Con questo “articolo” mi rivolgo direttamente ai lettori e alle lettrici del Corriere d’Italia. Colgo l’occasione, ovviamente unica (e ultima), per dirvi che la rubrica legale, nonostante questo sia l’ultimo numero del Corriere d’Italia in versione cartacea, non finirà qui. Anzi. La “mia” rubrica, che in realtà è la vostra, prenderà una “nuova” forma, vale a dire quella digitale. Una forma diversa ma con lo stesso contenuto – che poi, diciamolo, è l’unica cosa che conta.
Il mio vuole essere un ringraziamento, ma anche un appello. Ormai collaboro con il Corriere dal 2007, sono passati 17 anni. Ho consegnato ogni mese, quasi senza eccezioni, un articolo. E se ho contato bene, credo di aver scritto oltre 170 articoli per questa testata. Articoli nei quali ho sempre cercato di informare la collettività italiana sullo spazio normativo, sulla legge tedesca e su alcune sentenze importanti che riguardano la nostra quotidianità. Ma non solo: i miei temi sono stati anche più variegati. Ho spesso parlato di mafia in Germania, ho ancor più spesso avvertito la comunità italiana di quanto sia importante prendere sul serio la coscienza di essere cittadini, soprattutto in un paese come la Germania che vede un lento ma sicuro risveglio del rigurgito nazionalista.
Ecco: proprio pochi giorni fa una parte del parlamento tedesco – il Bundestag – ha presentato una mozione per ottenere il divieto del partito di estrema destra AfD. Una mozione sacrosanta, ma che probabilmente non avrà il successo che in realtà ogni persona con un retroscena migratorio, se non addirittura straniera, dovrebbe augurarsi. Ebbene sì. Augurarsi. Il pericolo più grosso che corre l’Europa di questi tempi non sono sicuramente gli stranieri e l’immigrazione, anche se certi politici – anche in Italia – vogliono proprio farci credere questo. Se qualcosa non va bene, la colpa è sempre degli stranieri, praticamente degli ultimi arrivati. Sarebbe come dare la colpa all’ultimo arrivato in una festa di compleanno perché si è finita la birra. Assurdo ma vero. Proprio tre giorni fa il quotidiano Bild ha pubblicato un articolo nel quale si affermava che un terzo dei richiedenti del reddito di cittadinanza in Germania sono stranieri. I commenti contenevano una valanga di insulti proprio contro gli stranieri. Quello che la Bild non spiega, purtroppo, è che due terzi dei lavoratori sottopagati (in ted.: Niedriglöhner), vale a dire di persone che lavorano percependo il salario minimo, sono stranieri. Chi pulisce le stazioni, i treni? Chi lavora in gastronomia o nei cantieri? Chi fa quei lavori che i tedeschi ormai non vogliono svolgere? Indovinate? Eppure il coro rimane lo stesso. Gli stranieri rubano il lavoro e sfruttano il sistema sociale. Una contraddizione in termini.
Il mio appello ha due intenti: uno è quello di continuare a seguire la mia rubrica anche in formato digitale. Chi magari vuole leggere gli articoli in cartaceo può farlo comprando magari una copia del mio libro “I Vostri diritti in Germania” (tredition, 2022), ormai in seconda edizione, acquistabile anche tramite Amazon. Ma l’altro intento del mio appello ha una dimensione politica: se ormai vivete da almeno cinque anni in Germania e parlate già abbastanza bene il tedesco da poter comunicare con i concittadini, valutate la possibilità di naturalizzarvi, vale a dire di prendere la cittadinanza tedesca. È un passo importante. È l’unico modo per far valere la propria voce politica. Purtroppo, constato spesso che gli italiani stentano in questo, ahimè, quasi ripugnano l’idea di “diventare anche tedeschi”. Eppure, sarebbe un passo fondamentale: dare un peso alla propria opinione votando farebbe sì che i partiti che vedono nel multiculturalismo e nel pluralismo un pericolo (se non qualcosa di ancor più grave) non possano dettare legge in questo paese. Sono oltre 7 milioni i cittadini che avrebbero il diritto di naturalizzazione in questo momento: praticamente si tratta di un partito della portata dei Verdi. Da solo otterrebbe circa il 10 per cento dei consensi. Non poco. Perché lasciare alle Destre lo spazio di fare politica a nostro discapito? Perché non reagire, o meglio: agire?
C’è tra l’altro un altro vantaggio che comporterebbe la naturalizzazione. Quello di non essere più dipendenti dall’amministrazione consolare. Purtroppo, i Consolati fanno fatica a gestire i numerosissimi concittadini, una fatica che deriva dalla mancanza di personale. Ecco: se magari vi serve un argomento valido per convincervi, pensate alla imminente scadenza del vostro passaporto. Volete veramente perdere una giornata di tempo? Volete realmente attendere fino a sei mesi fino ad avere un appuntamento? No? Beh, allora la soluzione è dietro alla porta.
Ringrazio tutti voi che siete stati (e lo continuerete ad essere) una vera e propria motivazione per la stesura degli articoli che la redazione del Corriere ha pubblicato ogni mese puntualmente. E ringrazio ovviamente l’intera redazione, in specie Licia Linardi, che mi ha sempre sostenuto in questo progetto, dandomi lo spazio richiesto per questa rubrica.
A presto, sul digitale!