Ho scelto la tematica da trattare questo mese sulla base di quanto successo in Italia con l’ennesimo femminicidio di una giovane ragazza. Questo mi ha portato ad interrogarmi su come poter aiutare i genitori che si trovano ad affrontare un dolore così grande.
Conseguenze psicologiche e rischi
La perdita di un figlio è un evento devastante che esercita un profondo impatto sia a livello emotivo che psicologico. Un’esperienza così forte come quella della morte del proprio bambino influenza ogni aspetto della vita di un genitore.
Le principali conseguenze psicologiche della morte di un figlio sono:
-Lutto intenso e doloroso: Mentre perdere un genitore o uno zio si considera un evento naturale, perdere un figlio è considerato un evento che va contro l’ordine naturale della vita: nessun genitore sarà mai davvero mai “pronto” alla morte del proprio figlio.
-Vuoto: La perdita di un figlio può generare un profondo senso di vuoto nei genitori, come se una parte del loro corpo e del loro spirito fosse strappata via bruscamente. Di conseguenza, si può arrivare a mettere in dubbio la propria identità e perdere di vista gli scopi della vita.
-Senso di colpa: È molto comune che i genitori si sentano colpevoli per la morte del proprio figlio e in genere si tratta di una sensazione del tutto ingiustificata. Questo porta a pensieri negativi di auto-punizione.
-Emozioni negative: I genitori che attraversano un lutto così difficile sperimentano smarrimento, impotenza, tristezza, disperazione e rabbia. Una carica emotiva di questo tipo può diventare debilitante e portare alla depressione o al congelamento emotivo, per via dell’impossibilità di accettare o dare un significato all’accaduto.
-Isolamento sociale: Per via del forte dolore e senso di inadeguatezza, i genitori potrebbero chiudersi in sé stessi, ritirarsi da qualsiasi attività sociale ed evitare persino amici e familiari.
-Trauma: Specialmente quando un figlio muore in maniera improvvisa o traumatica, i genitori possono viverlo come un trauma e sperimentare stress post-traumatico e ansia.
-Lutto complicato: L’elaborazione del lutto è un processo molto complesso che viene descritto come un processo di 5 fasi secondo il modello di Kübler Ross: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Tendenzialmente, l’essere umano ha le risorse per affrontare un lutto. In casi rari, il lutto può complicarsi. Si parla di lutto patologico quando le fasi diventano cronicamente cicliche. Per esempio, può accadere che una persona rimanga congelata nella fase di rabbia o in quella della depressione. In questi casi è consigliabile affrontare un percorso psicologico con un professionista.
-Crescita positiva: Secondo gli esperti, quando muore un figlio esiste la possibilità di sperimentare una crescita personale caratterizzata da cambiamenti personali positivi, come risposta adattativa al trauma. Questa crescita si manifesta in cinque aree principali: percezione di sé, relazioni con gli altri, nuove opportunità, apprezzamento della vita e cambiamento esistenziale. Sebbene la crescita non elimini il disagio, le ricerche condotte a riguardo hanno dimostrato che il 78% delle madri e il 44% dei padri che hanno perso un figlio abbiano scoperto nuove priorità nella vita dopo il lutto. I temi di crescita più frequenti sono il desiderio di aiutare l’altro, la compassione e una maggiore tolleranza. È emerso anche che le madri tendono a sperimentare punteggi più alti di dolore ma anche una maggiore crescita post-traumatica. La crescita personale varia molto da individuo a individuo ed esistono potenziali elementi che la favoriscono, come il supporto sociale, il tempo trascorso dalla morte, la religione e l’impiego di strategie attive di coping.
Conseguenze pratiche
Le principali conseguenze pratiche della morte di un figlio sono:
-Sconvolgimento delle dinamiche familiari: Le relazioni tra i vari membri della famiglia possono vedersi radicalmente stravolte e possono sorgere delle tensioni. Le dinamiche familiari subiscono dei cambiamenti e in alcuni casi la rete familiare può finire per scomporsi del tutto per via del gran dolore che la colpisce.
-Sconvolgimento della coppia: L’elaborazione del lutto da parte dei due genitori può avvenire in modalità diverse e questo potrebbe portare a incomprensioni e distanza emotiva, mettendo alla prova la relazione di coppia.
