È considerata una delle più belle monete del Medioevo. Servì al Sovrano per consolidare il rapporto con i sudditi dopo le ribellioni fomentate dal papa durante la sua assenza per la crociata in Terra Santa
Come molte vicende legate alla vita di Federico II di Svevia, anche quelle relative alla coniazione dell’Augustale sono ricche di aspetti ancora poco conosciuti, talvolta controversi e dunque ancor più meritevoli di un approfondimento basato sulle fonti. La prima menzione della moneta, considerata tra le più belle del Medioevo, ebbe luogo nelle Costituzioni promulgate a Melfi nell’estate del 1231. Il lavoro preparatorio del complesso e articolato corpo di leggi era durato un anno e certamente era stato fatto a Foggia, dove Federico II aveva la sua residenza imperiale e dove era rientrato vittorioso dopo la pace con Papa Gregorio IX siglata a San Germano (l’attuale Cassino) nell’estate del 1230. Gregorio non aveva esitato a inviare le sue truppe nel Regno di Sicilia approfittando dell’assenza di Federico che, da scomunicato, nell’estate 1228 era partito per la Terra Santa. Qui, a seguito di un accordo con il Sultano d’Egitto Malik al Kamil, aveva ottenuto la restituzione di Gerusalemme e del Santo Sepolcro alla cristianità.
Forte della vittoria sul Papa e della riconquista della Terra Santa, Federico voleva finalmente dare impulso alla sua azione di governo e di legislatore. Per stabilire ordine, sicurezza e sviluppo economico nel regno, e anche, allo stesso tempo e ove necessario per imporre misure sanzionatorie, gli servivano una legge fondamentale e una moneta. Le Costituzioni sono note anche come “Liber Augustalis”, libro augustale, ovvero di Cesare Augusto Imperatore. Questi tre nomi sono riportati, sul verso della moneta, abbreviati, accanto al busto del sovrano: C(a)ESAR AVG(ustus) IMP(erator) ROM(anus). Sul retro, intorno all’Aquila, simbolo della dinastia degli Hohenstaufen, appare in due pezzi il nome FRIDE RICVS con una croce che precede la F, particolare questo che rimanda inequivocabilmente alla religione cristiana.
Ma l’Augustale fu anche uno strumento di propaganda che il sovrano utilizzò per diffondere la propria immagine tra i sudditi e per creare consenso. Nonostante fossero destinati unicamente al Regno di Sicilia, ne sono stati trovati molti nel Nord Italia, alcuni anche in Germania e persino Enrico III re d’Inghilterra ne ebbe un cospicuo numero.
Lo studio più approfondito sugli Augustali è quello pubblicato nel 1976 da Heinrich Kowalski. In esso lo studioso tedesco descrive l’organizzazione delle due zecche preposte alla coniazione, Messina e Brindisi, nonché il rapporto con le altre monete già in uso nel regno. Nel suo libro “Die Augustalen Kaiser Friedrichs II. von Hohenstaufen” Kowalski afferma che gli Augustali furono i precursori della moderna monetazione d’oro. E inoltre: “Il fatto che questo nuovo sviluppo si sia innescato in quel particolare periodo, e proprio nel Sud Italia, è dovuto alla coincidenza di alcune circostanze favorevoli: il Regno di Sicilia, lo Stato più moderno del suo tempo, viveva una forte crescita economica e nel campo della finanza aveva un posto di primo piano in Europa. Aveva intensi rapporti commerciali, soprattutto con le genti e i paesi del vicino e Medio Oriente e, in particolare, con quelli del Nord Africa che disponevano di grandi riserve auree”.
