La statua antica fu acquistata da Hitler. L’Italia la riprese
Ci mancava solo il Discobolo per resuscitare le frizioni tra Italia e Germania. Il caso è scoppiato qualche mese fa e ancora non ha trovato una soluzione definitiva. Di che si tratta? Di una statua celeberrima dell’antica Grecia, scolpita dall’artista Mirone di Eleutere nel V secolo a.C. Rappresenta un atleta nel gesto di lanciare il disco, pratica sportiva in auge nelle gare atletiche dell’antichità. Mirone ne fece un esemplare in bronzo che è andato perduto. Ne esistono varie copie di varie dimensioni, una delle quali è considerata di grande pregio: è la copia in marmo, d’epoca romana, denominata il “Discobolo Lancellotti”, ritrovata sull’Esquilino nel 1781, e attualmente esposta al Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo).
Ebbene su quest’opera si è aperta una querelle tra Italia e Germania innescando tensioni e polemiche. I tedeschi ritengono che il Discobolo dovrebbe tornare in Germania, perché lo stato tedesco nel 1938 lo aveva regolarmente acquistato al prezzo non indifferente di 5 milioni di Lire. Fu il Führer in persona, grande estimatore dell’arte greca antica e convinto che il Discobolo ne fosse l’opera esteticamente più riuscita e significativa (simbolo della forza della razza ariana), a volere acquisire la statua. Hitler fece pressione su Mussolini il quale, per compiacere il collega dittatore e alleato, indusse il principe Lancellotti, proprietario del Discobolo, a cederlo. L’opera d Mirone fu pertanto portata a Monaco con grande soddisfazione del Führer e dei gerarchi nazisti. Ma dieci anni dopo, a guerra finita, il Discobolo ritornò a Roma per intervento del ministro Rodolfo Siviero, che lo fece inserire nell’elenco delle opere d’arte trafugate dalla Germania nazista.
Ora la Gliptoteca monacense ne pretende la restituzione nella convinzione che l’acquisto del 1938 sia stato del tutto regolare e dunque il rimpatrio in Italia dopo la guerra abbia violato la legge. La richiesta è stata fermamente respinta dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, il quale ha pensato bene di esprimere il suo diniego con una frasetta spensierata e leggera: «Devono passare sul mio cadavere». Giusto per alleggerire la tensione e affermare le ragioni della diplomazia.
Ma non è finita qui. Eike Schmidt, tedesco radicato da molto tempo in Italia, già direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze e ora del Museo di Capodimonte a Napoli, studioso di fama internazionale, ha esortato la Gliptoteca di Monaco a restituire al più presto il basamento della statua, di epoca settecentesca, che è rimasto in Germania e giace in qualche scantinato. Secondo lo storico dell’arte tedesco, la copia in marmo del Discobolo perde il suo valore storico e artistico senza il suo basamento, che è stato parte integrante dell’opera fin dalla sua scoperta sull’Esquilino a Roma nel 1781. «È assolutamente doveroso per la Germania rimandare quanto prima la base del Discobolo a Roma. Faccio un appello a tutti i connazionali del mio Paese per la restituzione della base, di enorme valore per la statua e che in Germania non ha alcun senso», ha dichiarato Eike Schmidt. Ma il direttore della Gliptoteca monacense, Florian Knauss, non è per nulla convinto di questa richiesta sostenendo che anch’esso fu a suo tempo acquisito attraverso un regolare atto di compravendita e non come dono di Mussolini a Hitler.
E così il Discobolo è diventato un caso politico-diplomatico. Gli italiani richiedono la restituzione del basamento della statua, mentre i tedeschi, a quanto pare, hanno rinunciato alla richiesta di avere indietro il Discobolo. La ministra della Cultura, Claudia Roth, si dice «certa che la collaborazione tra Italia e Germania, già ottima in tanti campi, migliori in futuro anche in quello culturale». Speriamo che abbia ragione. In tutti i casi sarebbe bene evitare litigi da bar sport e reviviscenze del nazionalismo culturale