Da noi si tende, soprattutto sul fronte politico, a tener “separate” le due facce di un problema che, invece, hanno aspetti in comune. Meglio, quindi, tentare di chiarire la realtà per non distorcere la storia di questo nostro Paese che si è dimostrato disponibile, da subito, all’accoglienza; ma non a tollerare le “invasioni” selvagge e lo “sfruttamento” delle disgrazie altrui.
La nostra Emigrazione ha iniziato a essere monitorata ufficialmente dal 1900. L’Immigrazione, diretta verso la nostra Penisola e l’Europa, è cominciata, in forma meno sporadica, verso gli anni ottanta. Dal 1992, il Parlamento italiano ha iniziato a legiferare per disciplinare i flussi migratori. L’integrazione sarebbe diventata, poi, una delle opportunità nazionali. Almeno nei suoi aspetti più palesi. Si trattava, però, d’emigrazione non “patologica”.
Il Bel Paese, tuttavia, fa parte di un Sistema che dovrebbe affrontare immigrazione in un’ottica comunitaria. Ovviamente, non solo sotto il profilo di sostegno economico. I provvedimenti non hanno da coinvolgere unicamente gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo. I seguiti umanitari fanno parte della cultura dell’Europa stellata. E’ difficile non essere obiettivi. L’UE, nel suo complesso, dovrebbe farsi carico, nel concreto, dei destini di una fitta Umanità che viene da lontano e tenta di trovare una sorte migliore distante dalle guerre e dalle dittature. L’importante è non dimenticare le nostre radici storiche e sociali in nome di una pluralità che, restando solo di facciata, potrebbe arrecare più danni che vantaggi.
L’Italia, come da sempre, non mancherà di fare la sua parte. Gli altri Stati membri dell’Unione forniranno le loro. Anche perché non saranno i muri, reali o ideologici, a frenare il flusso di un’Umanità dolente e disperata. Oggi, fare il punto della situazione resta l’unico sistema per evitare che gli eventi cambino in modo meno adeguato.