-Impatto sul lavoro: Affrontare un lutto può ridurre la capacità di concentrarsi nel proprio lavoro e di adempiere alle responsabilità lavorative.
-Effetti sul benessere psicofisico: Lo stress e la sofferenza legati al lutto potrebbero causare problemi fisici e mentali, come difficoltà digestive, insonnia, ansia e depressione clinica.
-Cambiamenti nelle relazioni interpersonali: Le persone vicine a noi e il resto della società con cui una persona interagisce possono reagire in modi diversi alla morte di un figlio. Alcuni possono mostrarsi empatici e comprensivi e altri potrebbero non comprendere davvero la portata del dolore che si sta attraversando. Di conseguenza, è possibile che si modifichi la propria cerchia e si scelga di attorniarsi di persone diverse.
-Cambiamenti nella prospettiva di vita: Le priorità possono cambiare dopo un tale evento. È comune cercare nuovi significati o propositi, come se si stesse ricominciando una nuova vita.
È un dolore che durerà per sempre?
Il dolore che accompagna la morte di un figlio è sicuramente di grande impatto ed è inevitabile. Tuttavia, è importante ricordare che il dolore non sarà costante e immutabile per sempre.
La durata del dolore, così come l’intensità, variano notevolmente da persona a persona e in base a diversi fattori, come il lutto.
L’impatto iniziale generalmente è schiacciante ed è comune sentire che non ci sia via d’uscita dalla sofferenza.
Il dolore tende a fluttuare secondo il rapporto con il figlio, le circostanze della morte, il supporto dei cari e le risorse personali nell’elaborazione nel tempo, con momenti in cui sembra insostenibile e altri in cui sembra meno opprimente.
Nel corso del tempo si sviluppa una sorta di adattamento al dolore. Si impara a convivere con il vuoto creato dalla perdita del figlio e si inizia ad onorarne la memoria con meno negatività.
Elaborando il lutto e trovando nuovi significati dopo la morte di un figlio si riesce a stare meglio. Questo avviene generalmente nel corso di uno o due anni. Se non dovesse avvenire in questo arco di tempo, potrebbe trattarsi di un lutto patologico.
Tuttavia, secondo alcune ricerche la maggior parte dei genitori sperimentano una tristezza persistente fino a 6 anni dopo la morte del figlio, sebbene la gestione delle emozioni nel tempo vada migliorando.
È importante sottolineare che il lutto è un processo individuale che varia molto da persona a persona e che non esiste un “tempo standard” della durata del dolore.
Emozioni e stati d’animo
Le emozioni e gli stati d’animo che emergono durante l’elaborazione del lutto differiscono notevolmente in base al carattere e alla storia personale, fluttuano e cambiano con il passare del tempo.
-Tristezza, disperazione, nostalgia, confusione, disorientamento, sensazione di vuoto e sensi di colpa sono alcune delle risposte emotive naturali al trauma che si affronta.
-È molto comune provare rabbia verso sé stessi, verso la vita in generale, verso gli altri o a volte anche verso il figlio defunto.
–Spesso, un genitore che perde un figlio ha la sensazione di vivere un’ingiustizia e fatica ad accettare la perdita e a comprendere perché tutto questo debba toccare proprio a lui.
-Ognuno trova dei modi diversi per gestire il dolore. Alcuni controllano serratamente le proprie emozioni, altri esternano il loro dolore senza confini. Alcuni ricercano supporto negli altri, mentre altri lo ricercano nella propria solitudine, rifugiandosi in una realtà parallela.
Gestione del senso di colpa
Provare un forte senso di colpa è frequente dopo la morte di un figlio. La colpa può essere particolarmente intensa se si sono lasciate questioni irrisolte o se sono rimaste in sospeso delle decisioni difficili da prendere.
Sviluppare un atteggiamento di auto-compassione è il primo passo da fare per riuscire a gestire il senso di colpa. Bisogna lavorare sul perdonare sé stessi per eventuali decisioni prese che si ritengono sbagliate, riconsiderandole nuovamente, ricordando che si è fatto il possibile con le informazioni e le risorse interiori disponibili in quel momento.
