Consigli dei redattori/collaboratori del Corriere d’Italia per trascorrere in serenità le festività natalizie
La bellezza narrata tra reale e virtuale
Pierluigi Vignola
È tempo di rimettere al centro la Bellezza, nel turismo come nella vita. Il nostro Paese ne è strapieno, ma si corre il rischio di abituarsene e di non riconoscerla più. Anche l’epoca digitale con i suoi canoni comunicativi chiede di imparare a narrare luoghi ed esperienze per permettere alla Bellezza di essere ancora ascoltata e capace di trasfigurare la ferialità. E l’esperienza pandemica ha messo sul campo una questione che vorremmo affrontare insieme, anche in campo turistico: ciò che è virtuale può essere esperienza reale? Ed ecco il Salento in prima linea con la pubblicazione del ricercatore Francesco Gabellone. A Lecce con il progetto del Cnr l’archeologia diventa virtuale. L’archeologia virtuale, formidabile strumento di divulgazione scientifica declinata in forme immersive dal forte impatto emozionale, vede il Salento in prima fila con saperi ed esperienze racchiusi in una recente pubblicazione firmata dal ricercatore del Cnr – Ibam (Istituto per i beni architettonici e monumentali) di Lecce, Francesco Gabellone. Il volume, intitolato “Archeologia virtuale. Teoria, tecniche e casi di studio”, raccoglie le esperienze fatte in un ventennio di attività svolta in Italia e all’estero con l’obiettivo di accorciare le distanze tra il patrimonio culturale e il pubblico di potenziali fruitori. Tutto questo attraverso un racconto per immagini virtuali estremamente realistiche, realizzate con rigore scientifico mediante raffinate tecniche ricostruttive in grado di far rivivere, nel loro originario fulgore, monumenti e testimonianze archeologiche anche parzialmente conservati o difficilmente accessibili. “Sarebbe sbagliato e riduttivo confinare questo processo – sostiene Gabellone – tra i nuovi strumenti per la presentazione che semplicemente sostituiscono tecnigragfo e matita. Il ruolo dello specialista in archeologia virtuale è strettamente connesso al rapporto dialettico tra i saperi umanistici e le possibilità offerte proprio da questi strumenti”. Francesco Gabellone è stato protagonista di studi ricostruttivi per l’Iraq Virtual Museum, il Museo egizio di Torino, le tombe nascoste di Taranto, il teatro antico di Taormina, il teatro e l’anfiteatro di Lecce, il santuario di Giove Anxur a Terracina, l’anfiteatro e il teatro di Catania, solo per citare alcuni lavori. Le nuove tecniche di fruizione basate su narrazioni dinamiche sviluppate nel Salento trovano ormai larga applicazione pratica in numerosi contesti museali.
Musica Sacra per il Natale
Daniele Messina
Ascoltare la musica sacra equivale a penetrare in un’altra dimensione. Molti dei massimi capolavori della storia della musica appartengono al genere della musica sacra, ma ascoltarli richiede una profonda quiete ed un’apertura mentale verso l’illimitato. Sarebbe un errore ascoltarla con la stessa attitudine mentale con cui si ascoltano le canzonette; ma il guaio è che tale abitudine sembra abbia guadagnato il monopolio della nostra società, poiché nella vita quotidina siamo interamente occupati con le contingenze immediate. Non che sia di per sé sbagliato ascoltare le canzonette: ma esse sono come delle esternazioni al passato prossimo, mentre la musica sacra è come un discorso al passato remoto. In questo scritto richiameremo l’attenzione su tre delle più famose composizioni sacre che ci sembrano adatte per le feste natalizie.
La prima è il Vespro della Beata Vergine che il „divino Claudio“ Monteverdi compose nel 1610 e venne eseguito per la prima volta nella basilica di San Marco a Venezia. È un insieme di salmi ed inni che va a sfociale nello splendido „Magnificat“ finale; naturalmente è cantato in latino e dura circa un’ora e mezza: su YouTube se ne possono trovare numerose esecuzioni diverse, essendo uno delle composizioni più celebri del repertorio sacro. Nella musica prevale un’atmosfera profondamente intima e raccolta. Sempre appassionata, realizza una fusione perfetta della tradizione polifonica rinascimentale con il nuovo discorso monodico operistico, senza rinunciare ai madrigalismi, come ad es. cantare il „Surge amica mea“ su una scala ascendendente. Particolarmente originale è la „sonata sopra Santa Maria“ in cui un insieme strumentale sviluppa un festoso tema con variazioni sopra cui si librano le voci del coro di voci bianche (o femminili) che ripete „Sancta Maria ora pro nobis“.
Trovandoci in Germania, è impossibile passare sotto silenzio l’Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach, più precisamente il Weihnachtsoratorium perché è cantato tutto in tedesco. È un insieme di 6 cantate che supera 2 ore e mezza di durata complessiva, e di cui si trovano numerose versioni su YouTube. Malgrado ciò non è monotono, perché il genio di Lipsia ricorre a tutte le risorse per caratterizzare e diversificare i vari pezzi, 65 in tutto: dalle grandiose fanfare accompagnate dai colpi di timpano dell’inizio, con cui si annuncia l’arrivo del Re del Mondo (1a. cantata /1), al quieto idillio orchestrale della Hirtenmusik per l’adorazione dei pastori (2a. / 1), al contrappunto corale di „Ehre sei dir Gott gesungen“ accompagnato dagli archi con lo slancio d’un concerto brandeburghese (5a. / 1). Tutto l’insieme è articolato come una lettura di brevi passi evangelici sul racconto della Natività (recitativi cantati dal tenore) alternati dai commenti del coro e degli altri solisti.
Ci accostiamo ora alla schiacciante grandiosità del Te Deum del compositore romantico Hector Berlioz, che lo fece eseguire per la prima volta da ben 900 tra orchestrali e coristi sotto le volte gotiche della basilica di Sant’Eustache a Parigi nel 1855. È tutto in latino ed è articolato in un’alternanza di inni e preghiere che culminano in un grandioso finale alla Wagner. Nella musica prevale un tono solenne e marziale, ma si alternano anche momenti intimi, come l’assolo d’organo che precede il „Tibi omnes“, così che il carattere della musica oscilla in continuazione fra la più umile contrizione ed il più’ eroico entusiamo. Non per nulla, il possente „Judex crederis“ è risuonato mentre si accendeva il fuoco olimpico nello stadio di Sidney per le Olimpiadi del 2000. Malgrado lo sforzo organizzativo che richiedono, di questa composizione, che dura circa ¾ d’ora, si trovano numerose esecuzioni su YouTube (ma si sconsiglia di accendere fuochi in casa), magari solo una candelina d’avvento.