovo amico.
Qualcuno non si aspettava di aver fatto la differenza per qualcun altro; siamo sempre e comunque degli esempi, sia in negativo sia anche in positivo; e a volte lasciamo il segno senza accorgercene.
Qualcuno si emoziona, qualcuno ha troppo caldo e si alza in cerca d’ombra, continuando però ad ascoltare e a gustarsi le perle che ognuno ha da offrire. Qualcuno non parla bene l’italiano o il tedesco, ma poco importa, perché il linguaggio delle emozioni va oltre ed è universale, con uno sguardo, un sorriso o un abbraccio ci capiamo comunque e anche molto bene.
Ho saputo di questo meeting solo qualche settimana prima, e io pensavo chissà che cosa sarà mai, ne ho già fatti tanti in passato… Sarà che negli anni sono cambiato tanto, sono cresciuto, sarà che in questo momento della mia vita sto attraversando un periodo di transizione e di trasformazione più impegnativo di altri… Questo weekend mi è piaciuto, molto. Per tre giorni mi sono sentito immerso in un’atmosfera gioiosa, divertente, ma allo stesso tempo profonda e riflessiva. Abbiamo toccato temi importanti e note complesse. Non mi sono mai sentito solo né annoiato.
Nel giro di poche ore si è amalgamato un gruppo “giovani” in cui c’erano ragazze delle superiori, studenti universitari, studenti lavoratori, professionisti, coppie sposate, genitori, figli, fratelli, sorelle, un nonno, un prete, due suore, educatori, catechisti, ecc… Ognuno con la propria storia da raccontare, ciascuno con le proprie esperienze, con i propri fallimenti e con i propri successi da donare e condividere con gli altri.
Un ringraziamento speciale va a tutto il team “cucina”, alle delizie che ci hanno preparato, a tutti coloro che hanno apparecchiato, lavato i piatti, ecc. Grazie a tutti gli autisti, a chi ha organizzato, alle suore, a don Gregorio. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato. È stato arricchente. E così, grato per tutto ciò che avevo appena vissuto e coccolato da questi bei pensieri, sono tornato a casa a Stoccarda, pensando a quando avrei rivisto tutti e a quando si sarebbe svolto il prossimo incontro.
*Riccardo Tassinari, Comunità Italiana San Giorgio – Stoccarda