Natale 1917: due mesi circa dopo la rotta di Caporetto e l’invasione austro-tedesca fino al Fiume Piave; ormai il fronte si è stabilizzato sul fiume, trincee lungo le sponde, punti fortificati, nidi di mitragliatrice, scambi di artiglieria da lontano ed incursioni aeree per fare ricognizioni ma anche per mitragliare e bombardare.
Però è Natale anche sul fronte, anche per i combattenti. E vale la legge non scritta della “non belligeranza” almeno nel santo giorno. Così è. Infatti il mattino sia in un fronte come nell’altro si celebrano le tradizionali cerimonie religiose, con cappellani militari, ufficiali e truppe schierate, ricordi di altri Natali trascorsi a casa e profumi e buoni odori di un pranzo d’eccezione, nonostante le dure restrizioni della guerra.
Quei temerari sulle macchine volanti
Chi può turbare quei momenti sacrosanti di tregua, se non un pazzo? Purtroppo pazzi ce ne sono e come! Basta conoscere qualche pilota per rendersene subito conto. Giovani che scelgono di mettersi sopra un aereo del tempo con la prospettiva di una durata media di vita di qualche settimana! Destinati a morire più per guasti meccanici che sotto i colpi del nemico!
Appunto. Da una ventina di giorni erano arrivate sul campo di volo di Grossa di Gazzo Padovano due squadriglie di aerei da caccia inglesi e proprio uno di questi piloti, William “Billy” Barker (canadese di 23 anni trasferito ai Royal Flying Corps), con altri due amici in cerca di una ribalta importante, decide di “fare un regalo” agli aviatori austriaci del campo di San Fior, vicino a Conegliano. Ufficialmente senza essere autorizzato dai propri Comandi.
Decollano su tre Camel e giungono sopra il campo nemico proprio verso mezzogiorno, sul bello della festa. E subito picchiate e mitragliate con pallottole incendiarie su hangar, baracche, aerei, trincee: 12 morti, diversi feriti, un aereo distrutto e quattro danneggiati, edifici in fiamme. E per di più la beffa: un cartone con la scritta: “Al Corpo Aereo Austriaco da parte del RFC britannico con gli auguri di un felice Natale”. Per gli incursori solo alcuni fori di proiettili di contraerea sulle carlinghe, che fanno riparare nell’aeroporto di Istrana, dove atterrano sulla via del ritorno.
Sul cielo di Istrana (Treviso) il 26 dicembre 1917
Per gli Austriaci è troppo! L’indomani, giorno di Santo Stefano, qualche nuvola ed un po’ di nebbia, è rappresaglia! Sul campo d’Istrana, affollato da 5 squadriglie da caccia e due da ricognizione, è ripresa la solita routine. Quattro aerei di pattuglia sono in volo sulla rotta di Asiago. Quando tutto ad un tratto si profilano all’orizzonte una formazione di caccia austriaci a quota più alta ed una formazione di bombardieri a quota più bassa.
“Dal megafono della vedetta rimbomba una notizia incredibile: ventitré apparecchi nemici verso il campo! La novità è così straordinaria che nessuno la piglia sul serio”, ricordava Mario Fucini, un pilota italiano della 76ª Squadriglia.
La straordinarietà stava nelle dimensioni di quell’attacco mai visto prima. Abbassati a 100 metri d’altezza, gli incursori cominciano a mitragliare ed a bombardare, mentre si crea un gran trambusto attorno agli aerei italiani, finché Fucini non riesce ad alzarsi seguito da una decina d’altri piloti. Si uniscono anche i 4 aerei inglesi di ritorno dalla pattuglia. Ingaggiano subito battaglia con i bombardieri nemici, combattimenti brevi, convulsi e molto violenti: “L’ira di Dio in terra e in cielo!”, mentre gli Scozzesi, ligi al programma di quel giorno, sfilano imperterriti per le vie di Montebelluna “al suon di marcia delle loro fanfare”. Alla fine i bombardieri austriaci guadagnano quota e si disperdono, inseguiti dai nostri caccia.
Tentano di ritornare in una seconda ondata verso mezzogiorno, ma vengono intercettati dalle pattuglie italiane ed inglesi sopra Montebelluna e riescono soltanto a scaricare le loro bombe sulla cittadina. Il resoconto finale registra ben 11 velivoli tedeschi abbattuti, mentre da parte italiana la perdita è di 4 specialisti della 70ª Squadriglia e di uno specialista inglese del 34° Squadron, con diversi feriti, danni gravi alla baracca dell’alloggio ufficiali, a due hangar, a 4 Hanriot della 70ª e ad altri 4 dell’82ª.
Il Bollettino Ufficiale del giorno, firmato dal Generale Armando Diaz, comunicava: “Nella mattinata 25 apparecchi nemici, favoriti dalla foschia, giunsero sopra un nostro campo di aviazione… Accolti dal fuoco violento della contraerea ed attaccati dagli apparecchi del campo levatisi in caccia, dovettero ripiegare … Otto velivoli avversari, colpiti, precipitavano al suolo. Più tardi, verso le 12.30 una squadriglia nemica di 8 aeroplani ritentò la prova, ma venne affrontata nel cielo di Montebelluna e costretta a ripiegare, perdendo 3 apparecchi…. Tutti i nostri apparecchi hanno fatto ritorno ai propri campi. I danni prodotti dal bombardamento sono stati insignificanti”.
Non si direbbe. Abbastanza evidente la misura della manipolazione della realtà, anche nel comunicato austriaco: ”Il 26 dicembre tutti i velivoli assegnati all’Armata hanno eseguito un’incursione coordinata in pieno giorno nel cuore del territorio, attaccando a bassissima quota il campo di Trevignano (Istrana) e distruggendolo parzialmente”.
Nessun’altra battaglia aerea, nel corso della Grande Guerra, fu paragonabile per mezzi impegnati e per danni provocati alla battaglia di Istrana del giorno di S. Stefano del 26 dicembre 1917. E non fu un episodio studiato a tavolino o dettato da particolari strategie, ma causato dalla “bravata” di William “Billy” Barker, destinato comunque, anche se non certo per questa azione, a diventare uno degli assi dei Royal Flying Corps.