I vaccini sono preparati biologici costituiti da microrganismi uccisi o attenuati, oppure da alcuni loro antigeni, o da sostanze prodotte dai microorganismi e rese sicure oppure, ancora, da proteine ottenute con tecniche di ingegneria genetica. Generalmente i vaccini contengono anche acqua sterile (o una soluzione fisiologica a base salina) e alcuni possono contenere, in piccole quantità, anche un adiuvante per migliorare la risposta del sistema immunitario, un conservante (o talvolta un antibiotico) per prevenire la contaminazione del vaccino da parte di batteri, qualche stabilizzante per mantenere inalterate le proprietà del vaccino durante lo stoccaggio.
Quanti tipi di vaccino esistono ?
Esistono vaccini vivi attenuati che sono prodotti a partire da agenti infettivi resi non patogeni (come per morbillo, parotite, rosolia, febbre gialla varicella, e tubercolosi).
Vaccini inattivati (come per l’epatite A, la poliomielite), che sono prodotti utilizzando virus o batteri uccisi tramite esposizione al calore oppure con sostanze chimiche.
Vaccini ad antigeni purificati (come per la pertosse acellulare, l’antimeningococco e l’antinfluenzale a sub-unità), prodotti attraverso raffinate tecniche di purificazione delle componenti batteriche o virali. Vaccini ad anatossine (come per tetano e difterite), prodotti utilizzando molecole provenienti dall’agente infettivo, non in grado di provocare la malattia ma sufficienti ad attivare le difese immunitarie dell’organismo. Vaccini proteici ricombinanti (come per epatite B e meningococco B) cioè prodotti mediante la tecnologia del DNA ricombinante che prevede l’inserimento di materiale genetico codificante l’antigene (una proteina o parte di essa) in microrganismi che produrranno l’antigene; quest’ultimo verrà poi raccolto e purificato.
Come funzionano i vaccini ?
Una volta inoculati nell’organismo mediante puntura, i vaccini simulano il primo contatto con l’agente infettivo evocando una risposta immunologica simile a quella causata dall’infezione naturale, senza però causare la malattia e le sue complicanze (immunità umorale e cellulare). Il principio alla base di questo meccanismo è la memoria immunologica ossia la capacità da parte del sistema immunitario di ricordare quali microrganismi estranei hanno attaccato il nostro organismo in passato e di rispondere celermente. Senza le vaccinazioni, il nostro corpo può impiegare anche due settimane di tempo per produrre una quantità di anticorpi sufficiente a contrastare l’invasore. Per alcuni vaccini è necessario effettuare somministrazioni ripetute (richiami), più volte a distanza di tempo.
Quando il vaccino viene somministrato ad esposizione avvenuta prende il nome di “profilassi postesposizione”. Un esempio è la vaccinazione contro la rabbia effettuata a soggetti che siano stati morsi o siano entrati in contatto con un animale rabbico. Il virus influenzale merita una menzione a parte perché il virus cambia ogni anno e quindi la composizione del vaccino antinfluenzale viene decisa, su indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in base ai ceppi che si prevede circoleranno maggiormente durante il periodo invernale. Molti di voi avranno quotidianamente sentito parlare sulla gara delle case farmaceutiche a piazzare sul mercato i propri vaccini millantando efficacia superiore ai concorrenti, modalità di conservazione diverse, successive e periodiche somministrazioni (richiami) ma, quali sono, come agiscono, quali sicurezze danno?
Sputnik V: 91,6% di efficacia
Secondo uno studio pubblicato dalla considerevole rivista Lancet, il vaccino russo Sputnik V ha un’efficacia del 91,6% contro i casi sintomatici di covid: è quanto emerge dall’analisi preliminare dei test di fase 3 del preparato. I dati si basano su un campione di circa 20.000 persone, soprattutto adulti bianchi, tre quarti dei quali hanno ricevuto il vaccino (un quarto ha avuto il placebo). Il trial ha incluso circa 2.150 partecipanti con più di 60 anni, con risultati di pari efficacia (91,8% contro le forme sintomatiche). Il vaccino russo Sputnik V può essere conservato in frigorifero a temperature standard fino ad un paio di mesi e prevede un richiamo a 21 giorni di distanza. Il trial non aveva come scopo lo studio della protezione offerta già dopo la prima dose, ma le analisi compiute tra 15esimo e 21esimo giorno hanno evidenziato un’efficacia contro i casi da moderato a grave del 73,6%. In futuro si studierà la possibilità di testare il singolo dosaggio. Lo Sputnik V è un vaccino che sfrutta adenovirus modificati, ma diversamente da quello di AstraZeneca, ne usa di due tipi diversi, per produrre una risposta immunitaria più potente e – forse – prolungata. Tuttavia, la durata della copertura non è ancora nota. Il vaccino è sicuro, con la maggior parte degli effetti avversi riportati di carattere lieve che vanno dal dolore nel sito dell’iniezione, alla debolezza, malesseri tipici di una comune influenza.
