Appuntamento con Marco Guzzi
In questa intervista ci soffermeremo a parlare degli effetti concreti della frammentazione interiore di cui già negli scorsi numeri abbiamo accennato. Le conseguenze di una seria mancanza di senso che orienti la nostra vita e il vuoto di pensiero in cui siamo immersi si riflettono poi in una profonda incapacità per l’essere umano di comprendere ciò che realmente desidera e di orientare così la sua vita. I frutti che ne ricaviamo sono sotto gli occhi di tutti: la frammentazione della famiglia forse è l’esempio più lampante ma in generale questa frammentazione riguarda tutti gli ambiti sociali e riproduce fedelmente la scissione interiore che ci abita e di cui purtroppo nella maggioranza dei casi non siamo nemmeno consapevoli. Marco quali sono secondo te gli esiti di questa situazione?
L’ultimo rapporto del Censis ci dice che oltre il 70 % degli italiani ha sofferto nell’ultimo anno di esaurimento esistenziale. Un esaurimento che non ha una motivazione oggettiva concreta ma è proprio uno stato esistenziale generale di stanchezza. Un importante sociologo tedesco come Rosa parla del “Sé esausto”. L’essere, la persona contemporanea è esausta, non ce la fa più. Vive quasi costantemente una percezione soggettiva di esaurimento che è determinato da tanti fattori, alcuni dei quali sono quelli ai quali hai accennato. C’è in realtà un’enorme richiesta sociale. Questa società che consente in fondo (a parole) di fare a tutti quello che vogliono è in realtà molto esigente. Richiede moltissimo alla persona! Richiede ad esempio una forte presenza sociale, come ad esempio sui social media. Una soggettività attiva straordinaria che mai nessuna generazione ha dovuto avere. Ogni persona è un autore che scrive su facebook, è un regista che pubblica i propri video su youtube, un autore aforistico che scrive i suoi tweet tre o quattro volte al giorno, come nemmeno paradossalmente La Rochefoucauld o Pascal. Deve essere prestante, deve essere capace di protagonismo. È una società che chiede moltissimo all’uomo e da pochissimo. È una grande drammatica mascherata in cui viene chiesto ciò che non è possibile dare e viene dato ciò che in realtà non serve. Ciò di conseguenza produce un circolo vizioso poiché come dicevi tu il Sé esausto è sempre meno in grado di scegliere, è sempre meno in grado di decidere, è debole. E allora siccome deve fingersi forte cerca di barcamenarsi come può finendo poi per stare sempre peggio. Questa è la situazione. Noi abbiamo creato Darsi Pace anche per raccogliere questi Sé esausti affinché possano trovare almeno un luogo in cui tutto ciò viene detto, spiegato e accolto. E viene in parte anche curato, ovvero gli si danno degli strumenti per tamponare questa emorragia della mente, del cuore e del corpo, che porta poi alla distruzione.
Infatti Marco una cosa che si apprende in Darsi Pace è proprio l’ascolto della nostra interiorità, un ascolto che nessuno ci insegna, per cui noi alla fine tendiamo ad incanalarci nei desideri degli altri e nei desideri che ci propongono.
Ed infatti questa civiltà si trova in uno stadio terminale. Non ha proprio nessun interesse affinché le persone si ascoltino perché nel momento in cui qualcuno si mette in ascolto scopre ciò che ci stiamo dicendo e tenterà poi di uscire dal meccanismo massacrante su cui si basa questa civiltà. Quindi anche qui è un circolo vizioso. Gli organi di informazione, le case editrici, i grandi giornali non hanno nessun interesse ad educare le persone a star meglio.
Quindi potremmo dire in un certo senso che la frammentazione è indotta? Cioè c’è un interesse nel condurre le persone a questo stato per mantenerle poi in una condizione di schiavitù?
La frammentazione è da una parte un effetto collaterale di alcuni processi della modernità. A partire dalla rivoluzione industriale e quindi dalla divisione sempre più radicale del lavoro, la cui insostenibilità necessita urgentemente un processo di revisione. Quindi è un momento direi fondamentale. Le persone una per una stanno arrivando attraverso il dolore di questo esaurimento alla convinzione che bisogna cercare altro. Anche il movimento ecologico non mette in primo piano questa problematica. Parla sempre come se fosse solo la realtà oggettiva ad essere in crisi.
Abbiamo infatti un tipo di mente ancora abituato a proiettare il problema all’esterno. E’ questo il punto?
Esatto e non capisce che è lo stesso. Questa cultura verde vive anch’essa una crisi di impotenza e sono trent’anni che non riesce a trasformarsi in un movimento politico travolgente. Questo perché non riesce a coniugare la consapevolezza della crisi ecologica e sistemica con la crisi esistenziale personale. Non riesce a farne un linguaggio comune. In fondo ciò è uno dei contributi che Darsi Pace vuole dare anche al movimento ecologico-spirituale. L’ecologia vera se va fino in fondo non può non occuparsi di un’ecologia dell’umano. L’uomo ha bisogno non solo di una terra e di un’acqua non avvelenate ma anche di un pensiero che non lo avveleni! Non capire questo e non farne discorso è la debolezza di queste culture, la loro incapacità di diventare quella rivoluzione nuova, antropologica, democratica, non violenta ma radicale che noi vogliamo contribuire a scatenare perché non abbiamo alternative. Liberazione interiore e trasformazione nel mondo oggi non sono più disgiungibili e la loro separazione è una causa della terminalità in cui ci troviamo.Per chi volesse approfondire in lingua tedesca: www.darsipace.org facebook: Sich Frieden Schenken, Instagram: Frieden Schenken. Le pagine in italiano: www.darsipace.it, facebook: darsi pace, facebook: Marco Guzzi. I lettori possono scrivere al seguente indirizzo: kontakt@darsipace.org