In collaborazione con il Consolato Generale d’Italia a Francoforte sul Meno continuiamo la nostra serie di interviste a giovani italiani di seconda e terza generazione, i quali hanno raggiunto notevoli traguardi e posizioni nelle università tedesche
In questa edizione vi racconteremo la storia di una ragazza nata giusto trent’anni dopo gli accordi tra l’Italia e la Germania che fecero di molti connazionali dei Gastarbeiter.
Parliamo di Isabella Rosaria Vergata, nata appunto il 20.12.1985 a Groß-Gerau, di origine calabrese, i genitori Valeria e Vittorio sono di Settingiano (CZ). Come il fratello maggiore, Sergio, è cresciuta in Germania frequentando le scuole tedesche e diplomandosi nel 2005 sempre a Groß-Gerau. Si iscrive nel 2006 alla Johannes Gutenberg-Universität (JGU) di Magonza laureandosi (Magister Artium; M.A.) in italiano, spagnolo e scienze teatrali nel 2015. Dal 2015 è collaboratrice scientifica per la cattedra di Italianistica del Prof. Scholler ed è dottoranda all’istituto di Italianistica del Romanisches Seminar sempre all’università di Magonza.
Isabella sei la prima ragazza che intervisto per questa rubrica. Devo ammettere che ho avuto delle difficoltà a trovare giovani italiane di seconda o terza generazione che lavorano all’università. Non è che siete in poche?
Per quanto mi riguarda, posso dire che nel reparto di Italianistica dell’università di Magonza si trovano tante ragazze italiane. Infatti, quando ripasso la lista degli iscritti ai nostri corsi, trovo spesso nomi a me già conosciuti. Alcune di loro le conosco addirittura dalla nascita perché provengono come me da Groß-Gerau, altre invece perché fanno parte della Comunità Cattolica Italiana di Groß-Gerau, dove svolgo la funzione di vicepresidente del consiglio pastorale. Anche i miei colleghi hanno notato che molti studenti provengono da Groß-Gerau, considerandola una specie di “nido” di studenti italiani e studentesse italiane della JGU.
Secondo te perché tante ragazze italiane scelgono l’ambito umanistico e in particolar modo la facoltà di Italianistica?
Per me e forse anche per le altre ragazze e donne il motivo è una questione d’identità e cultura. In realtà ci si rende conto di non essere né totalmente tedesche, né del tutto italiane. Questo taglio tra due culture, due lingue e due radici porta molte ragazze, come a volte riesco a capire parlandone con loro a lezione, a intraprendere questo corso di laurea. Con il passare del tempo poi si capisce che il “taglio” in realtà diventa una specie di cerniera.
Ci racconti del tuo percorso universitario?
Dopo la maturità nel 2005 decisi di intraprendere dei tirocini tra i quali uno svolto anche ad una scuola elementare a Rüsselsheim. Certa di voler studiare “qualcosa con le lingue e con l’arte”, a scuola mi accorsi ben presto che un altro mio forte interesse poteva essere l’insegnamento, grazie anche all’esperienza precedente di aver dato ripetizioni a tanti giovani italiani. Decisi quindi di presentare domanda di iscrizione per il corso di scienze dell’educazione e della formazione per l’insegnamento nelle scuole elementari all’università di Heidelberg, all’università di Francoforte per le materie italiano e francese alle scuole superiori ed infine all’università di Magonza al corso di romanistica per l’italiano, lo spagnolo e scienze teatrali. Ebbi la conferma da tutti e tre gli atenei e corsi da me scelti, ma decisi di iscrivermi nel 2006 a Magonza potendo aggiungere alle materie linguistiche anche scienze del teatro, colmando così il mio forte interesse per l’arte teatrale. Partecipai nel 2007, dopo un anno di studi, al programma Erasmus, trasferendomi così per un anno a Roma presso l’università La Sapienza. Dopo il mio rientro a Magonza mi venne proposto nel 2009 un posto da Tutor con l’incarico di insegnare sia storia sia scienze della letteratura italiana, al quale si aggiunse nel 2009 l’incarico come addetta all’orientamento per gli studenti per la facoltà di Italianistica. Arrivata quasi alla fine degli studi, mi ritrovai in difficoltà a completarli nei tempi previsti a causa di due cattedre vacanti. Se alcuni miei compagni di studi cambiarono università e andarono all’estero, io decisi invece di restare per continuare il mio lavoro da Tutor e nell’insegnamento. Ero certa che alla fine quelle cattedre dovevano essere insediate e sentivo inoltre il forte desiderio di fare il dottorato. Infatti riuscii a laurearmi nel 2015 e intrapresi subito dopo il corso di dottorato di ricerca.
Resti nonostante le difficoltà ambiziosa di fare il dottorato e sicuramente la tua famiglia ti ha supportato nella tua decisione. Avevi un esempio o modello che seguivi?
I miei genitori hanno sempre sostenuto e seguito in tutto me e mio fratello nonostante i propri impegni. In particolar modo la mia mamma, una grande donna e lavoratrice, fin dall’inizio mi seguiva e spronava ad ambire al massimo. Da entrambi i nostri genitori abbiamo imparato il senso del sacrificio e che se non lavori non ricevi niente. Poi mio fratello Sergio, laureandosi con il massimo dei voti alla FH Darmstadt e iniziando un dottorato in informatica, ha contribuito a questa voglia di fare ricerca. Quindi loro sono stati e sono tutt’ora i miei modelli o esempi che seguo.
Ci racconti di cosa ti occupi precisamente nelle tue ricerche e come hai avuto questo lavoro?
Studiando a Magonza è stato inevitabile confrontarsi con il petrarchismo italiano, poiché soprattutto la cattedra di letteratura italiana, ma anche quella spagnola, svolge ricerca su questo fenomeno letterario. Durante i miei studi partecipai a due corsi che si occupavano del petrarchismo femminile italiano e spagnolo in cui si parlava di due poetesse: Sor Juana de la Cruz e Gaspara Stampa. Fui affascinata in particolar modo da Stampa, una donna cha ha vissuto nella Venezia del XVI secolo vivendo la propria vita in modo inusuale per quei tempi. Infatti circondata da petrarchisti maschili iniziò a poetare e “cantare”. Nelle sue Rime mostra la forza e la scrittura di una donna che, ispirata da una musa maschile, ovvero Collalto di Collaltino, mette nero su bianco tutto ciò che prova. Fu proprio il professore di quel corso ad offrirmi la possibilità di fare un dottorato. Accettai questa sfida proprio per analizzare il confronto della poesia maschile e femminile, rispettando i canoni del petrarchismo, di come cambia il linguaggio poetico e come questo venisse influenzato dalla Venezia del XVI secolo. In particolar modo voglio analizzare e valorizzare le Rime di Stampa, la cui opera fu spesso ridotta ad un semplice diario biografico di una cortigiana respinta dal proprio amore. Ma lei è molto di più.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi professionali?
L’intenzione è assolutamente quella di terminare quanto prima la tesi di dottorato e spero di poter continuare con quello che mi piace: l’insegnamento. Adoro quello che faccio e lo faccio con tanta dedizione e passione. Infatti, sono contentissima che durante il prossimo semestre possa tenere due corsi sul petrarchismo femminile: uno sulle Rime di Gaspara Stampa ed un altro sul petrarchismo femminile spagnolo, che comprenderà ovviamente anche le opere di Sor Juana de la Cruz.