Il dr. Michael Becker è teologo e referente diocesano per le comunità di altra madrelingua nell’arcidiocesi di Amburgo. Ha vissuto 15 anni in Brasile fino al 2011 dove ha insegnato teologia all’università cattolica di Fortaleza. Nell’arcidiocesi di Amburgo è direttore del dipartimento Weltkirche. La versione originale in tedesco si può leggere su corrieredtalia.de e su delegazione-mci.de.
La ricchezza delle missioni straniere dell’arcidiocesi esprime la sensibilità di tanta gente che ha sentimenti cristiani?
La diversità delle nostre comunità madrelingua mi ricorda le immagini che il Concilio Vaticano II usava per la Chiesa. Le missioni sono il popolo di Dio tra gli uomini, sono un corpo di molte membra. Per noi qui nell’arcidiocesi di Amburgo, l’unità nella diversità che caratterizza le missioni si esprime con particolare forza. È come la Pentecoste: nella Chiesa tutti i popoli e le lingue si uniscono per la lode di Dio e per la salvezza degli uomini. Tutti hanno pari dignità e mettono a disposizione le loro diverse capacità e culture per il bene di tutti. Le missioni sono tra le comunità più vivaci dell’arcidiocesi di Amburgo e rappresentano quasi il 40% del totale dei cattolici. Abbiamo 27 parrocchie in 23 lingue. È un tesoro unico!
È una ricchezza spesso bisognosa di essere illuminata perché nata da una generosità che non sempre si compone in un’idea corretta di missione. Ritiene opportuno che ci sia una sempre maggiore missionarietà tra le missioni e le parrocchie della diocesi?
È certamente un fatto che parte dell’energia delle comunità dell’arcidiocesi viene utilizzata per risolvere questioni di amministrazione e cambiamenti strutturali. A volte la Chiesa ruota intorno a se stessa invece di irradiare verso l’esterno e dare luce e calore. È sempre utile riflettere sulla nostra autentica missione di cristiani che consiste nel proclamare la fede cristiana della Buona Novella, celebrarla e realizzarla nella carità ovunque sia necessario. Così facendo, tutti possono imparare gli uni dagli altri. Lo spirito missionario nasce quando i cristiani vogliono condividere le loro esperienze di sequela di Cristo perché credono che queste esperienze contengano felicità e salvezza. Ciò richiede coraggio e fiducia nel fatto che Dio è al nostro fianco.
La carità cristiana non ha confini e non può che abbracciare il mondo intero e farsi prossimo anche per chi è lontano. Per Natale che cosa si può fare di concreto?
Possiamo ricordare a noi che il nostro Dio si fa uomo nei poveri, nei piccoli e nei deboli. La stalla di Betlemme ne è un bel segno. L’Avvento è l’arrivo della carità e della solidarietà in mezzo a noi. Nessuno è escluso, tutti sono invitati. Questo messaggio non deve andare perso nel trambusto e nell’affaccendamento dei mercatini di Natale. Concretamente questo potrebbe significare che – a seconda delle nostre possibilità – invitiamo a festeggiare il Natale con noi persone che altrimenti rimarrebbero sole e isolate. Personalmente ritengo inoltre importante che ci interessiamo agli altri e condividiamo la loro gioia e la loro speranza, la loro tristezza e la loro paura, come dice magnificamente il Concilio Vaticano II. Nell’arcidiocesi di Amburgo, ad esempio, abbiamo organizzato una raccolta di pacchi per aiutare le persone che soffrono a causa della guerra in Ucraina. Le offerte sono un segno che Dio, in Gesù, si è fatto umano.
Cosa pensa, come ricorda Benedetto XVI nella seconda parte dell’enciclica Deus Caritas est, dell’urgenza e del bisogno di un impegno unitario di solidarietà universale?
L’affermazione del Papa nell’enciclica significa che l’impegno per la giustizia sociale, la carità e la solidarietà è una conseguenza naturale di un amore ben compreso per Dio. Dio si rivolge con amore agli esseri umani e gli esseri umani rispondono con opere d’amore e di misericordia. La storia della salvezza non può essere separata dalla storia umana. La storia degli esseri umani, ovunque essi vivano, è la trama in cui Dio opera e mostra la sua salvezza per gli esseri umani. Il Regno di Dio si sta costruendo qui e ora, non ancora completamente, ma già riconoscibile ovunque le persone aiutino gli altri e siano una benedizione per loro. In questo senso, l’impegno unitario significa che vengano sviluppate e promosse tutte le dimensioni dell’esistenza umana, quella corporea, quella spirituale e dell’anima. Se una di queste dimensioni viene trascurata, l’intero essere umano ne soffre.
Becker: „Die Missionen sind die lebendigsten
Gemeinschaften in der Erzdiözese“
Die reiche Vielfalt der Missionen anderer Muttersprachen bringt, Ihrer Meinung nach, die christlichen Gefühle vieler Menschen zum Ausdruck?