L’elaborazione del lutto dopo la morte di un figlio è influenzata da diversi fattori.
Fattori che influenzano l’elaborazione del lutto
Secondo gli esperti, un genitore che ha un investimento oggettuale nei confronti del figlio, cioè che rispetta la sua individualità e autonomia, ha più risorse per affrontare la situazione. È importante affrontare con questa modalità di gentilezza le proprie emozioni, esplorandole a fondo senza giudicarle. In questo processo, un aiuto professionale può essere molto utile.
Chi invece ha un investimento narcisistico sul figlio, cioè, proietta in lui le proprie aspettative e ideali, potrebbe avere più difficoltà nell’elaborazione del lutto, perché è come se perdesse una parte di se stesso.
Se i genitori hanno mantenuto una rete sociale, fronteggiare il lutto sarà più semplice. Anche avere una relazione di coppia solida è un fattore che può aiutare.
Un elemento incisivo è la presenza di altri figli, che può aiutare ad affrontare il lutto. In questo caso è importante non riversare il dolore su di loro né caricarli eccessivamente di richieste di supporto, poiché anche loro stanno vivendo un delicato momento di elaborazione del lutto.
Sembra che le capacità di ripresa sia maggiore nei genitori più giovani, perché possono sviluppare più facilmente la speranza per il futuro.
Esistono molti altri fattori che possono incidere sull’elaborazione del lutto, come la storia personale, le credenze religiose, il supporto sociale e quello professionale che si riceve.
Morte di un figlio piccolo e morte di un figlio adulto
Si parla di lutto prenatale quando la perdita del bambino avviene in un momento qualsiasi della gravidanza. Quando questa avviene tra la ventisettesima settimana di gestazione e i primi sette giorni dopo la nascita si parla invece di lutto perinatale, anche detto babyloss.
In questi due casi, la morte del piccolo interrompe bruscamente il progetto di genitorialità di entrambi i genitori. Il dolore causato dall’evento non è tanto correlato alla settimana gestazionale o all’età del bambino, ma al grado di investimento affettivo della coppia genitoriale, cioè a quel profondo legame di attaccamento con il figlio, che nasce molto prima della sua nascita. Inoltre, la mamma potrebbe sviluppare la paura di avere un altro figlio o la tocofobia (paura del parto).
La morte di un figlio adulto causa altrettanta sofferenza, con modalità diverse. Il legame di un genitore con il figlio adulto è stabilito ed esiste una conoscenza profonda reciproca dell’essenza della persona. Una perdita del genere può portare a una destabilizzazione del senso di identità e del ruolo parentale, insieme a sentimenti di colpa, rabbia e tutte le emozioni correlate al lutto. Si sperimenta spesso un conflitto emotivo per via della sensazione di stare “andando contro natura” nel veder seppellire il proprio figlio.
Cosa resta
Molti genitori che subiscono la perdita del figlio si chiedono “e ora cosa resta?”.
Ciò che resta sono le memorie e i legami emotivi, che permangono anche se il figlio è fisicamente assente.
Rimane un’esperienza difficile nella propria storia personale, che però può portare a una crescita spirituale e a degli apprendimenti importanti, come un aumento della sensibilità, dell’empatia e della connessione con gli altri.
Cosa possiamo provare a fare?
L’essere umano possiede straordinarie capacità di autoguarigione dal dolore. Ecco cosa si può provare a fare durante l’elaborazione del lutto:
Ricevere il supporto delle persone care, facendo squadra con la famiglia e gli amici.
Dilatare l’amore, cercare di estendere quel senso di genitorialità verso gli altri e trasformarlo in amore universale. Partecipare a iniziative di volontariato e aiutare altri bambini può essere utile a questo scopo e aiuta a trovare nuovi significati.
Onorare il ricordo del figlio, tenendo viva la sua memoria.
Aspettare di avere completato l’elaborazione prima di cercare di avere un altro bambino, per non affidare al nuovo arrivato il compito di colmare il vuoto lasciato dal fratello.
Cercare aiuto professionale con uno psicologo, in modo da imparare strategie per la gestione del dolore, ritrovare un equilibrio emotivo e creare nuovi significati.