Nel vangelo, un noto simbolo usato da Gesù è la porta. Abbiamo tutti l’esperienza della porta chiusa o aperta, stretta o larga: attraverso questi esempi, Gesù tenta di farci capire alcuni messaggi importanti della sua buona novella. È larga e spaziosa la porta che introduce in ambienti molto lontani da Lui e dalla sua proposta di vita, mentre è stretta, forse piccola e angusta, la porta che introduce nel suo regno di pace, di amore, di gioia, di giustizia (cfr. Mt 7,13-14). Ma questa porta è chiusa, viene aperta a chi bussa, Gesù stesso lo assicura: “Bussate e vi sarà aperto” (Lc 11,9c), persino all’amico importuno che chiede il pane di notte, quando “la porta è chiusa” (Lc 11,7).
Gesù ci presenta però anche la possibilità che la porta venga aperta da Lui in un determinato momento, come quello descritto nella parabola delle dieci vergini: cinque di loro sono assenti perché non si erano ben equipaggiate per l’attesa e ”la porta fu chiusa” (Mt 25,10c). A niente è valsa la loro supplica: ”Signore, Signore, aprici!” (Mt 25,11b).
Questi passi del vangelo infondono fiducia e anche vigilanza: possiamo bussare e ci sarà aperto, ma possiamo arrivare in ritardo all’invito di Gesù.
Per aiutarci ulteriormente, Gesù si identifica con la porta: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,1ss). La comunione con Gesù ci salva dai ladri e dai briganti, ci nutre, ci fa vivere uniti al resto del gregge, cioè della comunità, della Chiesa intera.
Nell’Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, la porta siamo noi, quando nella visione del Vivente l’apostolo Giovanni scrive alla Chiesa che è a Laodicèa:
“Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20).
Siamo disponibili ad aprire, se Gesù bussa alla nostra porta? Riusciamo, prima di tutto, a sentire che bussa? O il chiasso e i rumori che invadono anche la nostra vita interiore ci impediscono di sentire il picchio alla porta? O le scelte e gli orientamenti, a vari livelli, della nostra vita ci hanno condotto su altri spazi che, prima o poi, si riveleranno superficiali e infelici?
Se così fosse, è sempre attuale l’invito di san Giovani Paolo II nel discorso iniziale del suo pontificato:
“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Non abbiate paura!”.
È il mio augurio per quest’estate 2020!