La nostra Italia è conosciuta per la ricchezza culturale che la caratterizza, questa eredità rappresenta non solo il nostro passato e il presente, ma anche il futuro del Paese; una risorsa da tutelare, valorizzare e che ci rende unici nel panorama internazionale. Il turista, in un solo viaggio, può attraversare i millenni di storia, data l’ampia offerta di patrimonio culturale; ma tutto ciò spesso richiede risorse notevoli per la valorizzazione del patrimonio stesso.
La nostra madre Terra ha ancora tanto da darci e da farci scoprire: abbiamo sotto i piedi millenni di storia e di cultura che potrebbero svelare informazioni e dettagli ancora sconosciuti: reperti, suppellettili, forme primordiali di arte che rappresentano l’evoluzione dell’uomo e forse nozioni fondamentali per il futuro.
Circa 35.000 anni fa, gli artisti preistorici di tutta Europa scoprirono improvvisamente la forma femminile. L’esplosione di voluttuose figurine femminili scolpite in osso, pietra calcarea, avorio e argilla ha ispirato artisti contemporanei come Picasso e Matisse.
E scegliendo tra le varie “Veneri”, quelle di Parabita (Le) sono emblematiche per la loro bellezza, per i tratti eleganti e per il fatto che ne siano state trovate due, insieme, nello stesso luogo. Hanno un’età di 12.000-14.000 anni ed attualmente sono custodite nel Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MarTA).
La Venere più grande misura 9 centimetri d’altezza, mentre la più piccola misura 6,1. In queste due statuette è stata rappresentata l’Eternità: nel ventre della donna prendeva forma il miracolo della vita. Era la custode della stirpe futura, era la donna a conoscere tutti i segreti più nascosti, dalla nascita di un essere umano alla ricerca di cibo. Parabita, paese del Salento che ha nel suo territorio uno scrigno importantissimo ancora da aprire completamente: nella Grotta chiamata “delle Veneri”, una cavità naturale di origine carsica, furono rinvenute le due statuette nel 1966 dal prof. Giuseppe Piscopo; successivamente l’Università di Pisa, con il prof. Cremonesi, condusse una campagna di scavi negli anni ’70, rinvenendo una moltitudine di reperti che furono poi portati a Pisa per essere studiati e catalogati; da allora le ricerche si sono interrotte, anche per mancanza di finanziamenti.
Oggigiorno, grazie alla tenacia del sindaco Stefano Prete, la Grotta delle Veneri di Parabita è ritornata ad essere oggetto di studio della Facoltà di Archeologia dell’Università di Firenze, in collaborazione con l’Università del Salento.
Sindaco come è riuscito a portare all’attenzione di una blasonata Università, la Grotta delle Veneri di Parabita?
Quando sono diventato sindaco, ho saputo che il prof. Martini di Firenze stava conducendo degli studi nella Grotta del Cavallo, a Torre Uluzzu (pressi Porto Selvaggio, nda); lo incontrai, assieme al prof. Fabbri (Università del Salento) e prof. Lo Vetro (Università di Firenze); decisero di venire a Parabita per un primo sopralluogo; constatarono che la grotta era di considerevole rilevanza per gli studi; dopo aver ricevuto le concessioni, l’estate scorsa, il prof. Lo Vetro in collaborazione con l’Università del Salento, ha riaperto il sito, che era rimasto chiuso per tanto tempo; ha individuato tre nuove aree di scavo. Nell’estate 2022 si procederà con le ricerche.
Il Sindaco ci racconta che il complesso sito archeologico, oltre per le Veneri, è oggetto di studio perché sono stati rinvenuti reperti d’arte mobiliare, frammenti di ceramiche, resti di due scheletri di un uomo e una donna di Cromagnon con corredo funerario composto da denti di cervo (sembra che i due corpi fossero uniti quasi in un tenero abbraccio); si studia anche per l’utilizzo di tracce di resine particolari oltre ad una delle prime forme di metallurgia.
“È un sito di notevole interesse storico ed artistico con testimonianze della presenza umana sul territorio, dal paleolitico sino ad arrivare al periodo dei monaci basiliani. Un sito che ci si propone di valorizzare attraverso un progetto che sta prendendo il via sotto la supervisione della competente soprintendenza e delle realtà accademiche sin qui coinvolte”.
“Certamente riaprire la campagna di scavi ci farà capire ciò che la Grotta delle Veneri ha rappresentato nei millenni, le tracce di sé che l’uomo ha lasciato. Proprio attraverso il linguaggio dell’arte l’uomo ha potuto testimoniare la sua presenza in un contesto ambientale durissimo; ma soprattutto ha trasmesso dei messaggi per noi”.
“Aver riportato l’attenzione sulla Grotta delle Veneri è già un inizio; un sito dove l’uomo ha vissuto nei millenni ha un valore inestimabile per la nostra storia e per la nostra cultura. Valorizzare un territorio significa dare valore a tutto ciò che identifica un determinato luogo, aver la possibilità di distinguere e definire una località per i suoi valori, percorsi storici e risorse del territorio stesso” ha concluso il sindaco.