Il direttore della Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo in visita pastorale in Germania
Mons. Pierpaolo Felicolo, romano, è direttore della Fondazione Migrantes dal settembre scorso. Recentemente è stato in visita pastorale presso alcune comunità cattoliche italiane (CCI) in occasione delle cresime a Colonia, Mainz, Stoccarda, e ha partecipato al tradizionale pellegrinaggio delle CCI della diocesi di Rottenburg/Stuttgart a Zwiefalten. Mons. Felicolo ha una esperienza di lungo corso nell’emigrazione, prima vicedirettore, poi direttore dell’ufficio della Fondazione Migrantes della diocesi di Roma, poi come incaricato della Commissione regionale Lazio; fa parte del consiglio di amministrazione della Migrantes, ed è anche assistente provinciale di Api-Colf, patronato cattolico in Italia che si occupa del sostegno, accompagnamento di collaboratrici e collaboratori domestici. Di passaggio nella sede della Delegazione a Francoforte lo abbiamo intervistato.
Da Colonia a Mainz, da Stoccarda a Francoforte, e poi lunedì di Pentecoste a Zwiefalten. In questi intensi giorni della sua visita pastorale in Germania che impressione ha avuto delle comunità cattoliche italiane?
Desideravo fare questo giro da tempo, sono direttore generale della Fondazione Migrantes dalla fine di settembre, ma non potevo continuare a lavorare senza fare delle visite, perché rendersi conto di persona è un grande dono. Certamente la Fondazione Migrantes ha i suoi ricercatori (cfr. RIM n.d.r.), c’è modo di conoscere la realtà dell’emigrazione italiana, ma conoscerla de visu, di persona, mettere “le mani” nelle situazioni aiuta tantissimo. Sono molto contento e lo desideravo molto, e non lo dico perché è un’intervista. Don Gregorio poi ha sapientemente unito vari appuntamenti pastorali, quindi ho avuto modo di partecipare in quattro comunità diverse alla celebrazione delle sante cresime e questo dà l’idea di come una comunità celebri, preghi, si muova e tutto questo è molto utile per capirla. A Colonia erano 67 le cresime, c’era un bellissimo coro, cerimonieri laici, ragazze e ragazzi, accuratissimi. Ho visto il desiderio e la voglia di pregare mantenendo le proprie tradizioni, la propria cultura e, credo, sempre più inserendosi nella società tedesca, come è giusto che sia, come fanno anche gli immigrati che vengono in Italia. Tradizione, cultura, lingua sono qualcosa di importante. Mi ha colpito molto l’attenzione dei sacerdoti e poi non posso non nominare la festa bella di lunedì.
Lunedì ha partecipato al classico pellegrinaggio di Pentecoste delle comunità cattoliche italiane della diocesi di Rottenburg/Stoccarda a Zwiefalten. Che impressione ne ha ricevuto?
Una grande testimonianza di fede e di cultura. Ho come rivissuto quello che ho fatto da direttore a Roma con le comunità etniche straniere; ma qui con gli italiani all’estero è stata per me un’emozione particolare vedere questo santuario strapieno, alle spalle, di lato, nel coro, dappertutto, tanta gente, tanta fede, con una concelebrazione molto bella, molto ben preparata, curata. E poi la festa altrettanto bella e importante perché esprime cultura, esprime gioia di vita. Non possiamo limitarci al fattore religioso: ci si ricarica nella preghiera al Signore e nella festa dell’incontro coi fratelli e questo è il dinamismo della comunità cristiana. Ed era tutto un ballare sul palco con i canti italiani. L’ho visto fare tante volte dai latinoamericani a Roma, e questo è importante per tutti, per ogni nazionalità, per ogni cultura. Sono stato contento di averlo vissuto e averlo partecipato qui, ho cantato anch’io. Sono italiano, quindi questo poterlo fare con gli italiani mi ha fatto molto piacere.
La Fondazione Migrantes pubblica ogni anno il Rapporto Italiani nel Mondo (RIM a cura di Delfina Licata) che fotografa, analizza la realtà degli italiani del mondo e quindi anche in Germania, facendoci vedere come la mobilità verso la Germania cambi nel tempo e sia aumentata negli ultimi 10, 12 anni. Anche le comunità cattoliche italiane sono cambiate, sono molto eterogenee. Che percezione ha avuto di questo?
Questo cambiamento di epoca è velocissimo e questa velocità si ripercuote anche sull’immigrazione, è inevitabile. Credo veramente che la mobilità sia un fenomeno che non si fermerà. C’è la migrazione a causa delle guerre, della povertà. C’è la migrazione lavorativa che va sostenuta, accompagnata e rispettata. Poi ci sono i profughi, richiedenti asilo, gli apolidi. Oggi poi c’è un altro problema nel mondo che sono le migrazioni climatiche, i cambiamenti climatici portano spostamenti umani, penso all’Asia e all’Africa. Cominciamo a vedere anche in Italia che cosa succede nei paesi alluvionati nelle Marche e ora in Emilia Romagna. Per quanto riguarda gli italiani, osservavo nei giorni scorsi le nuove migrazioni e il motivo di fondo che spinge a emigrare è lo stesso, la ricerca di una migliore condizione di lavoro. E qui ho visto con che passione e qualità lavorano gli italiani. L’ho detto a don Gregorio che mi ha portato in un ristorante italiano a Stoccarda, per benedirlo, e ho mangiato meglio che a Roma. La passione e la qualità del lavoro degli italiani si nota, come si vede il desiderio di rimanere nelle proprie radici. Si notano anche diverse fasce di emigrazione, però poi quando ci si ritrova a far festa insieme ci possono essere età differenti e motivazioni differenti ma ci si ritrova insieme in un cammino comune.
Come fa, mons. Felicolo, a tenere insieme nel suo lavoro l’immigrazione in Italia, la pastorale mobile per i circensi, per i giostrai, quella per i Sinti e Rom e poi le comunità cattoliche italiane all’estero? Esiste un comune denominatore?
Il lavoro è vasto. Credo che ci sia una cosa che mi aiuta moltissimo, la passione per questo mondo; un mondo non sempre facile da capire, complesso, che non si spiega con le battute veloci che fanno in televisione, almeno in Italia, né con i numeri. Non dobbiamo dare i numeri ma i dati scientifici. E i nostri rapporti, il RIM, quello sugli immigrati che facciamo insieme alla Caritas e quello sul diritto di asilo danno dati scientifici e, come Fondazione Migrantes, sono fiero di questi lavori. Il mondo della mobilità ha un punto in comune, ha bisogno di attenzione e creatività pastorale. Ai figli dei circensi che desiderano fare la Prima comunione per esempio, e qui parlo da prete, non posso usare lo stesso metodo che in parrocchia, perché stanno tre mesi su una piazza, poi tre mesi in un’altra. Così pure per un corso matrimoniale, devo usare la fantasia della carità e come tante volte si esprime papa Francesco, bisogna tenere dentro tutti, aiutare tutti, capire, quindi creare cammini personalizzati. Il mondo della mobilità richiede un’attenzione particolare e va affrontato secondo le situazioni con un’intelligenza pastorale che apre la mente, non con schemi fissi. Sono situazioni delicate a cui dedicare tempo e attenzione. Mobilità significa non avere uno schema fisso ma saperlo muovere secondo i settori e ciò richiede impegno, richiede passione, ma proprio per questo è una pastorale molto interessante e molto bella.