Il Parco Archeologico di Pompei non cessa di offrire nuove sorprendenti scoperte. L’ultima in ordine temporale risale allo scorso 17 agosto: è venuta alla luce, grazie ad una campagna di scavi condotta da esperti dell’Università Europea di Valencia, la tomba di un tale Marcus Venerius Secundio (il nome è riportato su un’epigrafe), uno schiavo liberato, il cui corpo è per secoli rimasto in gran parte mummificato.
La scoperta è importante soprattutto perché attesta l’esistenza di spettacoli in lingua greca nella cittadina che fu sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. La persona sepolta era custode del tempio di Venere, e nell’iscrizione funeraria si vanta di avere organizzato spettacoli in greco e in latino nei teatri della città. È la prima testimonianza certa di esibizioni in lingua greca a Pompei. Sapevamo già che soprattutto i ceti più colti della popolazione studiavano il greco; adesso sappiamo che il greco veniva utilizzato anche come lingua negli spettacoli.
La tomba testimonia inoltre la carriera di successo compiuta da Marcus Venerius Secundio: arrivato a Pompei come schiavo, una volta liberato, aveva raggiunto uno status sociale ed economico elevato, diventando Augustale, ovvero membro del collegio di sacerdoti dediti al culto imperiale. La tomba stessa è la prova dell’agio economico raggiunto da Marcus Verenius, visto che si tratta di un sepolcro prestigioso, costruito subito all’esterno di Porta Sarno, uno dei principali varchi d’accesso alla città.
Un piccolo enigma riguarda il fatto che il defunto si sia fatto inumare, mentre in quell’epoca a Pompei, come in tutto il mondo romano antico, era comune per gli adulti la pratica della cremazione. Probabilmente la scelta contro tendenza era dettata dal suo sentirsi estraneo, in quanto straniero, al corpo sociale della città. Così per lo meno ipotizzano gli studiosi. «Pompei non smette di stupire, si conferma una storia di riscatto e un modello internazionale», ha commentato con viva soddisfazione il ministro della cultura Dario Franceschini ringraziando «le tante professionalità dei beni culturali che con il loro lavoro non smettono di regalare al mondo risultati straordinari che sono motivo di orgoglio per l’Italia».