Nei media si parla spesso di stranieri. I politici, specie quelli che si sentono paladini dei diritti dei cittadini italiani, parlano fin troppo spesso degli stranieri, purtroppo, però, tralasciando la Costituzione italiana. Eppure, nella nostra Costituzione, l’articolo 10 parla chiaro: l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.
Si deve, dunque, distinguere tra:
– rifugiato politico, vale a dire chi vive nel fondato timore di venir perseguitato per motivi di razza, religione, cittadinanza, appartenenza ad un determinato gruppo;
– richiedente asilo, ovvero la persona che non chiede solamente il soggiorno, bensì anche la protezione, per essersi egli sottratto agli organi di giustizia del Paese d’origine;
– profugo, fuggito per motivi legati alla guerra, alla persecuzione o a calamità naturali.
La condizione giuridica dello straniero residente in Italia è protetta dalla previsione di una riserva rafforzata di legge: il trattamento giuridico a cui viene sottoposto può essere fissato soltanto dalla legge e non può essere meno favorevole di quanto previsto nelle norme di diritto internazionale, sia consuetudinarie, sia pattizie.
Ciò non esclude che il legislatore italiano possa sopravanzare il diritto internazionale nel predisporre un trattamento più favorevole, ponendosi, così, a modello di riferimento per la comunità internazionale. Attualmente esistono nel nostro ordinamento due categorie di stranieri: i cittadini dell’Unione europea, che godono di una tutela particolarmente qualificata e tendenzialmente assimilabile a quella riconosciuta agli italiani; i cittadini non appartenenti all’Ue (cd. extracomunitari), che possono, invece, essere soggetti a restrizioni relativamente al loro diritto d’ingresso, di soggiorno e di permanenza nel nostro territorio.
A livello di normazione primaria, la materia è disciplinata dal D.Lgs n. 286/1998, ma solo nei confronti dei non appartenenti all’Ue e degli apolidi.
Colui che entra nel territorio italiano deve essere in possesso di passaporto o documento equipollente e di visto d’ingresso.
Trascorsi cinque anni, se sussistono i requisiti d’integrazione, si può ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (che costituisce in pratica un documento valido a tempo indeterminato).
Da ultimo, va sottolineato che agli stranieri soggiornanti deve essere garantito il rispetto dei diritti fondamentali. I cittadini dell’Unione Europea sono invece soggetti al Trattato di Lisbona, in particolare all’art. 21 paragrafo 1 TFUE, in base al quale: “ogni cittadino dell’Unione Europea ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le condizioni e le limitazioni prevista dai trattai e dalle disposizioni adottati in applicazione degli stessi”.