J&J: un altro promettente vaccino anti-covid
Pochi giorni fa è emersa la notizia sull’efficacia di un altro candidato vaccino anti-covid, quello sviluppato da Johnson & Johnson, una mega multinazionale che ha avuto un’eco inferiore rispetto ad altre, ma è molto positiva. Dai trial di fase 3 condotti su 43.783 persone è evidente che il vaccino ha un’efficacia globale del 66% nel prevenire le forme da moderate a gravi di CoViD-19 (solo del 57% contro la variante sudafricana). Il 66% ai non addetti ai lavori potrebbe apparire una percentuale bassa rispetto alle tanto decantate concorreziali ma, rispetto alla protezione offerta dai vaccini a mRNA, non è per niente bassa. Non tutti sanno che i vaccini antinfluenzali hanno un’efficacia tra il 40% e il 60% e prevengono gran parte dei casi gravi, e prima che arrivassimo a un vaccino anti-covid si puntava a un’efficacia tra il 60% e il 70%. Il vaccino di Johnson & Johnson utilizza un adenovirus modificato (un virus del raffreddore reso incapace di infettare) per introdurre la proteina Spike nell’organismo e indurre una risposta immunitaria. Il maggior vantaggio, è rappresentato dal fato che sia monodose, che lo rende molto interessante ed abbassa sicuramente i costi in termini di spesa e distribuzione generale. Inoltre, dopo 28 giorni dall’iniezione ha un’efficacia globale dell’85% nel prevenire i casi gravi e la morte, copertura che si estende fino a diventare totale a 49 giorni dal vaccino, e contro tutte le varianti.
Vaccino di Oxford/AstraZeneca
Pochi giorni fa l’EMA (European Medicines Agency) ha espresso parere favorevole all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata per il vaccino anti-covid sviluppato dall’Università di Oxford e AstraZeneca, allargando la possibilità generale di proteggerci contro il coronavirus. Il vaccino di Oxford che si basa su un adenovirus depotenziato è raccomandato per tutte le persone di età superiore ai 18 anni, anche se già guarite da covid, e anche per gli over 65. Tuttavia, l’EMA ha specificato che i dati relativi alla sperimentazione interessa prevalentemente la fascia di età compresa tra i 18 e 55 anni, maggiori informazioni sull’efficacia negli anziani arriveranno da studi in corso. Nel gruppo di anziani esaminati si è osservata una forte attivazione immunitaria con un range di sicurezza notevole privo di effetti collaterali di rilievo. Gli esperti ritengono dunque che possa essere usato senza problemi anche in questo gruppo, tra l’altro il più esposto a conseguenze gravi di questa infezione così aggressiva. Il vaccino ha dimostrato una riduzione del 59,5% delle forme sintomatiche di covid nei pazienti seguiti nei trial clinici: l’EMA ha considerato “validi” ai fini dell’approvazione due trial su quattro, quelli condotti in Brasile e Regno Unito. Gli altri due studi hanno registrato meno di 6 casi di covid ciascuno, non abbastanza per valutare l’efficacia preventiva del vaccino.
