Intervista a Isabella Vergata, delegata al Synodaler Weg per le Comunità d’altra madrelingua
Isabella Vergata, ricercatrice e dottoranda all’Istituto di italianistica dell’università di Magonza, è delegata nel Synodaler Weg, in rappresentanza delle Comunità d’altra madre lingua. Dal 2019 è rappresentante della Commissione direttiva e del Consiglio dei cattolici d’altra madrelingua della diocesi di Magonza. Isabella Vergata, da sempre attiva nella comunità di Groß-Gerau, dal novembre scorso è presidente del Consiglio pastorale.
Isabella, lei ha anche partecipato alla Conferenza regionale di Francoforte del Synodaler Weg il 4 settembre, il secondo appuntamento dopo l’assemblea plenaria di fine gennaio scorso. Le Regionkonferenzen di Monaco, Düsseldorf, Berlino, Ludwigshafen e Francoforte sono state una scelta per rispettare i lavori del Cammino sinodale evitando in tempi di Corona-virus un’assise troppo grande. Che cosa avete fatto nella Regionkonferenz?
Al centro delle conferenze regionali c’erano i due forum, il forum III Donne nei servizi e nei ministeri della Chiesa e il forum IV Vivere in relazioni di successo – Amore che vive nella sessualità e nella collaborazione. Lo scopo di questa Regionkonferenz non è stato quello di votare per o contro qualcosa, ma lo scambio di idee, dubbi, paure, informazioni sui dossier elaborati dai forum (documenti che si trovano sul sito https://www.synodalerweg.de, n.d.r.). Questi Impulspapiere erano diversi l’uno dall’altro, ma alla fine si è trovato il consenso sul fatto che la chiesa cattolica in Germania deve ravvivare tre obiettivi: la credibilità, la veridicità e la giustizia.
Che clima ha percepito fra i delegati che sono sia laici che religiosi consacrati?
Ho percepito un bel clima, pacifico e conciliante. Mi è piaciuta la grandezza della conferenza, eravamo una cinquantina. Ho avuto la sensazione di aver sentito delle voci e visto delle facce che non avevo visto e sentito durante il primo incontro del Cammino Sinodale a fine gennaio. A tratti però il clima forse è stato fin troppo sereno. Non serve essere silenziosi e tenersi dentro ciò che si pensa, mi sarebbe piaciuto sentire davvero tutte le ragioni e le opinioni. Non serve a nessuno un voto negativo alla fine del Cammino Sinodale, ma dobbiamo trovare un consenso fra tutte le persone presenti, che a loro volta rappresentano la società e la chiesa di oggi: cardinali, vescovi, diaconi, suore, sacerdoti, ma anche gente normale. Con “normale” intendo gente laica, che non ha studiato teologia, che però in un modo o nell’altro è attiva in una comunità o per la chiesa o per i fedeli in generale, quindi mamme e papà di famiglia, persone con orientamento sessuale non eterosessuale, giovani. Tutti vorrebbero credere nella chiesa di oggi ma non si sentono a loro agio in una chiesa che non offre gli stessi diritti alle donne, che vieta l’uso dei preservativi, che pensa che una coppia che convive, viva nel peccato. Sono tutte cose che sono state dette e penso sia giunta davvero l’ora di cambiare alcune cose nella chiesa odierna, per esistere nel futuro.
Come è stata la discussione dei testi di lavoro che avevate a disposizione?
In generale si è detto che per il lavoro futuro i dossier possono essere formulati in modo più coraggioso e concreto, evitando formulazioni ideali e astratte. Un dossier è stato criticato perché troppo lungo, il secondo perché troppo corto e poco teologico. Sono una persona molto sincera e ammetto che ci sono stati momenti in cui non riuscivo più a seguire al 100% ciò che i teologi dicevano, perché parlavano di diverse tipologie di teologia e di interpretazioni del Concilio Vaticano II, a me sconosciute. Per il prossimo incontro infatti cercherò di rimediare, anche se alla fine, secondo me, tanti fedeli credono in Gesù, ma si allontanano dalla chiesa come istituzione, perché non si sentono rappresentati, perché in alcuni ambiti non va a pari passo con il tempo e non è la chiesa di cui la gente oggi ha bisogno. A volte forse ci si perde troppo in profonda teologia e non si vede ciò che si ha davanti: fedeli alla ricerca di una chiesa credibile.
