“Lockdown all’italiana”
Gherardo Ugolini
Ci può essere un dicembre senza il consueto cine-panettone made in Italy? Domanda retorica. No, non ci può essere. Neppure la pandemia, le misure di confinamento, le regioni catalogate come zone rosse gialle e arancioni, fermano questa tipologia di spettacolo che da decenni riempie immancabilmente le sale cinematografiche del Belpaese, facendo ridere milioni di persone con le sue gag convenzionali e ripetitive, il suo ritmo narrativo stantio, l’umorismo greve e banale. Chissà, magari tra qualche tempo assisteremo alla riscoperta del cine-panettone come una genere ‘cult’ da studiare antropologicamente per l’immagine della società italiana che veicola. Per il momento prendiamo atto che neppure il Covid-19 e la chiusura dei cinema ha impedito l’uscita del film natalizio 2020, distribuito su varie piattaforme in streaming. Anzi, la pandemia è precisamente il preteso per la trama del film, intitolato appunto Lookdown all’italiana. E se non altro con film del genere anche la tragedia del virus può diventare oggetto di frizzi e lazzi, anziché di tragiche cronache ospedaliere e bollettini mortuari.
La trama del film, diretto da Enrico Vanzina, uno dei massimi specialisti del genere, è tanto semplice quanto esile: la ricca sinora borghese Mariella (Paola Minaccioni) scopre che il marito avvocato Giovanni (Ezio Greggio) la tradisce con Tamara (Martina Stella), una donna più giovane e “periferica”, cioè borgatara, o coatta che dir si voglia. Tamara, cassiera al supermercato, è a sua volta sposata con Walter (Ricky Memphis), placido tassista che scopre nello stesso giorno il tradimento della compagna. Ma proprio mentre Giovanni e Tamara stanno per uscire dalle rispettive case coniugali, nel marzo del corrente anno, ecco che il presidente del Consiglio annuncia l’inizio del lockdown nazionale. Tutta l’Italia è zona rossa, e le due coppie sposate in crisi nera sono costrette a rimanere insieme almeno fino a quando la quarantena non sarà terminata.
Il regista parte dunque dal più classico dei temi di questo genere di cinema leggero, ovvero il tradimento coniugale, le corna, e si diverte a immaginare gli sviluppi che si determinano in un momento paradossale, quando gli incontri clandestini con i rispettivi amanti sono impossibili per il divieto di uscire di casa, e la convivenza forzata tra coniugi che mal si sopportano dà luogo a continui imbarazzi e fraintendimenti. Oltre questo il film non va e non pretende di andare. Strappa un po’ di risate quando riflette le situazioni quotidiane del lockdown: le code davanti ai supermercati, le autocertificazioni per uscire, lo smartworking in mutande, i meeting via Skype, il finto cane da portare a passeggio, il tricolore sul balcone. Ma nell’insieme il ritmo è blando e non c’è mordente. L’happy ending è scontato e insapore. Niente a che vedere con certi capolavori della commedia all’italiana d’antan. Anche perché, con tutto il rispetto, Ezio Greggio e Ricky Memphis non sono Alberto Sordi e Vittorio Gassman.
Dopo aver visto Lockdown all’italiana ci si chiede: si può ridere della pandemia? Si può fare satira su un dramma sociale che miete vittime e che è tuttora in corso? Non era il caso di aspettare un po’ prima di girare un film su questo tragico evento? Le risposte rimangono sospese nell’aria. Siamo ben consapevoli che è le