Il 25 agosto scorso, durante il domenicale Angelus dalla sua finestra su Piazza San Pietro, il Papa ha espresso la sua profonda ansietà sugli incendi che stanno distruggendo un patrimonio forestale mondiale senza pari ed insostituibile come la foresta amazzonica, ed ha lanciato un forte appello per fermare gli incendi in Amazzonia. Non solo lui: anche il patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo I ha lanciato il suo grido di dolore per la distruzione della foresta pluviale amazzonica. “Piantare più alberi è certamente lodevole” ha commentato il primate, “Ma abbatterne di meno è certamente la risposta più convincente al riscaldamento globale”. Ed ha annunciato una sua enciclica per il 1° settembre. Quella data è stata dichiarata sia dagli ortodossi che dai cattolici giornata di preghiera ecumenica per la conservazione del creato. Anche le conferenze episcopali stanno facendo sentire la propria voce. “Questa distruzione, questa rovina dell’ambiente ci addolora nel più profondo del nostro essere. Questo disastro è nato dall’uomo, quindi un cambiamento di paradigmi nel mondo è urgente. Poiché stiamo vivendo di consumo e di scarto, tutto questo ci ha portato a reificare la terra, ad abusarne, come afferma l’Enciclica Laudato Si.” sta scritto in un comunicato ufficiale della Conferenza Episcopale Messicana, mentre la Conferenza Episcopale Argentina, dal canto suo, lamenta che “Noi abbiamo smesso di custodire la creazione“. La REPAM (Rete Ecclesiale Panamazzonica) è intervenuta con forza con una nota firmata dal cardinale Claudio Hummes in cui si legge che “il cambiamento climatico e l’aumento degli interventi umani (tra cui la deforestazione, incendi e inondazioni, e variazioni sull’uso del suolo) stanno portando l’Amazzonia a un punto di non ritorno. Per questo motivo ci uniamo ai vari pronunciamenti che in linea con il magistero di Papa Francesco fanno appello a tutta l’umanità perché si prenda tutti coscienza delle gtravi minacce di questa situazione e perché ci si impegni nella cura della Casa comune”. L’ex-vescovo dell’Amazzonia Erwin Kräutler ha affermato che “Per gli indios questo territorio è il paese della loro sopravvivenza, dei loro miti, dei loro riti, il paese per la vita”. Per il governo Bolsonaro invece, e per la società capitalista, vedono il territorio sotto l’aspetto “vendi e compra”, spega il prelato, “Si tratta quindi del paese per vivere e del paese come merce”. Anche i gesuiti sono scesi in campo per la difesa dell’Amazzonia con il loro il Magis, il movimento di azione dei gesuiti per lo sviluppo, ed hanno lanciato diverse campagne di sensibilizzazione con l’obiettivo di coinvolgere tutto il mondo. “Lo scopo principale è di far leva sulle nuove generazioni, solo così si potrà salvare l’Amazzonia” ha affermato padre Renato Colizzi, presidente del Magis. Ed ha aggiunto: “Ai giovani va spiegato che ogni stile di vita impatta in modo negativo o positivo su tutto l’ecosistema. A loro va raccontata la pericolosità di alcune lobby come quelle dell’allevamento, della produzione del legname, dell’estrazione mineraria. Insomma, i gesuiti stanno tentando di introdurre un paradigma pedagogico diverso.”
Non tutte le chiese che si dicono cristiane però sono su questa linea: chi è stato in Brasile di persona avrà osservato dei grossi capannoni costruiti all’uscita delle favelas in cui si sono acquartierate delle Chiese Evangeliche o Evangelicali di svariato tipo, ma tutte d’importazione U.S.A. Chi ha avuto il coraggio di entrarvi, come ha fatto il sottoscritto, vi ha osservato gli abitanti delle favelas, tutti di colore, intenti a ballare delle preghiere su ritmi scatenati afroamericani , fino all’estenuazione, come in una discoteca, fin quando non gli sono gli sono arrivati alle costole due buttafuori bianchi vestiti di nero: anch’essi d’importazione U.S.A. probabilmente. Nella periferia di Salvador da Bahia, metropoli con circa 3 milioni di abitanti, c’è una piazza da cui partono le corriere, che viene detta familiarmente “piazza dei due templi”, perché è chiusa da un lato da un maestoso edificio di cemento dalla facciata tetrastila che ospita una di queste centrali evangelicali, e dall’altra un tempio del consumismo, un lussuoso centro commerciale.
Da queste istituzioni ufficialmente religiose è giunto l’appoggio decisivo per l’elezione a presidente del Brasile dell’excellentissimo Jair Messias Bolsonaro. Che ha risposto picche all’offerta dei paesi europei di mezzi per spegnere gi incendi: quel denaro lo usino loro per piantare gli alberi nel proprio paese. Che si è pure dichiarato apertamente a favore della tortura. Giova a questo punto ricordare un bellissimo film del 1986, intitolato “Mission”, con la regia di Roland Joffé e la musica di Ennio Morricone, e protagonisti di classe come Robert De Niro e Jeremy Irons, che interpretano la parte di due missionari gesuiti che penetrano coraggiosamente nella giungla tropicale e si fanno benevolmente accogliere dagli indios Guaranì. Con loro costruiscono delle comunità-modello che verranno alla fine distrutte dai loro stessi connazionali. Oggi le loro rovine su possono visitare nel Paraguay e sono nell’elenco del patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.