Don Léon Vélez Granada, missionario di Moers, presenta l’idea del concorso: scrivere una canzone o girare un video
Don Léon, colombiano, 25 anni trascorsi in Italia come parroco in diverse diocesi lungo tutto lo Stivale, è stato negli anni ’90 prete operaio in una fabbrica automobilistica vicino a Stoccarda. Da cinque anni è in Germania, attualmente come missionario di Moers, diocesi di Münster. Don Léon ama la lingua e la cultura italiana ed è attento alla cultura giovanile e al loro stile di comunicazione.
Come è nata l’idea di un concorso per giovani?
Ho pensato a tre cose: 1. che i giovani, figli di seconda, terza, quarta generazione perdono il contatto con la realtà italiana, soprattutto con la lingua italiana, 2. che i giovani frequentano sempre meno le nostre comunità. I due aspetti sono connessi, ma questo non significa che non abbiano un cammino spirituale o di fede. 3. i giovani sono abilissimi nell’usare i mezzi digitali e uno smartphone o un iphone permettono di fare una registrazione audio o video. Quindi ho pensato di proporre un concorso creativo in cui usare la lingua italiana, usare i mezzi digitali e che abbia come argomento la fede, la ricerca della fede: creare un video o una canzone, anche solo in formato audio, sulla fede, su come i giovani vivono la fede, sia ora in tempo di pandemia ma non solo. Insomma lasciarli esprimere l’esperienza che vivono.
Deve essere un lavoro creativo fatto da singoli o anche da gruppi?
Il tema è la fede, la propria esperienza della fede. Possono essere opere di singoli o di gruppi, l’importante è la creatività. La mia intenzione è sensibilizzare perché si crei un’opportunità di esprimere la fede, una ricerca spirituale, vissuta personalmente o meno. La lingua tedesca può essere usata, certamente, ma solo un pochino, come aiuto, perché i lavori devono essere principalmente in lingua italiana.
Perché, don Léon, è importante che i giovani coltivino la lingua delle origini?
Non posso pensare che i figli, nipoti o pronipoti di immigrati non parlino l’italiano, sarebbe un fattore culturale molto stretto, riduttivo. Viviamo in un continente dove c’è una varietà di lingue ed è un peccato limitarsi alla sola lingua del paese dove si vive e all’inglese della scuola senza non conoscere l’italiano delle proprie origini. Molti parlicchiano l’italiano, ma la lingua “madre” è il tedesco. Questo concorso vuole essere uno sprone per avvicinarsi all’italiano come riferimento culturale, non si tratta solo di parlare una lingua ma di andare incontro alla cultura italiana, a tutto il suo patrimonio, pensiamo per esempio alla Divina Commedia, quest’anno, nel settimo centenario della morte di Dante Alighieri. Un personaggio così grande insieme agli altri della cultura italiana, Raffaello, Michelangelo, Leonardo, il Rinascimento…
È molto bello che Lei, don Léon, di madrelingua spagnola, si faccia paladino dell’italiano. Che cosa significa conoscere una lingua?
Conoscere la lingua è aprire un orizzonte nella mente, non è soltanto andare al bar in Italia e poter ordinare un cappuccino in italiano o per fare il check in un hotel a Firenze o a Roma. Per questo non mi serve la lingua italiana. La lingua serve per entrare nella profondità della realtà di un paese. Per mia esperienza personale, gli italiani figli di seconda e terza generazione non conoscono l’italiano ed è un peccato se i genitori non si preoccupano di questo.
Il rapporto fra giovani e fede. Viviamo in una società sempre più secolarizzata. Come pensi di attirare i giovani a partecipare al concorso?
Vorrei far capire che la fede non è semplicemente andare alla preghiera. La fede è esprimere una relazione di comunicazione con qualcosa e non ha solo a che fare solo con la messa la domenica. La fede è molto di più, può esprimersi anche come ribellione, così come nei nostri padri, come in Abramo. Allora la fede è un sentimento molto importante che mi mette in comunicazione con Dio. I giovani manifestano un desiderio di spiritualità che non necessariamente si esprime attraverso la frequentazione della chiesa. Spero che partecipino molti giovani per poter conoscere meglio la loro sensibilità e la loro spiritualità.