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Rubrica a cura dei patronati Acli Germania, Inca Cgil e ItalUil. Questo mese a cura di Danilo Cinelli di Inca Cgil

La pensione di invalidità civile è una prestazione erogata dall’INPS che costituisce un sostegno fondamentale per molte persone affette da patologie psichiche e fisiche che devono affrontare spese quotidiane e sanitarie. Questa pensione è una prestazione esclusivamente assistenziale a carico dello stato e non è contributiva. Ciò significa che il richiedente che soddisfa i requisiti di invalidità ha diritto a ricevere questa prestazione indipendentemente dai contributi INPS versati. Attenzione però a non confondere la pensione di invalidità civile (non contributiva) con la pensione di invalidità (c.d. assegno ordinario di invalidità), una prestazione contributiva che conteggia tutti i contributi a copertura del rischio di invalidità registrati nelle casse dell’INPS durante la vita lavorativa. Queste due prestazioni differiscono ulteriormente in caso di trasferimento all’estero. Infatti, un requisito fondamentale per poter beneficiare della pensione di invalidità civile è la residenza in Italia: questa prestazione viene riconosciuta ai soli cittadini che risiedono nel territorio nazionale e non può essere esportata negli altri stati dell’Unione Europea.

Dunque, cosa succede quando ci si trasferisce in un altro Paese dell’Unione Europea, come la Germania? Le regole nazionali richiedono che i beneficiari della pensione di invalidità civile abbiano residenza stabile e abituale in Italia. Quando questa condizione viene a mancare, la pensione può essere temporaneamente sospesa o revocata. Infatti, la pensione di invalidità civile è erogata dall’istituzione del luogo di residenza e non può essere accreditata in istituti bancari esteri. Un cittadino Italiano che decide di trasferirsi in un altro stato comunitario, quale la Germania, perde il diritto alla prestazione. In particolare, sono ammessi brevi soggiorni all’estero a titolo di trasferimento non definitivo, per un massimo di cinque mesi all’anno. Quando la permanenza al di fuori del territorio italiano supera i sei mesi, il trasferimento è considerato definitivo e l’invalidità civile viene sospesa. Superati i sei mesi, le prestazioni vengono eccezionalmente pagate solo per “gravi motivi sanitari”, come interventi terapeutici, ricoveri ospedalieri, o per necessità di assistenza specializzata in istituti sanitari esteri. Infine, dopo un anno dalla sospensione della prestazione (un anno e mezzo dal trasferimento) e verificata la residenza estera, il beneficio viene revocato.

Ma cosa succede se il trasferimento non viene comunicato alle autorità competenti? Al momento del trasferimento all’estero, il beneficiario è tenuto a comunicare il cambio di residenza al Comune e all’INPS. Se il trasferimento non viene comunicato e la pensione continua ad essere pagata, il soggetto che ha illecitamente beneficiato della pensione dall’estero rischia di dover restituire la somma ricevuta e versare una penale. Inoltre, posto che sono ammessi trasferimenti temporanei per un massimo di cinque mesi, è doveroso specificare che interrompere la permanenza all’estero solo per qualche giorno al fine di preservare l’accesso al beneficio, potrebbe essere considerato un comportamento illecito nei confronti dello Stato.

Questa impossibilità di esportare la pensione di invalidità civile ha basi giuridiche nel regolamento europeo 1247 del 1992 che vieta l’esportazione in ambito comunitario delle prestazioni speciali in denaro non contributive. Tale principio è stato successivamente ribadito dalla Corte di Cassazione che con l’ordinanza 21901 del 2018 ha confermato la competenza dello stato di residenza per le prestazioni non contributive. Tra queste rientrano sia le prestazioni assistenziali, indirizzate a liberare dallo stato di bisogno tutti i cittadini inabili al lavoro che sono privi dei mezzi di sostentamento, che per le prestazioni previdenziali, rivolte ai lavoratori e finalizzate a soddisfare le esigenze di vita nell’eventualità la capacità lavorativa sia ridotta o azzerata. Secondo questo principio dunque sono inesportabili, oltre alle pensioni di invalidità civile, anche le pensioni sociali, gli assegni e le indennità ai mutilati ed invalidi civili, le pensioni e le indennità ai sordomuti, le pensioni e le indennità ai ciechi civili, l’integrazione della pensione minima, l’integrazione dell’assegno di invalidità, l’assegno sociale, e la maggiorazione sociale. Sono invece escluse dal regolamento le prestazioni contributive, come l’assegno ordinario di invalidità, che possono quindi essere trasferite all’estero.

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