Sono molti e anche molti cattolici a credere che i mali del mondo e, attualmente il covid, siano un castigo di Dio oppure l’opera del diavolo. Non è così ci dicono in questo colloquio due padri spirituali, padre Tobia Bassanelli e don Giovanni Ferro. Ci preparano alla Pasqua facendo luce su credenze false e dannose
Don Ferro: Il covid non è un castigo di Dio né l’opera del diavolo. Questo è senz’altro il messaggio di noi sacerdoti fra la nostra gente di emigrazione in Germania, dove purtroppo è troppo diffuso un sospetto, un’ansia, meglio un andar d’accordo con l’idea che la pandemia sia un castigo di Dio. Il mio è un popolo che ha una spiritualità popolare, radicata su ansie e paure che di religioso e di vangelo hanno poco. Questa credenza non era nuova neanche per Gesù, perché se apriamo il Vangelo troviamo che un giorno un paio di apostoli gli chiesero “ma maestro chi è che ha peccato per queste disgrazie che vediamo qui, per questi malati, questi storpi. Ha peccato lui personalmente o ha peccato il suo mondo dietro di lui, i suoi progenitori?”, oggi diremmo la società. Siamo confrontati con questo sospetto, con questa tendenza e con questa diffusa mentalità e anche alcuni predicatori sulle radio diffondono questa idea che il covid sia un grande castigo su questa umanità peccatrice oppure, con sfumature diverse, lasciano credere alla gente di fede, che sia una condanna di Dio.
Padre Bassanelli: Noi come chiesa siamo sicuramente in parte responsabili di questa mentalità diffusa di un Dio giudice che castiga. Anche io sono cresciuto sentendo nelle chiese questa predicazione che risale a una lunga tradizione. Se vediamo anche il Vecchio Testamento poi, è ricorrente questa mentalità di Dio che tutela il suo popolo ed è pregato dal suo popolo perché punisca. Mi dispiace per queste predicazioni che ci sono in alcune radio, fortunatamente prevale sempre di più un annuncio positivo su Dio come padre, che mi ama sempre, su Dio che è sempre presente nelle mie difficoltà. Questa situazione di pandemia ci ricorda la vulnerabilità dell’esistenza terrena non solo come singoli ma come popoli, è la cenere che all’inizio della quaresima ci mettiamo sul capo. Fare memoria dei fatti di Gesù, della sua morte e resurrezione non è solo un ricordare ma è una scuola, Gesù è maestro per affrontare la sofferenza che resta sempre un mistero.
“Ma chi è Dio per te?”
Don Ferro: Di fronte alla credenza di un Dio che punisce, farei un’altra strada, ma chi è Dio per te? Come lo vedi? Senz’altro non ha inventato i telefonini, nella Bibbia poi non si parla di dinosauri, di cui non si sapeva ai tempi in cui fu scritta la Bibbia. Tutte le nostre conoscenze di Dio sono permeate un po’ dalle nostre culture. Quando sono felice perché, per esempio, ho preso la patente, non ringrazio Dio che me l’ha fatta avere, non ringraziamo Dio per le tecnologie che rendono oggi la medicina miracolosa. Comincerei quindi a dire alla gente, perché andiamo a cercare Dio solo quando andiamo a cercare di chi è la colpa, chi ci ha mandato la disgrazia. Chi è Dio per me? È il tappabuchi per le emergenze, il mostro di cui ho paura perché penso che mi sta castigando oppure è il Dio provvidenza che mi butta nel mio paradiso terrestre e mi chiede di vivere e di stare attento con i frutti amari. Dovremmo imparare in questa emergenza, in mezzo a queste paure, a questi sospetti, fra gente che addita Dio come castigatore, a provare a purificare la nostra idea di Dio. E qualcuno, santo o poeta, potrebbe dire, “grazie o Dio che sei venuto a trovarci con la lezione di questa sofferenza collettiva”, noi dovremmo provare ad avvicinarci a questa spiritualità. Quindi non il Dio che castiga ma il Dio che ci vuol bene perché ci porta a conoscere da vicino la sua croce.
Padre Bassanelli: Anche Gesù sulla croce ha sentito la lontananza di Dio, la stessa che sentiamo noi quando soffriamo. La sofferenza resta un mistero. Ma Dio è vita. Gesù si è lamentato sulla croce, ma si è fidato di Dio, si è sentito nelle sue mani.
La questione della sofferenza e del male nel mondo si declina in modo radicale nella domanda posta oltre sessant’anni fa “dov’era Dio ad Auschwitz?”.
