Pellegrinaggio al monastero di Jakobsberg (Bingen) ispirato alla regola di San Benedetto, secondo don Danilo può essere contenuta in tre parole: «Ora, Laborora et Stabilitas». Il monaco, secondo San Benedetto, mette in primo piano la preghiera per sostentare l’anima; il lavoro per alimentare il corpo, poiché il monaco non deve vivere di elemosina ma del proprio lavoro; non deve essere vagabondo ma stabile con una fissa dimora, differente «… dai monaci girovaghi, schiavi delle proprie voglie e della propria gola» Il monastero è la casa sulla roccia, luce che illumina le genti vicine e lontane.
Don Danilo e Don Silvestro hanno guidato la Comunità di Francoforte-Centro, Nied e Bad Homburg in quel luogo che in questo paese ha scritto storia, in prevalenza quella della nostra Chiesa.. Per questo i nostri parroci hanno voluto farci conoscere, il cenobio di Jakobsberg e la bellissima cappella di San Rocco presso Bingen. Il primo edificio fu edificato dai crociati nel 1417 e annesso alla basilica di San Martino (Bingen). Distrutta poi da un incendio, la cappella di Betlemme cadde in oblio. La seconda cappella fu eretta per voto: durante la peste del 1666 la città aveva fatto voto a San Rocco di edificargli una cappella sulle alture di “Hesslingen” di recarsi ivi il giorno di San Rocco in processione e passarvi, in festa, mezza giornata. Ma anche questa fu distrutta. La cappella nei secoli è stata più volte distrutta e ricostruita. Infatti, l’odierna cappella, fu costruita da Meckel in stile neogotico nel 1895. Solo la statua di San Rocco è miracolosamente scampata alle guerre le devastazioni e gli incendi.
Il priorato di Jakobsberg sorge sulla cappella eretta in onore dei quattordici santi soccorritori 1720.. Per accogliere il crescente numero di pellegrini la cappella fu ampliata. Il cenobio oggi, ospita otto frati e cinque suore, secondo la regola di San Benedetto si dedicano alla coltura della vite, frutteti e ortaggi.
Tre autobus pieni fino all’ultimo posto indicano il chiaro desiderio della comunità italiana di conoscere e visitare; riscoprire, come ha detto don Silvestro, la forza della preghiera tanto cara a San Benedetto che dalla torre del suo convento in Montecassino pregava incessantemente il Signore che i suoi figli spirituali illuminassero il mondo con l’esempio e la parola. La preghiera del cenobita, ha spiegato don Danilo, non è passiva, la preghiera del monaco benedettino è attiva: dalla preghiera scaturisce la forza d’azione.
Il maltempo non ha tolto il buonumore: animati da un buon pranzo e un bel bicchiere di vino, intonando Santa Maria del Cammino la comunità italiana ha varcato l’alto di San Rocco per godere il panorama della Valle del Reno.