Illustrissimo Signor Presidente della Repubblica, Onorevole Sergio Mattarella,
in qualità di componente del Comitato di Presidenza del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, ma soprattutto come cittadino italiano che vive oramai da decenni all’estero, in Germania, dove esercito la professione di medico, mi permetto di rivolgermi a Lei con una lettera “aperta” giacché contiene un appello e una preghiera che riguarda gli italiani all’estero nel loro insieme.
Con rispettosa attenzione, speranza e gratitudine abbiamo visto e ascoltato, il Suo atteso e gradito messaggio di fine anno.
Sono giunte direttamente al nostro cuore le Sue parole rivolte alla pace come bene universale e garante della Democrazia.
Abbiamo compreso il suo appello alla convivenza civile rivolto alle generazioni future.
Abbiamo apprezzato le accorate parole contro la violenza verso le donne ed il Suo plauso verso tutti coloro che sono civilmente impegnati con i Suoi ringraziamenti verso chi, in divisa o in borghese, serve lo Stato oltre i confini dell’Italia.
Ebbene, illustrissimo Presidente, oltre i confini dell’Italia vivono attualmente anche circa sette milioni di cittadini italiani. Sette milioni di connazionali donne, bambini, uomini, giovani e anziani, i quali oltre confine hanno cercato e trovato opportunità che, spesso, l’Italia non ha potuto -e talvolta non ha saputo- dare.
Invano abbiamo atteso il Suo saluto in questo discorso di fine anno e ne siamo rimasti delusi.
Alla delusione si è aggiunta la preoccupazione e purtroppo anche una conferma.
La preoccupazione è quella della dimenticanza dopo che la parola “emigrazione” è già sparita dal linguaggio quotidiano nel nostro Paese, mentre il numero dei cittadini italiani che lascia il nostro Paese per necessità materiale, o alla ricerca di opportunità in Italia negate, è in costante aumento.
La conferma, purtroppo triste, riguarda la disattenzione, la superficialità e la sufficienza con le quali le questioni degli italiani all’estero sono accolte dall’Amministrazione nazionale.
L’ultimo esempio riguarda una semplice richiesta da parte del CGIE sui contributi stanziati all’estero per l’insegnamento della lingua e della cultura italiana assegnati agli Enti gestori, rimasta inevasa da parte del responsabile addetto ai lavori presso il MAECI Min. Plen. Alessandro De Pedys, il quale solo dopo vari solleciti ha incaricato un suo collaboratore a fornire una risposta che è stata scialba, non dettagliata, sommaria e colma di distacco.
Preoccupante è anche lo stato della rete consolare che è stata brutalmente assottigliata e che ora non è in grado di fornire agli italiani all’estero servizi adeguati e in tempi ragionevoli.
Questo è il riassunto della nostra preoccupazione: se il Capo dello Stato, il nostro Presidente a Natale non rivolge parte della sua attenzione verso di noi, italiani all’estero, perché per il resto dell’anno tutti gli addetti dello Stato preposti ai servizi e all’accoglimento delle nostre esigenze di italiani all’estero, dovrebbero avere attenzione verso di noi?
Eppure, se si considera che senza l’emigrazione di massa degli anni Cinquanta e Sessanta, quel nuovo Stato appena nato correva il pericolo di collasso, oggi quello stesso Stato, e chi lo rappresenta con indiscusso onore, dovrebbe dire a quell’Emigrazione almeno grazie.
Siete figli dell’Italia e l’Italia non se lo scorda.
Con indefessa stima e infinito rispetto,
Tommaso Conte.