Una delle cinque chiese matrici di Venezia
Rievocare la storia di una chiesa antica, come S. Maria Formosa, vuol dire riandare ad alcune delle vicende più importanti della storia di Venezia. A cominciare dalle origini, avvolte, come si conviene, nella leggenda e datate, quelle di Venezia, 1.600 anni fa, un po’ meno antiche quelle della chiesa, risalenti al 639 d. C., quando a San Magno di Oderzo, rifugiato in quei lidi per sfuggire al furore di Rotario, re dei Longobardi, apparve la Vergine dalla vaga forma, che gli indicò il luogo, dove vedesse fermata una bianca nuvola, in cui costruire una chiesa a Lei dedicata.
E con l’aiuto dei cittadini, che appunto vivevano in quell’isola di Rialto, e della famiglia Tribuno fu costruita una prima chiesetta, la quarta delle otto che il santo uomo ebbe l’ordine di fondare per divina rivelazione. Dedicata alla Purificazione di Maria Vergine, ma già da allora chiamata per volontà popolare di S. Maria Formosa, per la bellissima immagine apparsa a San Magno. Un edificio di assai debole struttura, se dopo due secoli, si presentava diroccato, al punto da dover essere riedificato nell’864 dai figli di Marin, patrizio.
Un edificio, che, come altri edifici religiosi della città, dovette subire gli insulti degli eventi, in particolare un orribile incendio nel 1105, dalle cui ceneri fu rialzato in magnifica forma, e nel 1624 un violento terremoto, che l’atterrò in gran parte. Ed ancora una volta furono i cittadini a promuoverne la riedificazione, ma soprattutto alcune ricche famiglie di mercanti a sostenere le spese, quella del piemontese Turin Tonon, dopo il terremoto, ma ancor prima quelle dei Cappello e dei Grimani, prodighi nell’arricchire ed impreziosire la chiesa.
Mario Codussi e la rinascenza veneziana
Dopo uno dei periodi di decadenza, fu invitato a por mano alla ricostruzione della chiesa un architetto lombardo, Mario Codussi, già affermato autore di altre ammirate chiese veneziane, come quelle di San Michele in Isola (1468-1479) e di San Zaccaria (1483- 1490), il più geniale tra i costruttori del Rinascimento veneziano, capace di rivisitare i caratteri del Rinascimento toscano introducendo nella tradizione gotica veneziana l’utilizzo di nuove membrature architettoniche e di rivestimenti di marmi colorati, secondo la lezione del Brunelleschi.
Venezia era ancora il più vivace emporio dell’Europa, in grado di garantire alti livelli di commissioni artistiche, ma costretta ad imporre forti limitazioni ai costruttori, sia per l’esigua superficie totale edificabile (km. 7×5 e con alta concentrazione di edifici storici) sia per la scarsa capacità portante del terreno. Perciò anche Codussi dovette adattarsi a ricostruire il nuovo edificio in buona parte sulle fondamenta della vecchia chiesa, che era a croce greca. Ne derivò una singolare centralità del tempio, nonostante la nuova pianta a croce latina, con una complessa copertura a volte ed a cupole.
Il Codussi morì nel 1504, senza vedere finita la sua opera, completata successivamente nel 1542 con addirittura due facciate, finanziate dalla famiglia Cappello (monumento sul portale e stemma sul timpano), di stile classico quella sul rio, di stile barocco, quella sull’omonimo campo. Per l’antichità della sua origine e per queste sue prerogative, fu eletta tra le cinque matrici della città.
Storie di pirati e di riscatti
Furono istituite importanti Congregazioni, quella della Presentazione di Maria Vergine al tempio, con annesso oratorio, quella di S. Maria Formosa e quella della SS. Trinità, il cui compito principale era di raccogliere elemosine per liberare i Cristiani fatti schiavi dagli Ottomani, un vizio che sembra continuare fino ai nostri giorni in certi mari d’oriente.
Ma la pirateria era un fatto di antica data anche per i nostri mari, se è vero che nel 943 i parrocchiani di S. Maria Formosa furono costretti a recuperare le loro spose rapite da pirati norentani o dalmati. Ogni primo di febbraio le coppie giovani veneziane che si sarebbero sposate entro l’anno si recavano nella chiesa patriarcale di S. Pietro di Castello per essere benedette dal Vescovo, portando ricchi doni. I pirati tesero loro un agguato e, con piccole barche, rapirono le donne ed i loro doni. I parrocchiani si armarono e si gettarono all’inseguimento, riuscendo a sorprendere gli empi ladroni, al lido di Caorle, mentre festeggiavano e si dividevano le prede. In gran parte li trucidarono e dispersero gli altri, recuperando spose e doni.
La Festa delle Marie
In memoria di quel fatto, per antico Statuto, i Dogi ogni anno, alla vigilia della ricorrenza della Purificazione di Maria Vergine, si recavano in pompa magna in visita alla chiesa, accompagnati dal Senato.
A ricordo di quella vittoria fu istituita la Festa delle Marie, in cui venivano estratte a sorte, tra le future spose, 12 Marie tra le più belle ed ornate d’oro e di gioie (con doti fornite in caso di accertata povertà anche dal Pubblico Tesoro), ricevute dal Doge in Palazzo Ducale, accompagnate per la Messa alla cattedrale di Castello, poi a S. Marco per ricevere le candele benedette e ritornare infine solennemente a S. Maria Formosa.
La festa, dopo qualche periodo di sospensione, è stata riportata in auge l’ultimo lunedì di carnevale ed attira ancora molti turisti.
Il rapporto tra Venezia e la Madonna
Sempre nella chiesa di S. Maria di Formosa, in una sontuosa cappella a destra dell’altar maggiore, eretta dal patriarca di Aquileia Antonio Grimani, si venera un’immagine della Madre di Dio, a cui era legata la devozione popolare, perché le si attribuivano molti miracoli. Prima stava appesa al muro di una casa privata, finché, il 29 giugno 1612, il patriarca del tempo, Francesco Vendramini, la fece trasportare solennemente a quell’altare.
Ma verso la Madre di Dio Venezia ebbe fin dalle origini una venerazione tutta particolare, tanto che la sua immagine, in particolare quella dell’Annunciata, è la più rappresentata nelle sue chiese, ritratta dai più grandi artisti in tutte le epoche. La Serenissima cercò di far proprie alcune attribuzioni di Maria: la sua verginità, perché Venezia non nasce da un’operazione militare o da una fondazione dei potenti del tempo, ma da un esodo di popolo, ed il suo essere serva di Dio e non di altri, come Venezia che non fu serva di nessuno, perché appartenente ad una dimensione trascendente.
Per questo sulla cupola della Madonna della Salute, c’è Lei, la sola che poteva salvare la città dalla peste, non in atto di preghiera, ma nell’atto di impugnare impavida il bastone di Capitano da Mar, da autentica condottiera.