Esattamente cento anni fa è finita la prima guerra mondiale. È stata una delle peggiori sciagure della storia d’Europa, non solo come fatto in sé, ma anche per le sue esiziali conseguenze. Senza di essa, come avrebbe fatto il cavalier Mussolini a fondare i suoi fasci dei combattenti? Pensare che questa sciagura l’Italia avrebbe potuto comodamente evitarla restandone fuori come altre nazioni mediterranee, e come la Svizzera, la Danimarca, la Svezia… Ma chi glel’ha fatto fa’???
La risposta a questa domanda per nulla retorica è da ricercarsi, secondo il libro “Tenpo de Guera” scritto dal prof. Lorenzo Morao, ai nostri lettori ben noto per i suoi articoli storici su questo tema pubblicati dal nostro giornale, nel mondo degli affari delle grandi industrie, soprattutto quelle pesanti come la FIAT e l’Ansaldo. Furono loro a intervenire sugli interventisti, finanziandoli e diffondendone le tesi sui giornali di loro proprietà. Senza il loro appoggio i nazionalisti radicali e gli intellettuali estetizzanti (leggi D’Annunzio & Marinetti) non sarebbero riusciti a sospingere il nostro paese (che era l’unico in Europa in cui esisteva una maggioranza contro l’intervento in guerra) oltre la porta dell’inferno.
Grazie a Mary Condotta dell’Associazione Piazza Francoforte in collaborazione con il Consolato Generale di Francoforte, lo storico anniversario è stato celebrato in maniera degna, la mattina con una messa solenne celebrata da Don Silvestro nella cappella del Cimitero dei Caduti di Wasthausen alla presenza dei membri del COMITES e dei rappresentanti di varie associazioni, oltre agli alti ufficiali dell’aereonautica militare venuti appositamente dalla base NATO di Ramstein. Il corteo ha poi attraversato il cimitero immerso nello splendore autunnale per deporre una corona davanti alla croce dei caduti.
Il pomeriggio si è svolta una presentazione multimediale nella grande sala della Missione Cattolica Italianacon con una conferenza di Lorenzo Morao. Dopo un indirizzo di saluto del console generale Maurizio Canfora, la presidentessa dell’associazione Piazza Italia, signora Katia Letizia, ha tenuto un breve discorso in cui ha detto che non bisogna relegare la guerra passata in uno di quei cassetti che non si aprono più, ed ha rievocato fra l’altro la distanza incolmabile fra gli alti livelli militari ed i soldati semplici, relegati a schiavi costretti all’ubbidienza totale anche agli ordini meno sensati, che causavano tante morti inutili. Il pubblico ha quindi seguito con crescente interesse la rievocazione del prof. Morao, che è andato a rovistare in archivi noti e meno, alcuni dimenticati o quasi inaccessibili. Incredibilmente grande è la massa della documentazione che non è stata ancora consultata da nessuno.
La famosa battaglia del Montello è stata ricostruita in tutto il suo orrore di morte: un bilancio di 10mila caduti /km² in media. È detta microstoria, in contrapposizione alla macrostoria, quella che si preoccupa di ricostruire le condizioni di vita della gente del popolo durante una data epoca anziché limitarsi alle gesta dei grandi comandanti. Chi sarebbe Napoleone, se tanta gente comune non lo avesse seguito? È toccante leggere le lettere dal fronte dei soldati semplici, in cui essi descrivono in maniera diretta e concreta le loro sofferenze e l’abbrutimento della vita in trincea, e magari paragonarle con i proclamoni retorici che nello stesso tempo produceva il gran seduttore D’Annunzio. Il milite ignoto era un povero coscritto, e non potrà mai dirci se era d’accordo a sacrificare la sua vita per la patria.
Al termine della parte ufficiale sono stati distribuiti assaggi del vino Raboso e dei gustosi salumi prodotti nella terra fra il Piave e il Tagliamento preparati dall’azienda veneta Terra Grosse; quelle stesse specialità che scatenarono i bagordi nelle truppe austriache affamate, rallentandone così l’avanzata dopo Caporetto. Fu così che le truppe italiane in ritirata trovarono il tempo necessario per organizzare la resistenza sull’altra riva del Piave. Intercalati nel procedere della manifestazione, sono risuonati i canti dei soldati eseguiti con bravura dal baritono Gino Cavarzan. Alcuni erano ben noti, come la “canzone del Piave”, altri frutto di una ricerca accurata negli archivi del canto popolare.
Chi non ha relegato la Grande Guerra nel cassetto che non si apre più, sono stati molti grandi scrittori ed artisti, basti pensare alle orrende raffigurazioni che ce ne ha lasciato il pittore espressionista Otto Dix ed a scrittori come Erich Maria Remarque e Ernest Hemingway. Per limitarci ai più famosi capolavori del cinema, ricordiamo da parte italiana “Uomini contro” di Francesco Rosi (1970), “Torneranno i prati” di Ermanno Olmi (2014), da parte francese “La grande illusione” di Jean Renoir (1937), da parte inglese “Lawrence d’Arabia” di David Lean, da parte australiana “Gallipoli” di Peter Weir (1981), da parte tedesca “Nulla di nuovo sul fronte occidentale” di Delbert Mann (1979), da parte americana “War Horse” di Steven Spielberg (2011), e per finire il grandioso “Orizzonti di gloria” di Stanley Kubrik (1956), che viene considerato il più grande film antimilitarista nella storia del cinema e che venne proibito per vilipendio delle Forze Armate: quelle francesi però, non quelle americane.