Tommaso Conte, coordinatore dell’Intercomites Germania, scrive a Luigi Di Maio
C’è chi di problemi dell’emigrazione ne parla sempre e chi di problemi dell’emigrazione ne parla poco o niente. L’uno è certamente Tommaso Conte, coordinatore dell’Intercomites Germania e presidente uscente del Comites di Stoccarda, l’altro è certamente il nostro Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio.
In una lettera inviata al Ministro Di Maio, Tommaso Conte, da Stoccarda, fa il punto della situazione: “Giunto alla fine del mio mandato, in veste di Presidente del Comites di Stoccarda e di Coordinatore dell’Intercomites/Germania, sento la necessità e il dovere di chiudere questa importante parentesi d’impegno sociale e di volontariato, iniziata nel lontano 1991, con alcune osservazioni, che riguardano il futuro di questi organismi di rappresentanza”.
Trent’anni di volontariato consentono a tutti gli effetti di avanzare opinioni che, a detta del Presidente Conte “riflettono anche le indicazioni a me giunte in questi ultimi anni, nel continuo contatto con i presidenti Comites della Germania”.
Conte si dice preoccupato che per lo svolgimento delle nuove elezioni, nulla sia stato sinora annunciato sul cambiamento delle norme di partecipazione e ritiene nella lettera a Di Maio “logica la richiesta di equiparare le modalità di voto per i Comites a tutte le altre consultazioni elettorali, quindi, che gli elenchi degli elettori siano stabiliti d’Ufficio e includano tutti gli aventi i requisiti alla partecipazione”. La richiesta è pertanto rivolta ad eliminare l’iscrizione volontaria negli elenchi degli elettori da parte del singolo che ha interesse al voto.
Nella sua lettera, il Coordinatore Intercomites chiede “che le elezioni dei Comites riconoscano il diritto di partecipazione universale, offerto a tutti, auspicato per tutti. Il timore di escludere una larga fascia di potenziali elettori da queste nuove consultazioni è fondato e riguarda anche le esperienze già fatte da questi Comitati, la cui ragione di essere, oggi, è fin troppo basata sulla mera buona volontà dei singoli presidenti e consiglieri”.
Nella lettera è richiesta pertanto una legittimazione maggiore dei Comites: “Nonostante si tratti di organismi elettivi, regolati da un’esplicita norma dello Stato, i 113 Comites -che per loro natura operano all’estero- non hanno nei confronti dello Stato che li ospita nessuna missione o ruolo, sia formale sia giuridico, con la pregiudizievole esclusione da tutti i trattati internazionali che regolano i rapporti tra Stati. Sono i singoli presidenti, quali persone fisiche, a doversi assumere ogni responsabilità personale nei confronti delle istituzioni locali, vuoi per la stipula di un contratto d’affitto per la sede, o di un contratto di collaborazione con un’unità di segreteria, o di una semplice ordinazione di materiale di cancelleria. Il presidente ne risponde sempre a titolo personale anche nel caso di un’eventuale Sede di Giudizio o nei confronti del Fisco locale”.
Tommaso Conte, da sempre protagonista di un dialogo aperto con i Consolati e l’Ambasciata a Berlino critica che “la legge assegna ai Comites dei compiti formulati in maniera tale da dipendere solo ed esclusivamente dalla buona volontà del diplomatico di turno o dalle capacità del presidente in carica”.
La richiesta si fa esplicita, quando Tommaso Conte scrive a Di Maio:” Signor Ministro, la nostra missiva vuole sollecitarla a valorizzare i Comites del futuro. È un dato di fatto che un Consiglio Pastorale di una qualsiasi parrocchia, per sua struttura e organizzazione, ha nei confronti del cappellano facoltà più incisive di quante ne abbia un Comites nei confronti di un Console. Sottoponiamo alla Sua attenzione, in buona sintesi, la necessità di invertire i rapporti Comites-Diplomazia, in modo che tali rapporti siano frutto di una concertazione e non più di una mera consultazione, troppo spesso, fatta a senso unico”.
La lettera chiude con una preoccupazione in merito alle future imminenti elezioni: “È invece sotto gli occhi di tutti il rischio che i Comites diventino sempre più semplice strumento di organizzazione del bacino elettorale all’estero. Senza una profonda riforma, le elezioni del prossimo dicembre rischiano, infatti, di essere pilotate dai “soldati” dei singoli partiti politici, lasciando a piedi chi, come noi nel passato, ha creduto e crede nell’emancipazione degli italiani all’estero, elevandoli al ruolo di veri interlocutori delle Autorità diplomatico-consolari”.
L’ultima frase dello scritto racchiude l’augurio e un saluto da militante della prima ora sul fronte del riconoscimento dei diritti degli italiani in Germania: “Auspichiamo di vedere i futuri Comites inseriti negli ingranaggi e nei meccanismi istituzionali, rispondenti alle aspettative dei nostri tempi per poterci sentire fieri di raccontare con orgoglio: io ne ho fatto parte, sin dall’inizio, li abbiamo aiutati a crescere”.