Don Ferro: La risposta è Dio era ad Auschwitz, era nel peccato umano che faceva delle mostruosità. “Certo che ero ad Auschwitz”, potrebbe dire Dio, “però sono continuamente nella tua vita quando ti perdono, sei tu che mi metti in croce”. Quindi Dio non è un castigatore, ma un maestro che ci chiede di riflettere, viene a visitarci con una luce non con una tenebra.
Padre Bassanelli: Dio era presente ad Auschwitz, ad Auschwitz mancavamo noi, mancava l’umanità. Dio non è un mago, non agisce senza la nostra collaborazione, è venuto invece per insegnarci, per aiutarci a liberarci dal male. Di fronte a certe sofferenze, a certi crimini nei confronti dei bambini, degli innocenti, sperimentiamo che non è Dio che è assente, ma siamo noi come figli di Dio che siamo assenti. Siamo noi che dobbiamo prestare la nostra vita, la nostra personalità per vincere i mali del mondo, quelli che dipendono dalla mia scelta. Dio non si sostituisce a noi, ci ha dato la libertà, la rispetta, ci rispetta anche quando facciamo del male, quando danneggiamo qualcuno, se lediamo l’onorabilità di una persona. Però Dio mi è vicino, mi fa capire come ogni sbaglio sia già un’autopunizione e mi dà la forza di usare la mia libertà per il bene. Allora sì che possiamo costruire una società vivibile.
“Vivere l’inferno e cantare la Pasqua”
Don Ferro: Vorrei fare un esempio su vivere le croci della vita. Mi occupo molto di cultura musicale e dietro le bellezze musicali vado sempre a vedere da dove vengono e da quali spiriti creatori sono nate. Nella tradizione tedesca fra il sei e il settecento, c’è un certo Heinrich Schütz, un grande musicista, uomo del popolo, che ha creato un musicare e un cantare profondissimo. Lui è vissuto in mezzo ai disastri, c’era la guerra dei Trent’Anni, il conflitto fra protestanti e cattolici, scoppiava la peste. Schütz viveva in una specie di inferno e ha continuato a far cantare, a musicare, a creare cose bellissime per la liturgia. È un messaggio interessante di uomo che ha “die kurve gekriegt” (preso bene la curva) fra il soffrire il Cristo fra noi, perché lui era un uomo di profondissima fede, e il continuare nel messaggio a cantare la Pasqua. E lì non viene mai fuori nei suoi testi il Dio che castiga ma un Dio di risurrezione. Heinrich Schütz illumina il suo orizzonte della musica classica subito dopo il barocco in Europa, in modo splendido. Ha vissuto soprattutto nella cultura protestante però aveva ereditato tutto dalla musicalità cattolica. Questo per dire che Dio trova strade anche nella creatività degli artisti per puntare sulla resurrezione che ci attende e non si occupa di castighi, né di dire “ma che schifo di società”, “ma dove siamo andati a finire”. Questo non ha senso per noi cristiani. Tobia diceva che Dio è scuola e maestro e non un castigatore, ecco siamo tornati al punto di partenza.
Vedere nei mali del mondo l’opera di un dio giudice-castigatore alimenta un atteggiamento di apatia e di rassegnazione perché invece di fare il bene, di accogliere il messaggio di salvifico di amore di Cristo, ci si rifugia nelle proprie paure. Che cosa significa allora riuscire a dire “fratello virus”, citando san Francesco?
Padre Bassanelli: Tutto è fratello, la morte è sorella. Dobbiamo sapere tirar fuori dal virus, dalla morte, dalla croce, la salvezza, quello che c’è di positivo. In tutte le realtà anche le più negative c’è anche l’altra faccia. Come la gestisco, perché vivo in questa situazione? Tutto è scuola. Gesù ci ha insegnato a cavar fuori dalla morte la vita. Non sciupiamo questo periodo. Il papa ci ha ricordato che dalla pandemia si esce solo assieme, se c’è solidarietà, per esempio, nella distribuzione del vaccino nei paesi più poveri. Questa pandemia ha portato dolore e sofferenza ma anche tanta solidarietà.
Don Ferro: Non scappo dal tema, ma dicono quello che stanno dicendo un po’ tutti. Fra un paio d’anni il virus sarà sconfitto, ma fra un paio d’anni sarà ingigantito il problema più grave del degrado dell’equilibrio naturale del pianeta. Lì capiremo tutti che è stata la nostra umanità a rovinare il mondo che Dio ci ha messo nelle mani. Lì non andremo a cercare il castigo di Dio, ma andremo a fare l’esame di coscienza dove si scoprirà che i guai li abbiamo creati noi.