Ripubblichiamo l’articolo che segue per gentile concessione della redazione di Donne, Chiesa, Mondo, https://www.osservatoreromano.va/it/donne-chiesa-mondo.html mensile de L’Osservatore Romano.
I giovani italiani e la soppressione emotiva.
Innamorarmi non voglio
I giovani italiani e la soppressione emotiva
„L’amore è un rischio perché rompe i nostri equilibri, diventa un’altra cosa di cui preoccuparsi oltre al lavoro, alla famiglia, alle spese“, ci spiega Claudio. «Innamorarmi non voglio, perché smetterei di crescere, finirebbero le mie esperienze sociali e professionali», dice Serena nel corso delle interviste che, come ricercatori sul tema delle relazioni affettive, da anni facciamo a giovani italiani tra i 18 e i 30 anni.
L’immaginario della relazione affettiva che emerge cambia di segno rispetto a qualche decennio fa: una relazione affettiva stabile non è più considerata come un fattore della realizzazione di sé, ma al contrario come un ostacolo a una realizzazione di sé concepita, da molti giovani, come accumulo di esperienze sociali, professionali, sessuali. Non più fattore di protezione, la relazione affettiva stabile è, al contrario, vissuta come un rischio ulteriore in vite già segante da una profonda insicurezza sul futuro e sul proprio valore, quali quelle di tanti adulti giovani.
Si tratta di un cambiamento epocale, sostenuto dai media che prescrivono regole per non fare una relazione, per non entrare in intimità con potenziali partner. Ecco che sui magazine leggiamo suggerimenti che spaziano dal parlare solo di cose superficiali al non trascorrere molto tempo insieme, così come i best-seller internazionali di selfhelp, rivolti principalmente alle donne, insegnano che siamo esseri completi che devono realizzarsi prima di entrare in relazione con qualcuno, altrimenti, accecati dal bisogno, si intavolano relazioni rovinose, che ci faranno soffrire troppo. La cultura della non relazione, del non esporsi all’altro, è una cultura della “soppressione emotiva” in cui sono censurate intimità, vulnerabilità, desiderio profondo anche nei legami affettivi. I giovani si sentono costretti ad essere sempre all’altezza, a non mostrarsi mai deboli o bisognosi, anche nella relazione con un partner, che viene spesso considerata come l’ennesimo spazio di performance. La sincerità emotiva, il rischio di un’esposizione autentica, sono percepiti come pericolosi fallimenti comunicativi, anche a livello sistemico. E’ anche per questo che la relazione diventa un contratto sempre più fragile, costantemente esposto al rischio della rottura se una delle parti non soddisfa le aspettative implicite, «liquida» avrebbe detto il sociologo polacco Zygmunt Bauman. La soppressione emotiva nelle relazioni intime rappresenta una delle più insidiose modalità attraverso cui la società contemporanea plasma l’individuo.
Una relazione affettiva stabile è considerata come un ostacolo a una realizzazione di sé concepita, da molti ragazzi, come accumulo di esperienze sociali, professionali, sessuali
L’ideale dell’amore romantico è stato gradualmente sostituito da una concezione manageriale della relazione: l’emozione autentica cede il passo alla sua gestione strategica, dopo un’attenta valutazione se valga la pena o meno investire tempo in qualcuno. Qualcuno che deve «aggiungerci valore», come si dice. L’amore come progetto gestionale perde il potenziale trasformativo. Non si è più disposti a lasciare che l’altro ci tocchi nel profondo, perché questo significherebbe abbandonare il controllo, accettare l’imprevisto, deragliare o derogare dalla realizzazione di sé. La soppressione emotiva diventa così il prezzo da pagare per la sopravvivenza relazionale nell’epoca della prestazione. Quando l’amore diventa un «investimento» troppo rischioso, il fallimento affettivo è vissuto come una bancarotta personale e viene rimandato in cerca di (r)assicurazioni. E così, nell’epoca della connessione permanente, la soppressione emotiva non è più un’eccezione, ma una norma interiorizzata che regola la vita affettiva, disinnescando il potenziale esplosivo e imprevedibile dell’amore. Scongiurare l’innamoramento, quello che il sociologo italiano Francesco Alberoni ha descritto bene nei termini dello stato nascente trasformativo, sia della persona che sociale, è per molti il nuovo imperativo. Cui prodest? Tra i tanti fattori in gioco, gli studiosi sono quasi unanimi nel riconoscere alle trasformazioni più recenti del capitalismo una parte di responsabilità, e di vantaggi, dalla cultura della soppressione emotiva: dal mercato dei social, delle app di incontri e della seduzione, alle più banali considerazioni per cui i single consumano più delle coppie e un lavoratore single è più adattabile, rispetto a chi è in coppia o chi ha una famiglia, alle richieste della produzione, ad esempio di spostamenti geografici o di orari flessibili. Se consideriamo che, in un’epoca dominata dalla prestazione e dalla competizione, la cultura della performance impone una regia continua delle emozioni, si comprende il grido, che potrebbe sembrare paradossale visto quanto detto sin qui, di tanti giovani che, in genere verso la fine dell’intervista, ci dicono: «In amore, alla fine, vorrei solo qualcuno con cui essere me stesso!».
Laura Gherardi è docente di Filosofia sociale, sociologia critica e opinione pubblica presso l’Università di Parma.
Gianluca Maestri è docente di Sociologia dell’infanzia presso l’Università di Parma.