Sondaggio del Sindacato Confsal –Unsa Esteri
È andata bene ma potevamo cavarcela meglio e con meno stress con una migliore attrezzatura, preparazione e formale tutela nei confronti dei Paesi, dove lavoriamo.
Hanno risposto a un questionario diramato a tutta la rete consolare dal Sindacato Confsal-Unsa esteri ben 77 sedi delle complessive 301 tra ambasciate, consolati e Istituti Italiani di cultura sparsi sui cinque continenti.
Ne emergono dati interessanti che offrono una visione interna di quanto accaduto a seguito della pandemia nella difficile gestione dei servizi agli italiani all’estero. Mancava comunque un piano e le nostre rappresentanze hanno dovuto improvvisare con conseguenti rischi e pericoli. Il Segretario nazionale della Confsal-Unsa Esteri, Iris Lauriola: “I dati che i partecipanti alla rilevazione ci hanno fornito, hanno evidenziato l’assenza di un piano d’emergenza univoco (che in ogni sede all’estero dovrebbe giacere nella cassaforte del dirigente, a fronte di fatti eccezionali come calamità naturali, eventi bellici e di forti contrasti sociopolitici) nonché di strumenti formali dell’Amministrazione centrale per reagire in maniera veloce, agile ed efficace in ogni momento in cui è richiesta la straordinarietà dell’azione consolare”.
Con il sondaggio è emerso che l’applicazione delle disposizioni ministeriali, in numerosi Paesi, non ha potuto eliminare il rischio del contagio fra i dipendenti in servizio. Numerosi sono stati, infatti, i contagi tra il personale all’estero, che in alcune sedi ha sfiorato il 20% dei dipendenti.
Gli iscritti Confsal-Unsa di mezzo mondo hanno riferito di essere ricorsi a forme di lavoro misto. Si è trattato dei rientri per turni in ufficio, assicurando così i servizi essenziali, dello smart-working, sempre a garanzia dell’attività della rete diplomatico- consolare e del rafforzamento del servizio telefonico.
Iris Lauriola: ”Buona parte delle misure messe subito in campo per affrontare le emergenze derivate dalla pandemia, in attesa dell’attivazione dei meccanismi statali, sono state comunque frutto della capacità d’iniziativa dei singoli, della loro facoltà di adattamento e, non per ultimo, del loro coraggio e della loro professionalità”.
Il Sindacato che al MAECI gode del maggior livello di rappresentatività, segnala che anche da questa statistica emerge ancora una volta la precaria tutela di chi è in servizio all’estero e incappa in situazioni di emergenza.
I dipendenti in servizio all’estero hanno, infatti, riferito che in alcuni casi hanno dovuto circolare anche in orario di coprifuoco in alcuni Paesi extracomunitari, e talvolta in contrasto con le norme locali per soccorrere la nostra gente, agendo senza tutela formale come un passaporto di servizio o altre forme di ufficiale accreditamento.
Il sondaggio Confsal-Unsa, consultabile alla pagina web del Sindacato https://www.unsaesteri.com/ dice anche lo smart-working è partito male e con scarsa attrezzatura. A nulla erano serviti gli appelli sindacali a voler formalizzare e attrezzare il telelavoro come forma agile di prestazione atta ad affrontare ogni evenienza.