Benvenuto a don Nicola Moles, arrivato da pochi mesi rispettivamente nelle comunità di Villingen-Schwenningen
Nato a Tolve (Potenza) don Nicola Moles è stato parroco di Pietragalla, segretario arcivescovile nel 2007 e direttore della Caritas diocesana. Dal 2016 è stato parroco presso a Pietraportosa (Potenza).
Don Nicola, arrivare in Germania in pandemia non l’ha certo aiutata ad ambientarsi rapidamente. Che difficoltà ha avuto?
Beh, dal mio arrivo in Germania lo scorso novembre ho dovuto, innanzitutto, osservare un periodo di quarantena di circa undici giorni, durante i quali non mi è stato fatto mancare nulla. Ho trovato una casa calda e ben arredata e il frigorifero pieno. Naturalmente, non ho potuto vedere nessuno, in quei giorni, così ho approfittato per pregare e per seguire in TV gli aggiornamenti sulla pandemia.
Come è stato accolto dalla comunità di Villingen-Schwenningen?
L’accoglienza è stata ottima. Ho conosciuto delle persone disponibili e generose che, una volta terminato il periodo di quarantena, ci hanno tenuto ad organizzare in mio onore una piccola festicciola.
Lei sta studiando il tedesco per essere inserito pienamente nella vita della comunità e della parrocchia. Com’è l’impatto con la lingua?
Sin da metà dicembre, sto seguendo un corso online per familiarizzare con il tedesco. Quella germanica è una lingua bella e affascinante. Purtroppo, anche difficile. A livello di grammatica ho riscontrato delle analogie col greco classico che studiai al liceo. Quella tedesca è una società multietnica e multiculturale, ad esempio, ci sono tantissimi turchi dove vivo adesso. Ebbene, il tedesco che viene parlato a Villingen-Schwenningen non è un unico idioma poiché risente delle più svariate inflessioni linguistiche. È come avere a che fare con tanti, differenti dialetti. Per fortuna, il linguaggio del cuore è universale, e fino ad ora sono sempre riuscito a capire e a farmi capire.
Lei è di grande aiuto a Don Mimmo. Come è scandita la sua giornata?
Il lavoro che Don Mimmo ha portato avanti in questi anni è stato egregio. Quando sono arrivato, ho trovato una missione molto ben avviata. Durante la settimana, le mie giornate si assomigliano l’una alle altre. Dedico la maggior parte del mio tempo allo studio della lingua e alla preghiera. Nel fine settimana, invece, mi metto a disposizione della missione. Celebro messa regolarmente, cercando di essere il più comprensibile possibile. Necessariamente, le omelie devono essere semplici poiché la comunità italiana di Villingen-Schwenningen ha perso confidenza, negli anni, con la lingua italiana. Stiamo infatti parlando di persone che si sono trasferite in Germania 30/40 anni fa; e i loro figli, nati nel frattempo, sono tedeschi a tutti gli effetti, e della nostra lingua conoscono poco o nulla. Inoltre nei fine settimana ci sono numerosi incontri di formazione pastorale. Sempre opportuni e proficui, devo dire.
Quali saranno i suoi prossimi impegni?
Per prima cosa, è necessario che quest’incubo finisca. Una volta che saremo usciti dalla morsa della pandemia, provvederemo a dare alla missione un nuovo impulso, soprattutto sotto l’aspetto della formazione. Don Mimmo fa tanto. Le comunità di Villingen-Schwenningen e di Singen, in termini di formazione pastorale, sono ben più avanti rispetto a quelle di altri posti. Stiamo parlando, infatti, di una missione grande ed estesa, che copre un territorio molto vasto. Io spero, in futuro, di poter contribuire a portare una maggiore assistenza spirituale dove c’è più bisogno.
Che differenze ci sono fra la pastorale in una comunità in Italia e una italiana in Germania?
Dal punto di vista dell’approccio, nessuna. Dal punto di vista pratico, notevoli. Una cosa è gestire una piccola parrocchia in un territorio delimitato e circoscritto; altra cosa è gestire una missione che copre, come dicevo prima, uno spazio estremamente ampio, arrivando persino ai confini con la Svizzera. È necessario spostarsi, interagire con un numero di persone maggiore. È una pastorale dinamica, ma sapevo perfettamente a cosa sarei andato incontro e le dico di più: era il tipo di esperienza che desideravo vivere quando sono partito dall’Italia e che desidero vivere adesso. Quando avrò preso dimestichezza con la lingua tedesca, e quando il maledetto covid-19 si sarà fatto da parte, sarò pronto a dare il mio contributo alla causa del Signore.