Da una cellula forse riusciremo a creare nuova vita. Questo il sogno di molti ricercatori e la speranza della specie umana. È da molti anni che si sente dei poteri delle cellule staminali e delle sue molteplici applicazioni ma cosa è stato fatto? Quanto è vero quello che si sente? Certo dopo il caso Stamina che ha illuso decine e decine di famiglie molti sono diventati scettici ed hanno preso le distanze da questo delicato tema. Con lentezza, però e lontano dal clamore, la ricerca sulle cellule staminali sta portando le sue promesse di cura un po’ più vicino ai pazienti. Alcune malattie del sangue e degli occhi già contano i primi successi.
Ma cosa sono le cellule staminali?
Le cellule staminali sono cellule immature non specializzate, in grado di dare origine a cellule mature di uno o più tessuti diversi. A seconda dello stadio di sviluppo e della potenzialità differenziativa si distinguono in cellule staminali embrionali e adulte:
Le cellule staminali embrionali fisiologicamente sono rappresentate dall’ovocellula fecondata e dalle cellule derivate da questa per successive duplicazioni, nei primi giorni della vita embrionale. Col susseguirsi delle duplicazioni le c.s. vanno incontro ad una progressiva riduzione della potenzialità differenziativa e si distinguono in:
– totipotenti, in grado cioè di produrre qualsiasi tipo di cellula matura e ditessuto;
– pluripotenti, capaci di produrre molti tipi diversi di cellule mature e di tessuti, ma non tutti. Danno origine alle c.s. adulte.
Le cellule staminali adulte possono essere: – multipotenti, la loro capacità differenziativa è ulteriormente diminuita e danno origine alle diverse cellule mature di uno specifico tessuto (per es. le c.s. emopoietiche che producono i globuli rossi, bianchi e piastrine), o di diversi tessuti (per es. le c.s. mesenchimali); – unipotenti, possono dar luogo solo ad uno specifico tipo di cellula matura, es.: c.s. del limbo corneale.
Se pensiamo di classificare le cellule staminali relativamente alle fonti di raccolta esse possono essere distinte in: embrionali, ottenute da una cellula uovo fecondata in vitro, oppure possono essere prodotte da una cellulauovo non fecondata privata del suo nucleo, che viene sostituito con quello di una cellula somatica adulta. Questo porta alla produzione di cellule staminali che hanno lo stesso patrimonio genetico del donatore/paziente, che potrebbero essere trapiantate senza rischio di rigetto. Ci sono poi le fetali che possono essere ricavate da aborti naturali. Sono cellule staminali presenti nel feto, a partire dunque dall’ottava settimana dopo la fecondazione. Le cellule prelevate dal sangue cordonale e placentare subito dopo il parto. Queste si conservano in banche anche per decenni a disposizione dei pazienti ematologici che necessitano del trapianto di C.S.E.
Le cellule prelevate da adulto sono del tipo multi, oligo e unipotenti, tessuto specifiche. Provvedono alla sostituzione continua delle cellule di tutti i tessuti dell’organismo, al mantenimento dei tessuti e alla loro riparazione dopo un danno. Fino ad oggi sono state utilizzate quasi esclusivamente le cellule staminali emopoietiche ottenute dal midollo osseo o dal sangue periferico, per scopo di trapianto.
Le cellule staminali non sono terminalmente differenziate. Possono dividersi illimitatamente. E sono in grado di generare cellule figlie che possono decidere di rimanere staminali o di differenziarsi; infatti quando una cellula staminale si divide, la marcatura con BrdU nel suo DNA si trasmette alla cellula figlia che rimarrà staminale.
Non si conoscono ancora i meccanismi, ma potrebbe essere un altro modo per ridurre i rischi di mutazioni al DNA. Quando le cellule staminali si dividono generano cellule che si amplificano in transito, cioè che transitano dal carattere staminale a quello differenziato e che amplificano il numero della progenie.
Il meccanismo delle cellule che si amplificano in transito è una strategia per il controllo della crescita. Alcuni segnali identificano alcune cellule come fondatrici di popolazioni di cellule diverse. Esse possono dividersi un numero limitato di volte per delimitare la dimensione di un organo ma tuttavia permettere di rigenerarlo.
