Fra gli appuntamenti più significativi che la Delegazione propone ogni anno agli italiani è la partecipazione agli Esercizi Spirituali, una proposta destinata a tutti e, in particolare, ai responsabili delle Missioni cattoliche.
Non si tratta semplicemente – anche se fondamentale – di trovare un tempo per la preghiera personale. La caratteristica di queste giornate di spiritualità è il ritrovarsi per riflettere anche sul senso della nostra missione e sulla dimensione spirituale che essa deve avere, prendendo le mossa dall’ascolto orante della Parola di Dio.
Quest’anno gli esercizi si sono tenuti ad Hofheim am Taunus presso i francescani, dal 18 al 22 marzo, con la partecipazione di circa 30 persone.
Il tema era già da tempo annunciato e la scelta è ricaduta sulla famosa parabola evangelica del buon Samaritano riportata dall’evangelista Luca (Lc 10,37): “Va’ e fa lo stesso”. Nel motivare la scelta, p. Tobia Bassanelli e Mons. Luciano Donatelli rispettivamente delegato e vice Delegato nazionale così scrivono: «Perché questo tema? È quello proposto dal Dialogsprozess della Conferenza episcopale tedesca che invita a chiedersi: qual è il contributo della Chiesa per la coesione sociale? In un mondo sempre più segnato da profonde disparità abbiamo bisogno di una radicale riconversione pratica alla Parola di Gesù, una parola a servizio della riconciliazione, del superamento di fratture pericolose»
La settimana si è svolta seguendo il metodo della Lectio divina scandita ogni giorno da tre momenti: ascolto ed esegesi della Parola, interiorizzazione personale nel silenzio e nella preghiera, attualizzazione e condivisione comunitaria nell’oggi della nostra missione pastorale.
Il tema del Buon Samaritano è stato tuttavia declinato tenendo presente anche il cammino ecumenico. Come molti sanno, ogni anno in occasione della Settimana Biblica ecumenica (Ökumenische Bibelwoche) è chiesto alle Chiese di approfondire insieme un libro della Bibbia. Quest’anno la scelta è ricaduta sulla lettera ai Filippesi.
I partecipanti sono stati dunque invitati ad ascoltare Paolo, il suo stato d’animo, la sua fede, il suo particolare rapporto con la comunità di Filippi, cercando di comprendere come i primi cristiani hanno vissuto concretamente la Parabola del farsi prossimo.
Il primo vero cambiamento come Chiese – è stato detto – è rimettere convintamente al centro Gesù, più che le strutture e la burocrazia. Rispetto a Paolo, oggi sembra che abbiamo perso il mordente, perché non mostriamo una Chiesa innamorata di Cristo come lo erano Paolo e la prima comunità cristiana. Rimettere al centro Gesù significa farlo diventare “nostra vita”, rispetto al quale tutto è secondario. Già, perché se vogliamo parlare del farsi prossimo, la vera questione è comprendere che tipo di prossimo siamo, cosa c’è nel nostro cuore, quanto amore e innamoramento di Gesù abbiamo e coltiviamo. E quanto di lui imitiamo.
Spesso ci si domanda verso chi dobbiamo svolgere la nostra prossimità, dove e quando dobbiamo esprimere il nostro farci prossimo. Paolo su questo punto è stato molto chiaro e illuminante. La comunità cristiana, i suoi collaboratori più stretti furono per Paolo il prossimo. La comunità di Filippi interpella fortemente anche oggi le nostre missioni e i nostri legami intra ecclesiali: che tipo di relazioni o non relazioni costruiamo tra di noi, che relazione si intrecciano tra coloro che hanno un compito di responsabilità nella missione: di stima, fiducia, reciproco apprendimento? O si è come dipendenti di un’azienda, senza passione evangelica? Credere con e come Paolo, ammirare il profondo legame intrecciato con i Filippesi ha aiutato molti dei partecipanti a rileggere il proprio legame con Gesù e la missione in cui si è inseriti. Un’occasione formidabile per rinnovare e rendere più efficace, convinto e incisivo il cammino quotidiano del servizio che ci chiede di fermarci sulle strade spesso affrettate che percorriamo ogni giorno.
Gli esercizi, dunque, un’occasione per ritrovarsi in Dio, discernere sul presente e confrontarsi sulle gioie e fatiche che incontriamo quotidianamente. Peccato che per molti è stata un’occasione perduta. Ma l’invito rimane aperto ogni anno, da mettere a calendario come una delle prossime priorità spirituali e pastorali.