Foto: La chiamata di Maometto alla profezia. Particolare. Copia presso il Metropolitan Museum of Art. Commons.wikimedia.org

Religioni: Islam – I concetti cardinali dell’Islam (1)

Proponiamo una serie di articoli per comprendere alcuni aspetti fondamentali dell’Islam, religione monoteistica insieme al giudaismo e al cristianesimo. Ci aiuta in questo don Marwan Youssef, greco cattolico, di madrelingua araba, nato e cresciuto in Libano, dove convivono cristianesimo e islam. Questa volta trattiamo della comprensione islamica dogmatica del Corano (Udep).

Per conoscere l’Islam o il punto di partenza del dialogo con un musulmano, bisogna capire alcuni concetti basilari nella tradizione e storia islamica. Qui trattiamo del termine dogmatico Tanzil (far discendere giù / dondolare giù). Fino all’anno 833 (l’anno del regno del califfo al-Ma’mun), i musulmani non avevano ancora definito il loro credo e la loro visione sul loro libro sacro, ossia il Qur’an (il Corano). Con la prima guerra civile tra musulmani, detta al Mihna (la tribolazione), a causa delle visioni contrastanti riguardo al Corano, che durò 16 anni fino al 849 (sotto il regno del califfo al-Mutawakkil), i musulmani arrivarono a determinare il loro credo rispetto al Corano: esso è Munazzal (che significa “fu fatto discendere giù”) direttamente da Allah al profeta Maometto. Il Corano è munazzal (forma verbale passiva) e non significa rivelato, bensì letteralmente “buttato giù oppure “fu fatto discendere giù”, poiché esso esisteva già, con le stesse parole, le identiche frasi e forma, nella tabella eterna con Allah, nel settimo (più alto) cielo (dimora di Allah): “È una recitazione che abbiamo diviso in parti affinché tu la recitassi agli uomini lentamente, l’abbiamo fatta discendere “rivelazione dopo rivelazione” (o anche versetto dopo versetto)”. Per capire bene questo concetto, andiamo a vedere la differenza tra il concetto dogmatico Tanzil e quello della Rivelazione nella tradizione giudeo-cristiana:

– 1a differenza: secondo la “Pontificia commissione biblica”, la Rivelazione è “la parola di Dio in linguaggio umano”; il Tanzil invece è “la parola di Allah nel testo e nel linguaggio di Allah stesso”. Ciò implica che il profeta e i suoi discepoli dopo di lui non hanno a che fare direttamente con il Corano e la sua stesura. È Allah che fa discendere, come in un cestino, il versetto/i versetti nella loro forma finita. Il profeta è solo un canale “passivo”, il cui compito è unicamente recitare e trasmettere ciò che riceve senza alcun intervento (si noti gentilmente che qui si descrive il concetto nella sua dimensione dogmatica e non empirica, dunque senza nessuna critica scientifica e logica del termine).

– 2a differenza: il testo coranico (parole, frasi e forma/stesura) esistono dall’eternità con Allah. La Rivelazione invece crede che la parola di Dio, in quanto idea astratta, volontà di Dio, concetto o principio generale, fa parte del logos divino, che è una parte intrinseca e integrante della persona di Dio stesso, proprio come l’intelletto di ognuno di noi fa parte della nostra persona. Il testo, le frasi e la forma mediante cui venne dato o trasmesso agli uomini invece, sono d’origine e opera umana, in cui l’elemento umano, cioè il profeta in questo caso, è un agente attivo ed è soggetto al suo contesto psico-sociologico e politico.

– 3a differenza: la Rivelazione è soggetta alla critica testuale e contestuale (letteraria, storica e archeologica). Ogni epoca usa gli strumenti oggettivi dello studio scientifico, ossia ermeneutico, per perfezionare la sua integrazione e comprensione; il Tanzil invece, pur avendo avuto un momento temporale, un’epoca, una società in cui “fu fatto discendere”, esso non è soggetto a interpretazione oggettiva testuale e contestuale. A prescindere da ciò, il versetto è valido con la stessa comprensione per l’epoca di Maometto, come proprio per la nostra epoca moderna. Una vera interpretazione nel senso “esegetico” della parola non c’è nella concezione islamica del Tanzil. Anzi, una tale critica testuale è una blasfemia, rea di condanna.

 4a differenza: invece per quanto riguarda la Rivelazione, essa avvenne e fu trasmessa attraverso vari generi letterari (ad esempio narrativo nei libri 1 e 2 dei Re; 1 e 2 delle Cronache; didattico in Genesi; poetico in Salmi; sapienziale in Proverbi, Qohelt; bibliografico nei Vangeli e anche tanti altri). L’interpretazione e i suoi strumenti perciò, vengono applicati e adattati a seconda del genere letterario; diversamente nel Tanzil si trova un solo genere letterario (prosa ritmica) dall’inizio fino alla fine, con versetti staccati l’uno dall’altro (solo nel caso dei versetti che raccontano la storia di un profeta possono essere più di uno, legati insieme da un tema unico), e dunque non hanno un contesto letterario.

Per questa ragione, il punto di partenza del credo e del linguaggio musulmano, si distingue diametralmente da quello cristiano e/o giudeo. Questo concetto dogmatico del Tanzil, o meglio dire, il credere nel Tanzil pone tuttavia un problema serio, una sfida linguistica, semantica e dogmatica al concetto del Tawhid, ossia dell’unicità di Allah che nega ogni sorta di carattere trinitario del divino, giacché egli è Uno, Unico nell’Islam.

Infatti, se il testo fisico del Corano fosse eterno come Allah, ed è accanto a lui, oppure convive con lui separatamente nel settimo cielo, in una “Tabella eterna”, allora sin da principio non esisteva solo Allah, bensì anche la Tabella eterna, ossia il Corano nella lingua araba? Potremmo allora ancora dire che l’argomento del Tawhid, l’unicità, regge? Questo argomento sarà magari uno spunto di riflessione per un altro articolo.

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