Quali applicazioni allo stato attuale sono possibili in medicina? Qual’è lo stato dell’arte ?
Molti ricercatori nel mondo sono impegnati a fronteggiare la malattia del secolo che miete milioni di vittime l’anno „i tumori“. Tanto si è fatto e molto ancora si farà e alcuni studi sono nella direzione giusta. Secondo la ricerca italiana “Visto che le tumorali sono cellule indifferenziate, in ciò simili alle staminali, ma volte all’opposto di esse a una replicazione indefinitamente fuor di regola, innaturale”, “somministrando i fattori di differenziazione si riportano le cellule alla normale fisiologia”. La difficoltà principale sta nell’individuare lo stadio in cui la maturazione delle cellule tumorali si è bloccata, somministrando poi i fattori di differenziazione delle staminali corrispondenti a quello stadio.”
Le possibili applicazioni delle staminali ad oggi con un discreto successo riguardano due gruppi importanti:
Disturbi oncologici e malattie proliferative: leucemie, linfoma di Hodgkin, linfoma non-Hodgkin, neuroblastoma
Disturbi ematologici e correlati: anemia aplastica, aplasia eritrocitaria, anemia refrattaria, anemie falciformi.
Quale in valore delle staminali nei trapianti?
Dal midollo osseo e dal sangue le staminali possono essere selezionate ed estratte. Successivamente le cellule selezionate possono essere trasfuse direttamente ai pazienti per rigenerare ad esempio il midollo osseo, oppure, stimolate a trasformarsi in cellule mature appartenenti a un particolare organo o tessuto.
Quando le cellule staminali reinfuse sono quelle del paziente stesso, il trapianto si definisce autologo. Quando le cellule staminali provengono da un donatore, il trapianto si definisce allogenico.
Nelle leucemie mieloidi acute sono candidati al trapianto di cellule staminali solo i pazienti in prima remissione completa con disponibilità di un donatore familiare HLA identico.
Nelle leucemie linfoide acute il trapianto allogenico in prima remissione completa è indicato in pazienti giovani che abbiano un donatore correlato e che abbiano delle caratteristiche ad alto rischio.
Nella leucemia mieloide cronica, un tempo, se il paziente era di giovane età con disponibilità di un donatore familiare compatibile, si procedeva al trapianto di cellule staminali allogenico in una fase precoce, la cosiddetta fase cronica, nella quasi totalità dei casi. Attualmente, essendo disponibili nuovi farmaci che mantengono stabile la patologia per lungo tempo, consentendo di ottenere RC a lungo termine, il trapianto di cellule staminali allogenico nella leucemia mieloide cronica viene riservato solo a pazienti selezionati che presentano fattori di rischio elevato per alcune caratteristiche biologiche della loro malattia. I tumori maligni che colpiscono il sistema linfatico si suddividono convenzionalmente in due grandi categorie: il linfoma di Hodgkin (in passato detto anche morbo di Hodgkin), i linfomi non Hodgkin a loro volta suddivisibili in diversi sottotipi.
Nel linfoma di Hodgkin in caso di malattia progressiva si può ricorrere a trattamenti chemioterapici più aggressivi seguiti dal trapianto di cellule staminali emopoietiche autologhe (cioè provenienti dallo stesso paziente) o allogeniche (cioè provenienti da un donatore consanguineo o non consanguineo).
Nel linfoma non Hodgkin se il paziente affetto e´giovane e dispone di un fratello o di una sorella compatibile, può essere vantaggioso procedere ad un trapianto allogenico di cellule staminali. Questo offre il vantaggio di unire all’effetto terapeutico delle alte dosi di chemio- e/o radioterapia, un ulteriore effetto antitumorale svolto da un sistema immunitario “nuovo”, cioè quello del donatore
Per quanto riguarda l’anemia falciforme alcuni ricercatori del National Institute of Health hanno analizzato i risultati parziali di una sperimentazione di fase uno condotta su dieci pazienti. Questi hanno ricevuto un trapianto di cellule staminali del sangue prelevate da donatori sani e sono stati trattati con un farmaco immunosoppressore. Alla fine del trattamento nove pazienti su dieci avevano globuli rossi sani e non avevano più i danni agli altri organi che questa malattia provoca. Tuttavia, il trapianto mieloablativo allogenico di cellule staminali ematopoietiche è ritenuto curativo nei bambini con anemia falciforme, ma negli adulti la procedura può risultare eccessivamente tossica.