Lei rappresenta le Comunità d‘altra madrelingua, che tipo di interventi ha fatto?
Ho sottolineato il fatto che anche durante il lockdown tantissime comunità di altra madrelingua si sono reinventate proponendo le messe in versione digitale, facendo la spesa per le persone anziane, incontrandosi per pregare in una „stanza digitale” o anche semplicemente chiamandosi al telefono regolarmente per essere vicini. Non è vero che le Comunità di altra madrelingua si isolano, ci sono stati tanti momenti di grande collaborazione. Personalmente con la mia comunità mi sono attivata per una iniziativa in una casa di riposo a Groß-Gerau e ho ricevuto un feedback positivo sia da bambini italiani che da bambini tedeschi: da quelli del corso della Prima Comunione e della scuola Nordschule (Jahnstraße), ma anche da bambini che abitano vicino casa mia. Tutti hanno disegnato e creato dei lavoretti meravigliosi da poter far avere a Pasqua alle persone anziane nella casa di riposo, per non farli sentire soli e per dare speranza. Ricordiamo che non erano permesse le visite e c’erano persone in fin di vita che hanno lasciato questo mondo da soli, senza i loro cari vicini. Non sono forse questi i gesti di amore per il prossimo? Voglio cogliere l’occasione per ringraziare tutti i bambini e i loro genitori, che si sono presi tempo e hanno fatto un gesto così piccolo, ma con grande effetto. Non è forse questa chiesa? Un altro mio intervento era collegato ai dossier. Si parlava del desiderio di rendere possibile la consacrazione di donne e della sessualità con il proprio partner. Ho voluto ricordare che bisogna, in ogni caso, tenere presente anche la cultura delle Comunità di altra madrelingua. E qui non parlo solo di noi italiani, ma della comunità spagnola, portoghese, croata, polacca, ecc. Parlo per tutte le Comunità di altra madrelingua e di tutte le generazioni, dalla prima alla quarta. Ovviamente non è possibile generalizzare, ma in una comunità dove si distingue in modo così estremo una „vera messa” da una „liturgia della parola”, non è possibile pensare di consacrare, dall’oggi al domani una donna, senza incontrare problemi e resistenze. Inoltre, secondo me, non è possibile parlare con troppa semplicità in alcune culture in cui la sessualità è tuttora un tema tabù. Penso che ci vorrà del tempo per far abituare le persone al cambiamento. Non ci sono abbastanza sacerdoti e i prossimi 10 anni saranno decisivi, quindi bisogna cambiare per forza. Voglio sottolineare che il mio compito nel Cammino Sinodale non è quello di realizzare i miei desideri, ma sono lì in rappresentanza di tutte le comunità e per questo motivo, conoscendo varie realtà, mi sono permessa di fare questo intervento.
Fa parte di qualche forum? Perché?
No, non faccio parte di nessun forum, perché non avrei abbastanza tempo da dedicare a questi incontri. È stata una decisione presa dall’inizio, anche se il forum sulle donne mi sarebbe piaciuto davvero tanto. Sono attiva in talmente tanti gruppi di lavoro a livello del Decanato, ma anche a livello diocesano che non mi permetterebbero di collaborare in un ulteriore forum.
Pensa che le Comunità di altra madrelingua siano sufficientemente rappresentate?
Anche su questo sono intervenuta perché siamo in due a rappresentare le Comunità d’altra madrelingua. Non so in quale conferenza regionale è stata presente la seconda persona, ma indipendentemente da questo, trovo che due persone su 230 siano decisamente troppo poche per poter parlare di una Chiesa tedesca. Se parliamo della Chiesa tedesca allora devono essere incluse e rispettate le Comunità di altra madrelingua, anche in relazione al numero di partecipanti, perché tante comunità tedesche oggi già non ci sarebbero più se negli ultimi 50 anni non ci sarebbero stati i fedeli di altra madrelingua a riempire di vita le chiese e comunità. Queste sono affermazioni che mi sono state riportate e confermate durante i momenti di pausa tra un caffè e un biscotto. Secondo me bisognerebbe aggiungere quindi ancora qualche rappresentante delle Comunità d’altra madrelingua, almeno 1-2 persone. Non ho problemi a parlare in plenum, ma qualche volta sarebbe anche più semplice per me avere una persona con cui confrontarmi su alcuni aspetti. La responsabilità è meno pesante se condivisa.