L’ estate 2018 ha reso rovente anche la Germania quest’anno con temperature mai viste prima che hanno messo in seria difficoltà un po’ tutti. In questo scenario inimmaginabile emergono spesso comportamenti fai da te dettati da una disperazione di fondo per l’inaspettato clima che spinge spesso ad errori facilmente evitabili. Ecco quindi la necessità di offrire a voi cari lettori una serie di consigli che aiuteranno ad evitare ai vostri piccoli spiacevoli sorprese.
Mai fare il bagno dopo mangiato: è un mito da sfatare o è una giusta precauzione?
Le madri di tutto il mondo obbligano i propri figli ad attendere che la digestione sia terminata prima di consentire loro di farsi un bel bagno al mare, piscina o lago che sia. La cosa curiosa è che questa attesa tende a variare nelle varie culture: si va, infatti, dalle nostre 2 ore, ai perentori 30 minuti degli anglosassoni, alle 3 ore dei cubani. Invece, come è ovvio, la digestione è uguale a tutte le latitudini. Viene comunque da pensare che se una abitudine è così diffusa e radicata, nonostante la variabilità nelle tempistiche, una base concreta debba pur esservi. Analizzando invece la letteratura internazionale non vi è supporto scientifico a questa tesi, né linee guida ufficiali che impongano un tempo definito tra pasto e abluzione.
Una delle ragioni riferite dalla “vox populi” a giustificazione del ritardare il bagno dopo il pasto, farebbe riferimento al dirottamento dell’afflusso sanguigno verso l’intestino in digestione, a discapito del muscolo impegnato nel nuoto, con conseguente affaticamento e crampi. Di fatto il nostro apparato cardiovascolare è perfettamente in grado di fare fronte alle due necessità contemporaneamente. È evidente che poi a fare la differenza è il tipo di attività fisica che ci disponiamo ad attuare. In tal senso, direi che subito dopo un pasto abbondante non è il caso per un bimbo di 10 anni di fare una gara con il fratellino a chi arriva prima alla boa, ma giocare sulla battigia e nuotare un po’ non ha realmente controindicazioni.
Il secondo motivo è quello della cosiddetta congestione, ovvero un blocco intestinale legato al cambiamento improvviso di temperatura entrando in acqua, che può abbinarsi o meno al riflesso vagale causato dallo shock termico che porta fino alla perdita di coscienza. Anche in questo caso, non dipende tanta dalla distanza è tanto dal pasto, quanto il tipo di pasto consumato, la temperatura dell’acqua rispetto a quella esterna e la rapidità d’immersione che contano. A questo scopo, probabilmente, l’indicazione più giusta è di non fare pasti troppo ricchi in grassi e proteine che necessitano una digestione lunga e laboriosa, ma scegliere di mangiare carboidrati, come un gustoso, genuino piatto di pasta con i pomodori.
Secondo una indagine dell’Istituto superiore di sanità, la maggior parte dei decessi per annegamento ha luogo per imperizia, condizioni balneari sfavorevoli (come forti correnti e mare mosso), consumo di alcolici (se parliamo di giovani adulti) e mancato controllo da parte di genitori (per quanto riguarda i bambini, in particolare sotto i 5 anni), mentre il malessere è associato ad annegamento, quasi unicamente, nella classe over-50.
In sintesi, per ridurre al minimo il rischio di incidenti al mare o in piscina è fondamentale:
• far bagnare i piccoli gradualmente, in particolare modo nel caso di acqua fredda
• non perdere mai di vista i bambini quando sono in acqua, specialmente se non hanno ancora una buona acquaticità e sono sotto i 5 anni
• monitorare le correnti e la profondità dell’acqua
• offrire, prima del bagno, pasti leggeri prevalentemente a base di carboidrati.
Ma quando è meglio andare in spiaggia e fino a che ora è bene rimanere? Una volta arrivati quale dev’essere il primo accorgimento?
“Quanto più piccolo è il bambino, prima si dovrebbe andare in spiaggia in modo da evitare le ore più calde. La prima cosa da fare? Aprire l’ombrellone! Contro gli effetti nocivi dei raggi solari vanno comunque meglio un cappellino e una maglietta bianca, magari da bagnare di tanto in tanto, piuttosto che quelle creme con protezione +50, che sono appropriate soltanto per chi ha la pelle davvero chiara. In estate i bambini devono infatti abbronzarsi, perché solo così possono fare il pieno per l’inverno di vitamina D, che serve a calcificare le ossa ed è coinvolta in moltissimi processi metabolici.
Alcuni bambini hanno diffidenza verso il mare. Come fargliela superare?
“Come sempre: con l’esempio. Non vanno però forzati: i bambini sono molto sensibili agli sbalzi di temperatura e quindi bisogna farli acclimatare piano piano, per esempio facendoli giocare a riva con la palla”.
Può capitare che i bambini in estate si prendano la febbre, magari per un colpo d’aria o di calore. Come va trattata?
