Volato in cielo don Battista Mutti, primo missionario a Stoccarda. Il suo ricordo è vivo e la sua opera è storia
Avrebbe compiuto 101 anni il 9 ottobre, ma si è spento il 3 ottobre, giorno della riunificazione della Germania. Don Battista, che era considerato un missionario autentico degli italiani sia della prima che della seconda generazione, si era ritirato nel 2017 a Clusone, cittadina di 8mila abitanti, situata in Val Seriana in provincia di Bergamo.
Secondo la volontà di suo fratello è stato sepolto nella sua natia Adro, in provincia di Brescia. Lì giacciono le spoglie di tutta la famiglia.
Nonostante la veneranda età, 11 anni fa il tenace don Battista volle festeggiare il suo 90esimo a Stoccarda nella “sua” Nikolauskirche, nella Werastrasse, sede anche della prima Missione Cattolica Italiana. È li che erano e sono allocati i ricordi di 70 anni di attività per la nostra collettività.
Don Battista aveva sposato la causa dell’emigrazione pur non appartenendo all’Ordine degli Scalabriniani. Ordinato sacerdote a Brescia il 22 maggio del 1948, tre anni dopo venne a Stoccarda, ma si ammalò e ritornò a Brescia.
Nel giugno del 1953 però l’intraprendente e carismatico prete bresciano raggiunse di nuovo Stoccarda, ma questa volta con l’incarico di occuparsi dei 5mila italiani sparpagliati in tutto il Baden Württemberg. Nel dicembre del 1955 l’Italia e la Germania firmarono l’accordo per il reclutamento della manodopera e nel giro di un paio d’anni la collettività raggiunse quota 60mila. Troppi, per un solo prete e una suora tedesca (suor Klotildis) che aveva imparato l’italiano per capire anche coloro che parlavano quasi esclusivamente il dialetto dei luoghi di provenienza.
L’esigenza di assistenza determinò l’apertura di nuove missioni in modo da alleggerire il carico di lavoro non tanto spirituale quanto quello sociale e della comunicazione. La necessità di poter raggiungere in qualche modo la collettività spinse le missioni a dar vita a La Squilla, oggi Corriere d’Italia. Un ulteriore passo fu la sensibilizzazione delle emittenti radio tedesche a dar vita ad un programma in lingua italiana.
Il Muro di Berlino, la paura di una nuova guerra e i programmi radio in italiano
Come in tante situazioni, di necessità don Battista fece virtù. Nell’agosto del 1963 alla notizia della costruzione del “muro” di Berlino, gli italiani impiegati nelle campagne di Ulm credendo che fosse scoppiata una nuova guerra, cominciarono a scappare verso l’Italia. Il presidente della Coldiretti di Ulm, preoccupato di non riuscire a salvare il raccolto del frumento, pregò il presidente dell’Arbeitsamt e l’allora direttore dei programmi della Süddeutscher Rundfunk (SDR), prof. Bausch, di far leggere a don Battista un appello in lingua italiana alla radio teso a tranquillizzare i Gastarbeiter italiani operanti nel Baden-Württemberg.
A questo compito don Battista non si sottrasse, anzi colse l’opportunità per chiedere alla SDR e alle altre emittenti l’istituzione di una trasmissione radiofonica che contemplasse informazioni serie e attendibili dall’Italia, dalla Germania e dal mondo.
Fu così che il primo novembre dell’anno dopo, ovvero l’1.11.1964 alle ore 19 decollarono le storiche trasmissioni di Radio Monaco per la Germania meridionale e di Radio Colonia per il centro-nord, assegnando a Stoccarda il ruolo di stazione di collegamento per entrambe le trasmissioni. Da quella data e fino al 31 dicembre del 2002, tutti i giorni dalle ore 19 alle ore 19:40 nelle case degli italiani in Germania non si sentiva volare una mosca. Ma oltre alla conquista dell’informazione via etere, a don Battista va il merito e la riconoscenza dell’istituzione di corsi di tedesco e di italiano per grandi e piccoli, l’organizzazione di tornei di calcio, festival della canzone, scampagnate e pellegrinaggi. Era un prete di compagnia ed un bravo pianista, organista e mandolinista dotato di una possente voce tenorile. Un prete poliedrico, insomma, dotato di tanta voglia di fare per la collettività. Sul suo operato si potrebbero scrivere volumi. Lui purtroppo si è spento, ma a noi restano tanti bei ricordi.