E per il Diabete mellito tipo I ?
Si tratta di una patologia degenerativa che consiste nella reazione autoimmunitaria dell’organismo alle beta cellule pancreatiche nelle isole di Langerhans, con conseguente carenza di insulina. La malattia comporta patologie cardiache/circolatorie; Disturbi della vista e dei reni, cattiva irrorazione vascolare, danneggiamento delle cellule nervose (neuropatia), piedi diabetici, elevata redisposizione alle infezioni. La terapia con cellule staminali comporterebbe due vantaggi: – rigenerazione delle Isole del Langerhans;- possibilità di non essere sottoposti ad una terapia immunosoppressiva a seguito del trapianto.
In Giappone è iniziato il primo trial sugli uomini con le cosiddette staminali Ips, o staminali indotte. Si tratta di cellule adulte che vengono trattate in laboratorio in modo da recuperare la loro “gioventù”. Dopo essere state trasformate, tornano del tutto simili alle staminali embrionali. L’inventore di questo metodo – il giapponese Shinya Yamanaka ha pubblicato i suoi risultati nel 2007 e cinque anni più tardi è stato premiato con uno dei Nobel più rapidi nella storia del premio svedese. Il suo istituto oggi sta usando le cellule Ips per curare una malattia della retina, la degenerazione maculare senile. Ma il trial è stato sospeso dopo due pazienti trattati: si vuole capire se durante il loro viaggio di ritorno allo stato di staminali le cellule abbiano subito danni al Dna.
In Gran Bretagna intanto, recentemente , è stata approvata una sperimentazione simile che utilizza però staminali ricavate dagli embrioni. E in Italia viaggia a gonfie vele, dopo vent’anni di ricerche e applicazioni sui pazienti, la terapia Holoclar messa a punto da Michele De Luca e Graziella Pellegrini dell’università di Modena e commercializzata da Chiesi Farmaceutici. Al metodo – usato nei pazienti che hanno subito un’ustione alla cornea – l’Agenzia europea del farmaco ha dato la sua autorizzazione al commercio lo scorso anno, la prima al mondo per una terapia a base di staminali. Grazie ad una biopsia si raccolgono le cellule staminali dal tessuto al confine fra la cornea e la congiuntiva. In laboratorio e´poi possibile ricostruire l’epitelio che ricopre la cornea e trapiantarlo nel paziente, che recupera in pieno la vista». L’uso di cellule che provengono dal paziente stesso elimina il pericolo di una reazione di rigetto.
Cosa ci si aspetta dal futuro con l’applicazione delle cellule staminali?
Potenziale cura delle malattie degenerative del sistema nervoso (morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica). Ricostruzione del midollo spinale danneggiato da traumi fisici. Malattie muscolo-scheletriche. Ricostruzione del tessuto cardiaco dopo infarto. L’utilizzo in medicina delle cellule staminali è universalmente accettato: i problemi etici derivano dalla provenienza delle cellule staminali. L’embrione è da considerarsi un individuo umano in una fase iniziale di sviluppo o una cosa? Secondo le leggi italiane non è legale utilizzare embrioni per la ricerca medica (legge n.40/2004) pertanto si consente la ricerca clinica e sperimentale soltanto con finalità di tutela della salute e dello sviluppo dell’ embrione stesso. L’utilizzo delle cellule staminali embrionali per la ricerca medica, all’interno dell’Unione Europea è consentito in Spagna , nel Regno Unito, in Svezia e in Belgio.
Sempre più sperimentazioni, dal mondo delle università, oggi approdano a quello dell’industria. Servono investimenti ingenti, e in Italia di soldi non ne girano troppi. I privati che riescono a trovare dei venture capitals danno vita ad aziende biotech, spesso partendo da idee messe a punto da start up universitari. Quasi tutte, fra la dozzina di sperimentazioni sull’uomo che usano staminali embrionali, appartengono ad aziende biotech o multinazionali del farmaco e sono concentrate fra Gran Bretagna, Usa e Corea.