Gli Augustali furono prodotti in quantità considerevoli. Secondo Kowalski il loro numero raggiunse la cifra di mezzo milione; secondo altri autori perfino un milione e mezzo. Ciò avvenne grazie a un numero di coni diversi che Kowalski stimò essere almeno 75. Il cronista fiorentino Giovanni Villani (1280-1348) scrisse che le monete ebbero “larga diffusione al tempo dell’imperatore e poi”. Questa notizia è confermata dalle numerose varianti in cui furono coniate. Sebbene la rappresentazione e la trascrizione siano le stesse su tutti gli esemplari, i singoli coni differiscono notevolmente nei dettagli. Ciò riguarda sia l’immagine di Federico che l’aquila. Ci sono variazioni nella postura del capo di Federico, nella raffigurazione dei capelli e dei lineamenti del viso. L’aquila varia fortemente nello spessore del corpo, nelle dimensioni e nella inclinazione della testa e delle ali. Un’altra differenza è data dalla presenza, ai lati della testa dell’aquila, di due piccoli globi visibili, secondo Kowalski, unicamente negli Augustali coniati a Brindisi.
Il peso degli Augustali è di circa 5,3 g con un contenuto di oro di 20,5 carati, equivalente a oltre l’85%, misto a rame e argento. Il diametro è compreso tra 19 e 21 mm. Oltre agli Augustali vennero coniati anche mezzi Augustali. Pesano la metà e hanno un diametro di 16 mm. La moneta fu coniata anche dopo la morte di Federico (1250). Soltanto dopo la morte del figlio Manfredi, avvenuta nel 1266, fu progressivamente sostituita dai Reali di Carlo d’Angiò.
Vogliamo ora approfondire il significato simbolico dell’Augustale: lo scopo di Federico II era unicamente quello di emulare la grandezza di Cesare Augusto e celebrare i fasti dell’Impero Romano di cui proprio Cesare Augusto era stato fondatore?
A questa domanda ha risposto il Prof. Knut Görich, docente di Storia medievale all’Università di Monaco, durante la conferenza dal titolo “Vedere l’immagine del Sovrano – Gli Augustali di Federico II nel loro contesto politico” tenuta all’Università di Foggia il 19 novembre 2021 in occasione del convegno per gli 800 anni dell’arrivo di Federico II in Capitanata. A Foggia Görich ha rimarcato che la fama degli Augustali è dovuta a una qualità delle immagini fino ad allora mai raggiunta. Secondo Görich tuttavia “molta attenzione è stata posta sulla rappresentazione dell’antichità, meno sul contesto politico in cui la moneta è nata. Ciò che è passato inosservato finora è che in alcuni documenti di Federico è stata fatta una connessione esplicita tra il ritratto dell’imperatore sulle monete e la fedeltà dei suoi sudditi. Se seguiamo questa traccia riusciamo ad ottenere una nuova prospettiva sulla funzione politica e simbolica della moneta”. Di seguito una sintesi della conferenza di Görich:
Il conflitto di Federico II con il papa, risolto nel 1230 con la pace di San Germano, aveva causato un generale allontanamento dei sudditi ed una diminuzione della loro fedeltà nei confronti dell’Imperatore e del Regno di Sicilia. Dopo la ribellione di molte città (tra esse la stessa Foggia, ndr) Federico aveva tutte le ragioni sia per intensificare la sua pretesa di governo con tutto il rigore, sia per fare appello alla fedeltà dei sudditi. Poter vedere l’Imperatore “faccia a faccia”, in un incontro personale era un segno di favore con cui Federico ricompensava la fedeltà e con cui veniva rafforzata la fiducia nel futuro. “Questo era precisamente lo scopo del ritratto dell’Imperatore sugli Augustali. Uno scopo che dimostrava, anche se tardivamente, quanto l’Imperatore fosse legato ai suoi sudditi. Ciò in quanto il potere non consisteva solo nella superiorità gerarchica, ma era anche ancorato alla società in modo ampio e profondo. Senza persone il dominio era impossibile, come lo era la circolazione delle monete”.
A distanza di più di due anni dal convegno di Foggia e dalla sua conferenza, siamo grati al Prof. Görich per quanto abbiamo appreso durante la sua conferenza. In quella circostanza abbiamo chiesto al professore, che è anche presidente della Società di storia degli Staufer e massimo esperto a livello mondiale di Federico I Barbarossa, quale dei due personaggi fosse a suo parere più importante. Non ha avuto esitazione nel rispondere “Federico II” grazie ai molteplici aspetti che lo hanno reso un personaggio straordinario ed oggi, molto più del nonno, di grande attualità.