Lasciamo spazio ad alcuni contributi spontanei di connazionali che hanno avuto la fortuna ed il piacere di viverlo da vicino come “padre spirituale”.
Rosina Russo
Il nostro carissimo e indimenticabile don Battista ha perfettamente incarnato ciò che papa Francesco continua a dire: il pastore deve avere sempre addosso l’odore delle pecore.
Infatti, fin dagli inizi degli anni Cinquanta e fino al 2017 ha instancabilmente dedicato la sua vita a noi italiani emigrati.
Io ho avuto la fortuna di conoscerlo nel campo della scuola nel 1970. Don Battista è stato l’ideatore e promotore del doposcuola al Centro italiano sia per i bambini di Stoccarda che per quelli delle zone limitrofe che al mattino frequentavano la Vorbereitungsklasse.
È li che svolgevamo i compiti, ricevevano un pasto caldo e trascorrevano il pomeriggio in attività ricreative in un ambiente sano e sicuro. In seguito si è impegnato per far nascere i corsi d’italiano, ancora non statali, nei locali della parrocchia di Sankt Nikolaus preoccupandosi di assicurare la partecipazione dei bambini andando a prenderli a casa con la sua macchina e riaccompagnarli al termine del doposcuola.
Non possiamo poi dimenticare le visite alle famiglie, agli ammalati degenti a casa e negli ospedali portando a tutti conforto, offrendo aiuto per la soluzione dei vari problemi e rincuorando tutti col suo sorriso e la sua positività.
Don Battista, grazie infinite anche da parte di tutti i miei alunni!
Fabio De Pellegrini
Don Battista e Suor Klotildis sono stati per me e per tutti i connazionali i nostri “Angeli custodi”. Per qualsiasi problema ognuno di noi si rivolgeva alla Missione nella Werastr. 91. È lì che si risolvevano anche le vertenze con i datori di lavoro, con le casse mutue e con i padroni di casa. È lì che si trovava il chiavistello per trovare lavoro. Don Battista e “la mamma di noi italiani” avevano preso a cuore anche le questioni della ricerca di una casa, dell’apprendimento della lingua tedesca e dei corsi di italiano per bambini.
L’instancabile lavoro di don Battista ha scosso molti animi, compreso quello di Arnulf Klett, storico borgomastro di Stoccarda, che donò il Centro Italiano alla nostra comunità ricavato da una vecchia fabbrica di cinque piani, ubicata nella centralissima Böheimstrasse 8, di fronte alla Marienplatz. Ricordo anche che l’emerito don Battista aiutò a far nascere anche il primo Circolo Italiano nel quartiere Gaisburg, ricavato da una catapecchia e ristrutturato da volontari italiani. Ritengo che don Battista e suor Klotildis siano stati per noi italiani anime benedette.
Giusy e Roberto Montorselli
Caro don Battista, vogliamo esprimerti il nostro più sentito ringraziamento per tutto ciò che hai fatto per le nostre famiglie a Stoccarda e non solo. Il tuo impegno costante presso il Centro Italiano è stato un vero punto di riferimento per la nostra comunità, un luogo dove la nostra cultura, e soprattutto la nostra lingua non sono andate perdute. Grazie al tuo lavoro, il doposcuola e il corso di italiano per bambini emigrati hanno aiutato tante nostri giovani generazioni a mantenere vivo il legame con le nostre radici.
Ogni domenica, la piccola cappella del Centro italiano era gremita per la messa in italiano e in quel luogo di preghiera si celebravano con gioia anche tanti battesimi e comunioni. Il ricordo che portiamo nel cuore è quello di te che suonavi l’organo, accompagnandoci nel canto con gioia e fede.
A tutti noi rimarrà per sempre impresso il momento in cui intonavamo insieme “Pace a te, fratello mio”, un canto che, grazie a te, ci ha uniti in uno spirito di fratellanza e serenità.
