Il 44% di chi emigra ha meno di 34 anni e la maggioranza degli italiani che emigrano oggi sceglie l’Europa. Un’emorragia anche interna visto che i residenti sono diminuiti, in un anno, dello 0,2%. È il dato che fornisce il XVIII° Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes. Oggi, mentre la migrazione straniera si è “praticamente” fermata, l’Italia continua a crescere fuori dal Bel Paese.
In Italia risiedono poco più di 5milioni di stranieri, l’8,5% della popolazione mentre all’estero vivono circa 6milioni di italiani – 5.933.418, il 10,1 della popolazione – secondo i dati dell’organismo pastorale della Cei presentato a Roma alla presenza, fra gli altri, del card. Matteo Zuppi, presidente della Cei e del presidente dell’Istat Francesco M. Chelli. Mentre l’Italia continua a perdere residenti (in un anno -132.405 persone), l’Italia fuori dell’Italia continua a crescere anche se in maniera meno sostenuta rispetto agli anni precedenti. Da gennaio a dicembre scorso sono partiti per solo espatrio circa 82 mila italiani.
Il 46,5% dei quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero è di origine meridionale (il 15,9% delle sole Isole), il 37,8% del Settentrione (il 19,1% del Nord Ovest) e il 15,8% del Centro. La Sicilia è la regione d’origine della comunità più numerosa (oltre 815 mila). Seguono – restando al di sopra delle 500 mila unità – la Lombardia (quasi 611 mila), la Campania (548 mila), il Veneto (526 mila) e il Lazio (quasi 502 mila). Il 48,2% dei 6 milioni di italiani all’estero è donna (oltre 2,8 milioni). Oggi le comunità maggiormente numerose si trovano in Argentina (oltre 921 mila iscritti, il 15,5% del totale), in Germania (oltre 822 mila, il 13,9%), in Svizzera (oltre 639 mila, il 10,8%). Seguono Brasile, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Nello scorso anno gli italiani e le italiane sono partiti per 177 nazioni da tutte le 107 province italiane: Milano, Torino, Napoli, Roma sono, nell’ordine, i primi quattro contesti provinciali; seguono Treviso, Brescia, Bergamo e Vicenza.
La mobilità – spiegano i ricercatori della Fondazione Migrantes – non è più sfuggire da situazioni di fragilità economica e occupazionale. La mobilità è desiderio di rivalsa e crescita. Questo bisogno lo si trova tanto nelle aree metropolitane medio-grandi quanto nelle città medio-piccole. Essa accompagna chi vive nelle aree depresse e chi risiede in zone ricche del nostro Paese, quei territori apparentemente privi di problemi ma che, nell’epoca della mobilità e della fluidità dell’identità, diventano per alcuni troppo stretti al punto da spingere a cercare, comunque, spazi vitali più ampi. Anche nel nostro Paese si registra una migrazione interna.
Lo scorso anno i movimenti migratori interni (1 milione 484 mila) sono risultati in crescita: +4% rispetto al 2021 e +10% rispetto al 2020. Ancora una volta a farne le spese è il Meridione d’Italia.
Le regioni del Nord risultano quelle più attrattive, soprattutto Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, ma la mobilità italiana è, nel suo insieme, qualcosa di molto complesso. Essa, infatti, riguarda sia i movimenti che avvengono all’interno del Paese tra regioni diverse, specialmente dal Sud verso il Nord, sia gli spostamenti dalle aree urbane alle zone periferiche per vivere o per lavorare. Occorre, inoltre, considerare anche le forme di pendolarismo intraregionale o tra regioni diverse e gli spostamenti oltreconfine.
Il Focus dell’edizione 2023 del rapporto è dedicata quest’anno ai ritorni. Durante il decennio 2012-2021, il numero dei rimpatri dall’estero dei cittadini italiani è più che raddoppiato passando dai 29 mila nel 2012 ai circa 75 mila nel 2021 (+154%). Una tendenza che, dopo una sostanziale stabilità nei primi quattro anni del decennio, appare in continuo aumento. Tuttavia, il volume dei connazionali che rientrano in patria – spiega la Fondazione Migrantes – non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all’anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole.