La pandemia acuisce la condizione di indigenza e di solitudine di donne. Perché?
I notiziari ci dicono che a fare maggiormente le spese in questa pandemia sono le donne, perché più che gli uomini vivono di lavori precari e mal retribuiti. Lo dicono le statistiche. Dietro i numeri ci sono vite umane, ci sono esperienze di vita, speranze che la pandemia ha soffocato, speriamo solo momentaneamente. Andiamo a vedere da vicino, da quell’osservatorio privilegiato che sono le nostre missioni. Le nostre missioni danno un aiuto essenziale, di sopravvivenza nell’immediato, ma anche di empatia e di grande umanità. Ma non basta e non può bastare. Chi lascia il proprio paese non lo fa mai per spirito di avventura ma perché cerca una vita migliore e non solo economicamente. Una vita fuori da strettoie mentali, vicoli ciechi fatti di povertà materiale e di spirito. Certamente questo vale per uomini e donne, ma le donne, specie se madri, sono più fragili, spesso intrappolate nella rete di cattivi rapporti familiari e sociali. Che fare? Cercare l’appoggio e il sostegno sociale qui. Ci sono molte realtà sociali e solidali in grado di indirizzare le donne a una formazione professionale per inserirle nel mondo del lavoro sicuro e protetto. (Si veda l’articolo “Corso di formazione professionale a Francoforte, a pag. 14). Un nostro referente pastorale racconta queste situazioni di donne.
In questo periodo di pandemia, di lockdown e ora di lenta ripresa, Lei si trova come referente pastorale a far fronte a molte emergenze di persone in gravi difficoltà. Molte sono donne. Che età hanno?
Alcune sono davvero giovani, 20-25 anni, altre tra i 50 e i 60 anni, ma vi sono anche donne che hanno superato gli 80 anni d’età.
Che tipo di problemi hanno?
Le più giovani sono arrivate da poco (meno di 2 anni) in Germania. Provengono da piccoli paesini del Sud Italia e, spesso, sono ragazze madri. Sono fondamentalmente sole e vorrebbero costruirsi un futuro migliore in questa terra che, sperano, possa offrire loro più possibilità. Le donne tra i 40 e 50 anni invece hanno perso improvvisamente il lavoro a causa della pandemia. Purtroppo il lavoro in nero esiste anche qui in Germania e, queste persone che, senza alcuna rete di protezione sociale, pulivano, stiravano, lavavano i piatti nei ristoranti, si sono ritrovate senza alcuna entrata. Le signore più anziane, in quest’ultimo anno hanno dovuto fare i conti con la solitudine. Se prima erano nonne impegnatissime e felici, all’improvviso, hanno dovuto rinunciare non solo ad uscire, ma anche ai contatti quotidiani con figli e nipotini.
Che cosa chiedono quando si rivolgono a Lei in missione?
Innanzitutto ascolto e ascolto e ascolto…, ma anche aiuto economico nel fare la spesa. A volte hanno avuto bisogno di un luogo sicuro in cui vivere alcuni giorni.
Perché queste donne hanno lasciato l’Italia?
La difficoltà nel trovare lavoro è senza dubbio il motivo principale… ma contribuisce anche il fatto di avere rapporti molto difficili e tesi con gli ex mariti o con le famiglie d’origine.
Da che tipo di background sociale e familiare provengono?
Purtroppo molto povero…
Che tipi di lavori trovano, svolgono o svolgevano?
Lavori in nero…
Sono venute in Germania senza sapere che cosa le attendesse, diciamo, non preparate, ossia senza conoscere né la lingua né il mercato del lavoro?
Assolutamente sì…
Si è trovata a consigliare il rientro in Italia per qualcuna? Perché?
Sì! Le donne a cui l’ho consigliato, qui erano completamente sole, non possedevano alcuna qualifica lavorativa e non parlavano una sola parola di tedesco. Erano venute in Germania magari perché “innamorate” di un uomo che dopo poco tempo le aveva messe alla porta… (alcune volte letteralmente).
Ci sono anche donne che non sono italiane ma parlano italiano e che cercano il vostro aiuto?
Molto spesso. La conoscenza della lingua italiana è, molte volte, il motivo per cui la Missione viene contattata. A volte accade che ci chiamino direttamente davanti all’ Einwohnermeldeamt dove hanno provato a sbrigare tutte le pratiche relative alla richiesta di residenza in inglese o in francese ed è stato detto loro che non è possibile…Donne di diversa nazionalità (eritree, macedoni, spagnole, marocchine…), spesso non cattoliche, si rivolgono a noi solo perché parliamo italiano.
Oltre all’aiuto di prima necessità che cosa potete consigliare a queste donne?
Imparare la lingua è senza dubbio la prima cosa che consigliamo…
Hanno un qualche tipo di copertura sociale?
Assolutamente no.
Strutture più attrezzate, penso alla Caritas o alla Diakonie sono in grado di indirizzare queste donne a programmi di formazione per avviarle a un lavoro più sicuro, qualificato e protetto?
Sì e abbiamo spesso trovato in tali strutture aiuto e appoggio qualificato e attento.
Lei che affronta questi problemi tutti i giorni che cosa si dovrebbe fare?
Stringere legami sempre più forti con quelle che lei definisce “strutture più attrezzate”; creare una rete di immediato supporto ed aiuto, attivabile velocemente nel momento in cui una persona bussa alla nostra porta e, infine, smettere di autoconvincerci che il lavoro nero non esista qui in Germania. Esiste, è reale, spesso si coniuga al femminile e rende le donne più deboli, fragili ed invisibili.