Caro don Battista, grazie di cuore per tutto ciò che hai donato alla nostra comunità.
Il tuo impegno, la tua fede e la tua dedizione resteranno con noi. Riposa in pace.
Angelo Attademo
Ho conosciuto don Battista nel 1981 frequentando il gruppo “giovani” della Missione cattolica italiana. Quello che più mi affascinava di lui, era la capacità e la tenacia nel coinvolgerti nei suoi progetti. Ti faceva sentire sempre protagonista e quando ti parlava, ti guardava sempre negli occhi. Mi ha fatto vedere e capire che la persona che aveva di fronte era la cosa più importante per lui. Quando stavi con lui, non ti sentivi né giovane e né vecchio, né del nord e né del sud, dimenticavi di essere emigrante e che per lui eri importante così come eri. Tutto questo faceva sì che i titoli che aveva “prete”, “missionario”, “monsignore” erano riduttivi per una persona con una tale umanità, apertura mentale, amore e dedizione per i suoi “figli, sorelle e fratelli”. Con lui ho ripreso a credere nella Chiesa e nei sacerdoti. E come ringraziamento gli chiesi di farmi da padrino alla cresima.
Non mi stancavo mai di sentirlo parlare, sempre profondo nelle sue analisi. Se riuscivo a seguirlo o a capire quello che lui diceva, mi sentivo così orgoglioso e importante di essere una sua amata pecorella.
Foto: dall’alto in basso, don Battista Mutti, in chiesa negli anni ‘60,; il vescovo mons. Zuccarino di Bobbio, a sin. mons. Baumgärtner (dir. Caritas), il parroco di Obertürkheim, il prelato H. Wurm, e a ds. don Mutti.
Anna Picardi
Quando agli inizi del nuovo Millennio ebbi l’incarico di insegnamento nei corsi di Stuttgart-Ost, la collega che mi aveva preceduto mi annunciò che sarebbe venuto a “lezione” anche un missionario. Piccata le dissi che io non lo avrei fatto entrare. I corsi non erano catechismo.
Un giorno sentii bussare leggermente alla porta e al mio “avanti!” vidi entrare un anziano, vestito di grigio con occhi vispi e sorridenti. Gridando di gioia “don Battista, don Battista!” tutti gli alunni lasciarono i banchi per andare ad abbracciarlo. Fui presa da grande tenerezza per questa esplosione d’amore verso una persona che avrebbe potuto essere mio padre e che per i ragazzi era “il” nonno.
Da quel momento ebbi il piacere di averlo a “lezione” tutti i giorni, ad incoraggiare i più deboli, a lodare il mio lavoro. Iniziò un rapporto di bene e stima reciproca che abbiamo continuato a nutrire anche dopo che io ho lasciato l’insegnamento.
E quando, anni dopo, „capitai” a una Messa di Natale di mezzanotte celebrata da lui, io che non andavo mai in chiesa, mi sentii dire alla fine quando mi avvicinai per salutarlo, che vedermi li era per lui il più bel regalo. Lo era anche per me.
Ciao don Battista! Rimani nel nostro cuore con il tuo esempio d’amore.
Gino Bucci
Ho avuto l’onore e la fortuna di conoscere don Mutti e di poter collaborare con lui. Il primo incontro risale al lontano 1986 negli uffici della Werastrasse. Don Mutti ha fatto la nostra storia in Germania dedicando to tutta la sua vita ai connazionali di Stoccarda e non solo, affiancato dall’instancabile suor Clotilde, amorevolmente denominata “Mamma di noi italiani”.
Se oggi ci sono le Missioni è merito suo. Grazie a lui sono nati i corsi di sostegno, l’apertura del primo Centro italiano, l’apertura delle prime Missioni cattoliche e tantissime altre iniziative.
Ha battezzato, sposato, insegnato catechismo a migliaia di persone e di diverse generazioni.
È stato un grande visionario e tutti noi italiani gli siamo profondamente riconoscenti per questo.
Quando decise di lasciare Stoccarda dopo 67 anni di servizio, capimmo che avremmo perso con la sua partenza il nostro padre spirituale. Ancora oggi durante i vari incontri vengono menzionati tanti ricordi e aneddoti che ci ha lasciato.
Ora è lui passato alla casa del Padre e non ci resta che ringraziarlo ed essergli riconoscenti per quanto che ha fatto per la comunità. Sicuramente anche da lassù continuerà a pregare per noi.
Rosa Cristelli
Don Battista, la tua voce risuonerà sempre nei miei ricordi. Avevo solo 15 anni quando mi chiedesti di accompagnare i canti in chiesa con la chitarra. Un invito che accettai con immensa gioia. Era un momento semplice, ma avvolto da una profonda bellezza, perché mi ha fatto sentire parte di qualcosa di più grande. Il tuo operato missionario, insieme a suor Clotilde, ha lasciato un segno indelebile nelle vite di molte nostre famiglie italiane, inclusa la mia.
La mia famiglia non dimenticherà mai come, nel dolore gigantesco della perdita di mio fratello, ci hai assistiti e sostenuti accompagnando i miei genitori in un momento così difficile con la tua umanità e la tua saggezza. Buon viaggio, Don Battista! Ogni volta che ascolterò “Quando busserò” di Marcello Giombini, un brano che tu tanto amavi, sentirò tua presenza accanto a me. Riposa in pace, sapendo che il tuo amore e la tua dedizione vivranno sempre nei nostri cuori!
Sonia Cussigh
Carissimo don Battista, le nostre strade si sono incrociate nel 1959 quando i miei genitori, da poco arrivati a Stoccarda, vennero alla Missione che allora era un punto di ritrovo, un luogo in cui vivere la propria fede ma anche per incontrarsi con connazionali di tutta l’Italia. Come non ricordare le feste che si facevano a Killesberg e in altre grandi sale, dove venivano presentati pezzi di teatro da te preparati come regista e scenografo… anche quando facevamo parte del “gruppo giovani” non mancavi mai: un momento di catechesi e poi la condivisione allegra con canti e giochi. Avevi una voce potente e in quattro e quattr’otto riuscivi a farci cantare a più voci. Un racconto che mi è sempre piaciuto mantener vivo nella mia mente riguarda gli italiani della prima emigrazione.
I direttori delle aziende nelle quali lavoravano un giorno ti hanno interpellato chiedendoti: “Gli italiani sono bravi lavoratori, ma sono sempre così tristi. Cosa possiamo fare?” E tu hai risposto: “A loro mancano gli affetti e gli spaghetti!” Ed ecco che fu organizzata una spedizione per andare ad acquistare la pasta in Italia e distribuirla alle varie mense aziendali. Una bella intuizione che dimostra ancora una volta che per te l’uomo era al centro e che ti prendevi cura, non solo dello spirito ma anche dei bisogni concreti. Grazie per l’esempio che ci hai dato. Continua a pregare per noi e per le Missioni!
Laura Lamia – Neo Console Generale a Stoccarda
Sintetizzare il grande operato di don Battista Mutti e trovare le parole giuste per esprimere sincera gratitudine da parte del Consolato Generale è infinitamente difficile.
Per oltre 70 anni, don Battista, è stato al servizio degli emigrati con instancabile passione ed impegno costituendo un faro di speranza per migliaia di italiani che a partire dagli anni ‘50 hanno affrontato le sfide dell’emigrazione.
Don Mutti non era solo un pastore spirituale, ma anche un padre, un amico, un confidente e un sostegno per tutti gli italiani della nostra circoscrizione consolare ed oltre. Ha ascoltato le storie, ha condiviso le gioie ed ha alleviato le sofferenze di chi era stato costretto a recarsi in terra straniera lontano dai propri affetti e dalle proprie abitudini. La sua presenza ha insegnato l’importanza della solidarietà e del rispetto per le diverse culture e tradizioni.
Le sue parole di conforto e la sua guida hanno ispirato tanti a perseverare nei momenti difficili dell’integrazione in Germania. Che il suo spirito continui a guidare e ad ispirare tanti operatori nel mondo dell’emigrazione offrendo conforto e supporto. Un incommensurabile “Grazie”, caro don Battista, per tutto ciò che ha fatto per i nostri connazionali e per l’Italia tutta.