Nella foto da sx.: Sapia-Linardi (presidente CP), Vincenzo Linardi (Diacono), Pfr. Massoth e Kendra Crai (segretaria)

La figura del diacono permanente è una figura “ora più che mai” di “vitale importanza per il sostegno delle comunità ecclesiali cattoliche”. Ne è convinto Vincenzo Linardi, 56 anni, diacono permanente in Germania e coordinatore della Missione Cattolica Italiana “Don Bosco” in Dreieich priva, al momento, di un proprio sacerdote di riferimento. Noi – dice al Sir in questa conversazione a pochi giorni dal Giubileo dei Diaconi – “siamo sempre stati abituati alla presenza del parroco e ad avere con lui un contatto costante e diretto. A causa però del calo delle vocazioni sempre più parrocchie sono costrette a fare a meno di questa figura e i credenti, di conseguenza, sono privi di un sostegno spirituale diretto”.

Pubblichiamo un articolo apparso su SIR e gentilmente concesso alla nostra redazione

Linardi è figlio di emigrati italiani. E’ nato, infatti, a Francoforte sul Meno da una famiglia italiana residente in Germania per motivi di lavoro. Ha frequentato i primi anni di scuola in Germania mentre il liceo lo ha seguito in Italia. Dopo gli studi, il rientro in Germania per un apprendistato presso una azienda farmaceutica presso la quale lavora ancora oggi.

Dopo aver mosso i primi passi nella missione cattolica italiana di Dreieich, sin da bambino, poiché “la mia famiglia è sempre stata parte attiva della nostra comunità”, è parte viva della comunità. Col passar del tempo diviene sempre più attivo di quella realtà comunità cattolica locale e inizia ad occuparsi dell’educazione dei giovani come catechista. Nel 2016 riceve l’ordinazione diaconale dalle mani del card. Karl Lehmann, uno degli ultimi ordinati dal porporato prima della morte avvenuta nel 2018. „Un’esperienza che mi toccò profondamente”, dice oggi Linardi, collaboratore della parrocchia locale ma anche attivamente impegnato con la comunità italiana dove, in assenza del sacerdote, presiede la liturgia della Parola e nel rito di comunione nella madre lingua, celebra battesimi, matrimoni e funerali.
 
Linardi sente di essere un “tramite”, di rappresentare un anello di congiunzione tra due realtà e due culture diverse, convinto della “vitale importanza” che può svolgere il suo ruolo a sostegno della comunità italiana. Anche in Germania “vengono a crearsi – spiega – delle nuove comunità pastorali, che inglobano diverse parrocchie tedesche e comunità di madre lingua straniera”. In queste realtà la figura del diacono permanente – ci dice – “potrebbe essere interpretata come un „prolungamento“ della figura del parroco: sia sotto l’aspetto liturgico nel celebrare i vari riti, sia sotto quello pastorale donando conforto spirituale”.
La comunità italiana, affidata al diacono Linardi, conta circa 4000 credenti, sparsi sul territorio di Dreieich, Neu Isenburg, Langen ed Egelsbach.

Parlando del Giubileo e in particolare del motto scelto da Papa Francesco dedicato alla speranza, il diacono fa riferimento alla Prima lettera di Pietro dove l’apostolo, al capitolo 3, esorta i suoi interlocutori ad essere sempre „pronti a rendere ragione della speranza che è in voi a chiunque ve lo chieda, ma con dolcezza e rispetto”. Un’esortazione che “ci invita – prosegue Linardi – a non abbassare la guardia e a spiegare la fede e la speranza che abbiamo in Cristo. Non si tratta solo di una conoscenza intellettuale della propria fede ma di testimoniarla con umiltà, rispetto e amore verso gli altri. Cerco costantemente il contatto diretto con i membri della mia comunità, in particolare tento di raggiungere il cuore di coloro che sono più disillusi per accompagnarli nel cammino, lungo la strada, verso l’unica vera speranza: incontrare Gesù Cristo”. Il diacono lancia poi uno sguardo sul tempo presente e non ha dubbi. Ciò che oggi offre la realtà e cioè le tecnologie, i social media etc. sono solo delle “bolle di sapone sulle quali ci si costruisce un mondo virtuale e con esso, talvolta, anche una fede virtuale. Come le bolle di sapone però scoppiano e scompaiono, così si rischia di cadere in una profonda delusione e nel dolore quando ciò che ci ha illuso ci getta nella disillusione con la conseguenza, tutt’altro che remota, di accusare Dio e dare al Signore la colpa e la responsabilità di quanto accaduto”. Queste persone, sfiduciate, sono proprio loro “le più bisognose“ di un aiuto, di qualcuno che si accorga di loro, come descritto dall’apostolo Pietro: una persona che li ascolti con amore, pronta a testimoniare con la sua semplice presenza quella speranza che non muore e che vive in se stessa”. “Chi più del diacono può, oggigiorno, essere chiamato per questo compito?”, si chiede Linardi, diacono, fermamente convinto che “vivere con gioia, pace e fiducia nel Signore è il primo modo per dare speranza”.