ReiThera, il vaccino italiano
ReiThera sfrutta un adenovirus depotenziato per consegnare all’organismo il codice genetico della proteina spike, e si conserva a temperatura di frigorifero. Il vaccino anti-covid italiano GRAd-CoV2, prodotto dall’Istituto Spallanzani con l’azienda di biotecnologie ReiThera, ha dato risultati incoraggianti nella fase 1 delle sperimentazioni, appena conclusa. In questa prima parte del trial farmacologico, che serviva a testare la sicurezza e la risposta anticorpale, sono state vaccinate con dosi diverse 45 persone dai 18 ai 55 anni, su 100 arruolate. Dopo 28 giorni il 94% dei soggetti vaccinati con una sola dose ha prodotto anticorpi, e oltre il 90% ha prodotto anticorpi con potere neutralizzante contro il SARS-CoV-2: sono risultati simili a quelli preliminari dei vaccini di Pfizer e di Moderna. Non ci sono stati eventi avversi, a parte un po’ di infiammazione nel sito dell’iniezione e, in qualche caso, mal di testa o poche linee di febbre. Le prossime fasi del trial, che richiederanno almeno 6 mesi, ne testeranno l’efficacia su larga scala.
Efficacia del vaccino
Il vaccino di Moderna è altamente efficace, un’analisi sui dati di oltre 30.000 partecipanti al trial di fase 3, pubblicata sul New England Journal of Medicine mette in evidenza che Il vaccino mRNA-1273 di Moderna protegge dalle infezioni sintomatiche di covid. Solo 11 persone nel gruppo dei vaccinati hanno sviluppato forme sintomatiche di covid, contro 185 nel gruppo di controllo: il vaccino ha dunque un’efficacia del 94,1% nel prevenire la malattia da coronavirus SARS-CoV-2 e un’efficacia del 100% contro la malattia in forma grave. Casi di covid in forma grave sono stati osservati infatti soltanto nel gruppo dei placebo. Le stesse percentuali di efficacia sono emerse negli over 65. Il Vaccino di Oxford-AstraZeneca è un vaccino tradizionale, più economico e facile da conservare dei vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna, ed è considerato molto importante perché estenderebbe di molto la platea dei vaccinati: l’Unione Europea ne ha ordinate 400 milioni di dosi, più di ogni altro siero.
Il vaccino di Pfizer con il quale l’Europa ha dato il via alla sua campagna vaccinale, il 27 dicembre, ma anche il vaccino di Moderna e quello di AstraZeneca, hanno tutte le carte in regola per funzionare anche contro le nuove varianti di SARS-CoV-2 di recente diffusione. Lo hanno affermato le case produttrici e – per il vaccino di Pfizer-BioNTech – anche l’EMA, l’Autorità europea per i medicinali. Le premesse scientifiche per coprire anche dalle nuove mutazioni della spike ci sono tutte, anche se l’efficacia di questi vaccini sulle nuove forme di coronavirus sarà più chiara dopo i test che si stanno effettuando in questi giorni
Da Novavax un altro candidato vaccino
Al via negli USA i trial di fase 3 del candidato vaccino anti-covid dell’azienda di biotecnologie Novavax: il siero introduce nell’organismo copie della proteina spike del coronavirus ottenute in laboratorio, insieme a una molecola di origine naturale per un effetto immunostimolante. I primi test di misurazione della risposta anticorpale hanno dato risultati incoraggianti, mentre studi sulle scimmie suggeriscono la possibilità del vaccino di bloccare anche la moltiplicazione del virus nelle vie nasali e con essa il contagio asintomatico.
Ed in Germania cosa succede ?
La Germania sta valutando la possibilità di allentare il confinamento da coronavirus dato il calo del numero di casi e la minore pressione sugli ospedali. Ma tutto dipenderà dal tasso di vaccinazione e dal grado di circolazione delle nuove varianti di virus. Queste tendenze sono state confermate dalla cancelliera Angela Merkel. La previsione del governo tedesco, dopo il vertice con le case farmaceutiche dei vaccini anti-Covid, è che entro la fine del terzo trimestre si potrà vaccinare tutta la popolazione anche se ha sottolineato che potrebbero esserci però anche degli imprevisti rispetto alla previsione dell’immunizzazione entro settembre.
Sconfiggeremo il Coronavirus?
La notizia che esistano vaccini più o meno prestanti è sicuramente una buona notizia. Ma occorre molta cautela; infatti non sappiamo ancora quanto potrebbe durare l’immunizazione di questi vaccini e poi perché molto spesso i vaccini hanno una efficacia minore sulla comunità rispetto alle sperimentazioni. Occorre aspettare quindi e verificare come si comporteranno nei mesi successivi. Quelli di Pfizer-BioNTech e di Moderna – vale la pena ricordarlo – sono i primi vaccini a mRNA ed esistono da pochi mesi: troppo pochi per poter stimare con accuratezza la loro efficacia.