Quasi 40mila medici hanno lasciato l’Italia in cerca di migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti
Negli ultimi cinque anni, l’Italia ha visto emigrare quasi 40.000 medici, alla ricerca di condizioni di lavoro migliori e retribuzioni più elevate. Questa fuga di professionisti ha aggravato la crisi del Servizio sanitario nazionale (SSN). Per far fronte a questa emergenza, il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha proposto una soluzione innovativa: un maxi sconto fiscale per incentivare il rientro dei medici emigrati.
L’idea, già collaudata per il rientro di docenti e ricercatori, prevede una riduzione fino al 90% delle tasse sui redditi per i medici che decidono di tornare in Italia. Questo sconto fiscale sarebbe applicabile nel periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza e per i cinque anni successivi.
Le retribuzioni significativamente più alte all’estero sono una delle principali motivazioni che spingono i medici italiani a emigrare. Un recente censimento della Fnomceo (Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) ha rilevato che tra il 2019 e il 2023, circa 39.000 medici hanno lasciato l’Italia, con 11.000 di questi solo tra il 2022 e il 2023. Le retribuzioni medie in Europa sono molto più alte: i medici possono guadagnare fino a 205.000 euro in più all’anno in Lussemburgo, 110.000 euro in Islanda e nei Paesi Bassi, e 100.000 euro in Danimarca, Irlanda e Germania.
Il sistema sanitario italiano sta affrontando numerosi problemi: lunghe liste d’attesa, carenza di medici e posti letto, concorsi deserti e specializzazioni senza iscritti. La situazione è aggravata dall’età media elevata dei medici: il 56% ha più di 55 anni, e entro il 2025, 29.000 medici e 21.000 infermieri andranno in pensione. Inoltre, tra il 2019 e il 2022, circa 11.000 medici ospedalieri hanno lasciato il settore pubblico.
Negli ultimi dieci anni, il numero di ospedali in Italia è diminuito del 9%, passando da 1.091 a 996, con una riduzione significativa per quelli pubblici. Anche il numero di posti letto è diminuito, con 32.508 tagliati negli ultimi due anni. Attualmente, mancano almeno 100.000 posti letto di degenza ordinaria e 12.000 di terapia intensiva negli ospedali italiani.
Gli investimenti in sanità pubblica sono in calo. Nonostante un aumento nominale del Fondo sanitario nazionale nel 2024, rispetto al PIL, il finanziamento è diminuito. Dal 2012 al 2021, l’incremento del finanziamento pubblico alla sanità in Italia è stato solo del 6,4%, rispetto al 33% della Germania, al 24,7% della Francia e al 21,2% della Spagna. Le risorse destinate alla sanità sono state erose dall’inflazione e utilizzate principalmente per aumenti contrattuali minimi del personale, insufficienti a fermare l’esodo dei medici. Il divario tra le regioni italiane è evidente: 12 su 21 non garantiscono i livelli essenziali di assistenza (LEA). L’introduzione dei nuovi parametri LEA è stata rinviata al 2025 per mancanza di risorse e secondo alcuni esperti, l’autonomia differenziata potrebbe aggravare ulteriormente le disuguaglianze regionali.
Secondo gli esperti negli ultimi anni l’Italia ha fatto tagli irresponsabili alla sanità. Il finanziamento del Fondo sanitario nazionale per il 2024 è previsto al 6,4% del PIL, con ulteriori riduzioni previste fino al 2027. Questo scenario preoccupa gli esperti, che temono per la stabilità del SSN.