“Le notizie su una possibile vendita dell’edificio che ospita l’Istituto Italiano di cultura di Monaco di Baviera sono infondate. Non vi è alcuna istruzione della Farnesina in tal senso, tanto più che la manifestazione di interesse ad acquistare l’immobile dell’Istituto, esternata da parte di un soggetto privato locale, non è stata presa in considerazione”. È quanto dichiarato dal Sottosegretario agli esteri Enzo Amendola, intervenuto ieri pomeriggio in Commissione Affari Esteri alla Camera, per rispondere alla interrogazione di Laura Garavini (Pd), sul futuro dell’Istituto Italiano di Cultura di Monaco.
Soddisfatta la parlamentare eletta in Europa e residente in Germania: “fa piacere – commenta infatti Garavini – trovare conferma nelle dichiarazioni del Sottosegretario Amendola di quanto da me recentemente sostenuto nel corso di una iniziativa pubblica, ospite del Pd di Monaco, sul fatto che il locale Istituto Italiano di Cultura non è oggetto di possibili prossime dismissioni. È sì vero che con le leggi di stabilità 2016 e 2017 si è previsto che il Ministero agli Esteri debba versare alle casse pubbliche diversi milioni di euro, derivanti dalla vendita di immobili demaniali dello Stato siti all’estero. Ma si tratta di edifici non più funzionali, cioè non in uso, oppure non idonei ad ospitare i servizi offerti”.
“Una situazione – annota – assolutamente diversa dall’Istituto Italiano di Cultura di Monaco, che presenta invece locali prestigiosi, ben collegati, centrali e funzionali sia ai corsi di italiano che alle numerose iniziative culturali offerte. I nostri Governi, Renzi e Gentiloni, sono impegnati a riaprire sedi diplomatiche e Istituti Italiani di Cultura, non a chiuderne. Se si prevedono alienazioni è solo per dismettere edifici vuoti oppure per dotarsi di locali più moderni, più idonei o più fruibili per i cittadini. Nella fattispecie, a Monaco, potrebbe eventualmente ipotizzarsi la vendita futura della sede del Consolato Generale, ma solo nel caso in cui la nuova soluzione comportasse vantaggi non solo allo Stato, in termini di convenienza economica, ma anche ai cittadini, in termini di miglioramento dei servizi”.
“Uno Stato insomma amico, buon padre di famiglia, che – conclude Garavini – si premura di risparmiare ma al contempo di migliorare la vita dei propri cittadini”.