Für mich erinnert die Vielfalt unserer muttersprachlichen Gemeinden an die Bilder, die das Zweite Vatikanische Konzil für die Kirche benutzt. Die Missionen sind das Volk Gottes unter den Menschen, ein Leib aus vielen Gliedern. Für uns hier im Erzbistum Hamburg bedeutet das, dass die Einheit in Vielfalt, die die Missionen auszeichnet, besonders stark zum Ausdruck kommt. Es ist wie bei Pfingsten: in der Kirche finden alle Völker und Sprachen zusammen zum Lob Gottes und zum Heil der Menschen. Alle haben die gleiche Würde und bringen ihre verschiedenen Fähigkeiten und Kulturen zum Wohl aller ein. Die Missionen gehören zu den lebendigsten Gemeinden des Erzbistums Hamburg und stellen fast 40% der Gesamtzahl der Katholiken dar. Wir haben 27 Gemeinden in 23 Sprachen. Das ist ein einzigartiger Schatz!
Ist dieser Reichtum der Missionen oft aufklärungsbedürftig, weil er aus einer Großzügigkeit erwächst, die sich nicht immer in einer korrekten Vorstellung von Mission zusammensetzt? Sollte es nicht einen größeren missionarischen Geist unter den Missionen und Pfarreien der Diözese geben?
Es ist sicherlich eine Tatsache, dass ein Teil der Energie der Gemeinden des Erzbistums verwendet wird, um Fragen der Administration und der Strukturveränderungen zu klären. Manchmal kreist die Kirche um sich selbst, statt nach außen zu strahlen und Licht und Wärme zu schenken. Es ist immer hilfreich, wenn wir uns darauf besinnen, was wirklich unser Auftrag als Christen ist: dafür zu sorgen, dass der christliche Glaube von der Frohen Botschaft verkündet, gefeiert und in der Nächstenliebe verwirklicht wird, wo immer dies nötig ist. Dabei können alle voneinander lernen. Ein missionarischer Geist entsteht dort, wo Christen ihre Erfahrungen in der Nachfolge Christi teilen möchten, weil sie glauben, dass diese Erfahrungen Glück und Heil beinhalten. Dazu braucht es Mut und Vertrauen, dass Gott an unserer Seite ist.
Die christliche Nächstenliebe kennt keine Grenzen und umarmt die ganze Welt, indem sie zum Nächsten auch derer wird, die weit weg sind. Was können wir in diesem Zusammenhang konkret für Weihnachten tun?
Wir können uns daran erinnern, dass unser Gott Mensch wird in den Armen, Kleinen und Schwachen. Der Stall von Bethlehem ist ein schönes Zeichen dafür. Der Advent ist die Ankunft von Nächstenliebe und Solidarität mitten unter uns. Niemand wird ausgeschlossen, alle sind eingeladen. Diese Botschaft darf nicht im Trubel und der Geschäftigkeit des Weihnachtsmarktes untergehen. Ganz konkret könnte das bedeuten, dass wir -je nach unseren Möglichkeiten- Menschen einladen, das Weihnachtsfest mit uns zu feiern, die sonst einsam und allein bleiben. Darüber hinaus finde ich persönlich wichtig, dass wir uns für die anderen Menschen interessieren, und ihre Freude und Hoffnung, ihre Trauer und ihre Angst teilen, wie das Zweite Vatikanische Konzil so schön sagt. Im Erzbistum Hamburg haben wir als ein Beispiel dafür eine Paketaktion zugunsten von Menschen, die unter dem Krieg in der Ukraine leiden. Die Spenden sind ein Zeichen, dass Gott in Jesus menschlich und human geworden ist.
Benedikt XVI. im zweiten Teil der Enzyklika Deus Caritas est erinnert uns an die Dringlichkeit und Notwendigkeit eines einheitlichen Engagements für die universelle Solidarität? Wie können wir sie umsetzen?
Die Aussage des Papstes in der Enzyklika bedeutet, dass der Einsatz für soziale Gerechtigkeit, Nächstenliebe und Solidarität eine natürliche Konsequenz einer gut verstandenen Liebe zu Gott ist. Gott wendet sich den Menschen liebevoll zu und die Menschen antworten in Werken der Liebe und Barmherzigkeit.
Die Heilsgeschichte kann nicht von der menschlichen Geschichte getrennt werden. Der Schauplatz, auf dem Gott sein Heil für die Menschen wirkt und zeigt, ist die Geschichte der Menschen, wo immer sie leben. Das Reich Gottes ist hier und jetzt im Aufbau, noch nicht ganz, aber schon erkennbar, wo immer Menschen anderen Menschen helfen und ihnen ein Segen sind. Dabei bedeutet das einheitliche Engagement, dass alle Dimensionen der menschlichen Existenz entwickelt und gefördert werden: die leibliche Dimension, die spirituelle und die seelische Dimension. Wenn eine dieser Dimensionen vernachlässigt wird, leidet der ganze Mensch.