Un viaggiatore tra le frontiere dell’innovazione e della sostenibilità
Scorrendo il suo curriculum, il catanese Lucio Blandini è un globetrotter dei tempi moderni. Oggi più di ieri, chi vuole affermarsi in settori professionali e artistici di alto profilo, ha bisogno di accumulare esperienze all’estero.
È il caso dell’ingegnere Blandini, professore ordinario di Strutture Leggere all’Università di Stoccarda ed esperto di facciate e architettura sostenibile.
Dopo gli studi di Ingegneria Strutturale presso le Università di Catania e Bologna, il giovane Lucio si trasferisce a Stoccarda dove nel 2002 consegue il dottorato su Strutture a guscio in vetro, sviluppando e costruendo la “Volta di Stoccarda” come prototipo in vetro.
Queste sue due grandi capacità innovative lo portano all’Università di Filadelfia in Pennsylvania e all’Architectural Association di Londra. Successivamente torna a Stoccarda per affrontare le sfide di Project Manager presso la Werner Sobek AG, azienda leader nel settore dell’ingegneria, design e sostenibilità che dà lavoro a 400 dipendenti.
Tra i progetti più importanti realizzati da Lucio Blandini spiccano il Museo Ferrari di Modena, le facciate speciali della Japan Post Tower di Tokyo, l’Etihad Museum di Dubai, le facciate a Cavi del Grand Egyptian Museum del Cairo, la Casa della Storia Europea di Bruxelles, il Terminal 2 dell’Aeroporto Internazionale del Kuwait e la Stazione Centrale di Stoccarda 21. Tutte queste importanti esperienze ed interessanti sfide l’hanno fatto assurgere a Ordinario di Strutture Leggere presso l’Università di Stoccarda che, in termini più semplici, il Prof. Dr. Ing. M. Arch. Lucio Blandini ci spiega così:
“Significa che ho la responsabilità accademica per questo settore. Dirigo un dipartimento con oltre 40 persone e composto da altri due professori, tre ricercatori, molti dottorandi e altro personale. Insieme definiamo le linee guida per la ricerca scientifica e l’insegnamento. In questo modo riesco a spingere per rendere il mondo delle costruzioni più sostenibile”.
Oggi si parla sempre più dell’utilizzo di risorse naturali per incrementare la sostenibilità ambientale nel settore delle facciate e strutture edili. In concreto, di che cosa si tratta?
Il mondo delle costruzioni è responsabile per oltre il 60% dell’utilizzo di materie prime, il 50% della produzione di “spazzatura” e il 50% delle emissioni nocive per il clima. È necessario quindi trovare un equilibrio diverso attraverso una trasformazione radicale dei processi costruttivi. Sostenibilità ambientale per me significa ridurre drasticamente l’uso di materie prime non solo attraverso l’uso di sistemi più leggeri, ma anche attraverso processi di riuso e recycling. Significa anche prolungare l’utilizzo di strutture esistenti e ridurre l’uso di processi e tecnologie ad alto impatto ambientale. La mia visione mira a sviluppare degli approcci che possano dimezzare l’uso di materie prime e la produzione di spazzatura in modo da azzerare le emissioni nocive per il clima.
In che cosa consistono le innovazioni?
Nel mondo della ricerca ci occupiamo, tra le altre cose, di materiali simili al calcestruzzo, dove grazie a dei batteri -totalmente innocui- possiamo in prospettiva azzerare la produzione di C02 (il calcestruzzo è responsabile dell’ 8% della produzione mondiale di anidride carbonica). Sviluppiamo dei metodi digitali di progettazione e produzioni di componenti strutturali, che comportano un dimezzamento nell’uso delle risorse naturali. Lavoriamo a dei sistemi di strutture e facciate adattive che abbattono l’utilizzo di risorse e consentono un incremento del comfort. Tra queste tecnologie per le facciate, ne cito una ad esempio che consente di assorbire l’acqua piovana attraverso dei particolari tessuti tridimensionali, così da ridurre notevolmente l’uso di acqua potabile. In estate, inoltre, l’acqua raccolta può essere riutilizzata per rinfrescare gli spazi urbani (abbiamo dimostrato che differenze di oltre 20°C sono realizzabili). Questi sono alcuni esempi delle innovazioni a cui lavoriamo.