“Non bisogna coprirli come in inverno, perché altrimenti la febbre non va via. Il bambino con la febbre è come il caffè nella caffettiera: in inverno il caffè si raffredda in 10 minuti, in estate resta caldo per mezz’ora; allo stesso modo, più è alta la temperatura esterna e meno facilmente si abbassa la febbre. I bambini vanno quindi tenuti in un ambiente fresco – certo, non bisogna sparagli addosso il ventilatore o l’aria condizionata, magari mettendogli i piedini in una bacinella con acqua fredda o bagnandogli la fronte”.
Come regolarsi con i più piccini?
“In questo caso la protezione diventa più importante e verso le 12-12.30 – e comunque quando il bambino dà segni di insofferenza – è bene tornare a casa o mettersi all’ombra in una zona ventilata. La testa del bambino va tenuta sempre bagnata. Nelle ore più calde consiglio poi di togliere il pannolino, che potrebbe causare infezioni alla pelle, e di usare mutandine o teli di spugna. Se la mamma allatta deve portarsi tanta acqua in modo da recuperare i liquidi, anche perché con il caldo il bambino tenderà a poppare di più”.
Come evitare infezioni sulla spiaggia?
Una delle infezioni più comuni che affliggono i nostri piccoli nel periodo estivo è l’impetigine, un infezione acuta generata da batteri, che colpisce la pelle nei suoi strati più superficiali, generalmente del viso e degli arti. Quando compaiano anche le bolle si parla di impetigine bollosa.
Compaiono inizialmente vesciche ripiene di liquido chiaro principalmente su viso, braccia e gambe; le vesciche successivamente si rompono e si forma una crosta gialla o bruno giallastra che si stacca facilmente. La pelle adiacente alla crosta può arrossarsi particolarmente e provocare forte prurito. L’impetigine può a questo punto estendersi su altre zone del corpo. Spesso prende il via da eczemi, micosi, punture di insetti, pediculosi, herpes.
Il contagio avviene per contatto con le lesioni di un malato di impetigine o con le sue secrezioni nasali, mentre non sono contagiosi su cute integra eventuali batteri presenti nell’aria. È bene prestare attenzione anche a biancheria, asciugamani, vestiti, … per il rischio di contagio indiretto.
Quali i pericoli più comuni ?
Se non adeguatamente curata l’impetigine potrebbe provocare infezioni più pericolose e profonde (come la cellulite) oppure a carico degli organi interni (rene su tutti), mentre le porzioni di pelle colpite dall’infezione potrebbero rimanere più chiare e presentare eventuali cicatrici.
In genere, se adeguatamente curata e trattata, la prognosi è comunque ottima. Nessuna cura va iniziata su un bambino senza un consulto del pediatra.
In genere la prescrizione prevede antibiotici in forma topica, ossia in crema, come per esempio la mupirocina che e uno degli antibiotici di elezione per il trattamento dell’impetigine.
Più recente è l’introduzione di una nuova formulazione a base di retapamulina, che promette una guarigione nel giro di 5 giorni con due applicazioni giornaliere.
In rari casi è necessario il ricorso ad una terapia sistemica, ossia attraverso antibiotici per bocca o attraverso iniezioni. Di norma l’applicazione dell’unguento antibiotico ha maggiore efficacia se applicato come segue:
1. Impregnare una garza sterile con soluzione disinfettante (da sostituire con soluzione fisiologica se l’area da trattare è attorno agli occhi, narici o labbra) e fare un impacco sulle croste fino a favorirne il distacco.
2. Rimuovere in questo modo tutte le croste ed applicare abbondante crema, anche nelle zone limitrofe.
3. Ripetere l’applicazione 2 o 3 volte al giorno secondo il parere medico e coprire la zona trattata con un idoneo cerotto.
In caso di comparsa di febbre è necessario rivolgersi immediatamente al medico curante. Grattarsi un’area infetta e poi toccare la pelle sana è un sicuro veicolo d’infezione, è quindi fondamentale lavarsi accuratamente le mani dopo il trattamento ed eventualmente istruire il bambino a non grattarsi nonostante l’eventuale prurito. Può inoltre essere utile tenere unghie molto corte, cambiare spesso vestiti e biancheria, lavare periodicamente le mani con sapone.
Tutti gli oggetti venuti a contatto con la persona infetta devono essere accuratamente lavati e non devono venire a contatto, per quanto possibile, con i restanti membri della famiglia. Più in generale una cattiva igiene può favorire l’instaurarsi dell’infezione, quindi un approccio corretto all’igiene personale rappresenta un’ottima arma di difesa nei confronti della malattia.
L’estate, il mare, il sole, per quanto piacevoli, nascondono insidie, pertanto bisogna essere pronti a reagire per evitare gli effetti deleteri che potrebbero comportare. Pronti per partire dunque, magari con qualche accorgimento in più e buone vacanze ancora.