Quali sono i progetti realizzati per i quali ti senti più orgoglioso e professionalmente appagato?
Al di là dei progetti di ricerca e dell’attività di didattica svolta negli ultimi anni con studenti di Ingegneria e Architettura, sono orgoglioso dell’attività professionale svolta a partire dal 2003. Ho realizzato strutture e facciate innovative in quasi tutti i continenti. Tra questi, mi rendono particolarmente fiero il Museo delle Ferrari a Modena, le facciate del Grand Egyptian Museum che rivelano le piramidi di Giza, l’Etihad Museum che documenta la fondazione degli Emirati Arabi, il nuovo aeroporto in Kuwait e le strutture per la stazione ferroviaria “Stuttgart 21”.
Quali esperienze professionali sei riuscito a fare in Italia prima di varcare le Alpi?
Ho fatto un po’ di insegnamento all’Università, ma sono partito sei mesi dopo la laurea. La pratica professionale in Italia è stata più “facile” una volta che mi ero qualificato all’estero.
Perché hai scelto di trasferirti in Germania, e proprio a Stoccarda?
A Stoccarda c’è una tradizione unica al mondo nell’approccio interdisciplinare ai temi dell’architettura e dell’ingegneria, che ha il suo culmine nel campo dei sistemi leggeri. Sono partito da questa constatazione e ho fatto domanda per un dottorato all’istituto che adesso dirigo.
Che cosa rappresenta per te la Germania?
La Germania è stata un’occasione unica di crescita professionale e umana. Ho imparato molto dall’approccio tedesco alla precisione e dall’interesse per le tecnologie in generale; ma è stato per me fondamentale il connubio tra questa dimensione e la ricerca del bello, che è tipica della nostra cultura. Umanamente ho imparato a mettere da parte tutto ciò che è superfluo per concentrarmi su ciò che merita cura, attenzione e amore.
È stato difficile convincere la tua famiglia a trasferirsi in terra sveva?
Ho lasciato la mia famiglia di origine in Sicilia, ma ne ho creata una nuova a Stoccarda 18 anni fa. Ed è stato per me fondamentale mantenere i legami con l’Italia e la sua tradizione culturale. Ormai i miei due figli sono perfettamente bilingui e si sentono parte di entrambe le comunità. È una grande occasione per loro, ma anche un chiaro segno di integrazione.
Hai dei rimpianti?
E chi non ne ha? Un percorso come il mio richiede anche parecchi sacrifici.
Qual è l’indice d’integrazione anche sociale e culturale che hai raggiunto a Stoccarda?
L’integrazione è oramai molto alta; ma non è sempre stata una passeggiata. Ho dovuto sudare per conquistarmi ogni traguardo. Ma in Germania ho trovato sempre uno spazio per dimostrare cosa ero in grado di fare.
Hai rapporti anche con la nostra collettività che nella sola Stoccarda conta oltre 16mila connazionali?
Ho avuto diversi contatti in passato a titolo personale. Negli ultimi anni però si sono aggiunti anche i contatti istituzionali. E sono stato ben contento di alcune iniziative con il COM.IT.ES e con il Consolato.
C’è anche una tua mano nel megaprogetto Stuttgart 21 ovvero nella realizzazione della Stazione Centrale sotterranea?
Oltre 10 anni fa mi sono occupato di sviluppare un nuovo sistema digitale di progettazione e di calcolo per la realizzazione dei “calici” in calcestruzzo armato che sostengono la Stazione Centrale. È un’incredibile emozione vedere adesso questi spazi finalmente realizzati e coglierne l’atmosfera particolare. A mio avviso si può considerare (in un contesto laico) una cattedrale dei nostri tempi.
Come mai questi enormi ritardi nell’esecuzione dei lavori?
I motivi sono molteplici: tra i vari aspetti vedo molti margini per ottimizzare in futuro i processi di decisione e autorizzazione (ai vari livelli necessari).
Qual è la data più realistica dell’inaugurazione?
Non sono più coinvolto in questa fase, quindi non mi avventuro in prognostici… ma il più è fatto.
In questo mondo del lavoro e di esperienze senza confini, che posto occupa la tua terra natia?
Sono le mie radici. Le decisioni più impegnative le ho sempre prese in silenzio davanti al “mio” mare.