Intervista al Dr. Med. Alexander Romagna, Oberarzt di chirurgia spinale presso il reparto di neurochirurgia della clinica Bogenhausen a Monaco di Baviera
Dr. Alexander Romagna, ci parli un po’ di lei. La scelta di diventare medico è un fatto singolare nella sua famiglia?
Sono originario di Merano, una cittadina in provincia di Bolzano e vivo in Germania da circa 20 anni. Direi che la scelta di diventare medico è maturata abbastanza presto, probabilmente già frequentando le scuole medie. Mio zio lavorava come psichiatra a Milano, una cugina ed un cugino hanno intrapreso anche loro questa strada. Però non definirei la mia famiglia una famiglia di medici, i miei nonni materni e paterni svolgevano mestieri quali capomastro e guardia forestale.
Che tipo di studi ha fatto e come è arrivato in Germania
Dopo la maturità al liceo classico a Merano decisi di andare all’estero, a Monaco di Baviera. All’epoca il corso di studi in medicina in Germania era stato ampiamente riformato (“Neue Approbationsordnung“) e questo mi attirò molto. Sin dall’inizio, il corso di studio prevedeva molte attività pratiche guidate sul paziente o attività di reparto oltre al classico apprendimento teorico.
Chi sono state le persone che più hanno inciso nell’aiutarla a trovare la sua strada professionale?
In primis direi i miei genitori, educatori e sostenitori delle mie attività e scelte. Poi mio zio a Milano, medico e personalità ricca di energia e di entusiasmo che, purtroppo, è venuto a mancare poco tempo fa. Inoltre una mia ex insegnante di chimica a Merano. Insegna tuttora, ultranovantenne. È una persona dinamica ed intraprendente, non esiterei a paragonarla ad una Rita Levi-Montalcini sui generis.
Parliamo del suo lavoro. Lei è medico neurochirurgo e neuroncologo presso la clinica Bogenhausen a Monaco di Baviera, precisamente di cosa si occupa.
Esattamente. Dall’ottobre 2019 lavoro come Oberarzt nel reparto di neurochirurgia in una grande clinica a Monaco di Baviera. Noi neurochirurghi ci occupiamo del trattamento chirurgico dei problemi che coinvolgono il cervello, la colonna vertebrale ed i nervi periferici.
In quali interventi si è specializzato.
Dopo la specializzazione in neurochirurgia alla clinica universitaria LMU di Monaco ho lavorato due anni nelle rispettive cliniche universitarie a Salisburgo (Austria) ed un anno a Toronto (Canada). L’anno trascorso a Toronto ha definito la mia carriera professionale in particolar modo. In questo periodo mi sono specializzato ulteriormente in interventi sulla colonna vertebrale che, ormai, rappresentano un po’ il centro della mia attività.
Quali sono stati i risultati più importanti che ha ottenuto durante il suo lavoro
Non credo che i risultati di una carriera neurochirurgica si possano misurare in modo oggettivo. I primi interventi svolti autonomamente da giovane neurochirurgo ne fanno sicuramente parte, ma anche il periodo formativo in Canada. Direi che poter sviluppare conoscenze e competenze alzando gradualmente l’asticella sia il risultato più gratificante.
Nell’immaginario collettivo la neurochirurgia ha qualcosa di magico. I neurochirurghi in genere sono chirurghi speciali?
Non siamo né magici né speciali. Eventualmente sono da considerare speciali i nostri pazienti che si affidano a noi. La parte del corpo in cui operiamo è sicuramente speciale, in quanto operare nel cervello/midollo spinale o intorno ad essi ovviamente comporta rischi. Direi forse che il modo in cui operiamo è un po’ speciale in quanto da decenni lavoriamo col microscopio, che consente di ingrandire molto la zona in cui si opera. In tal modo si può essere molto più precisi ed accurati.
Parlando di comunicazione con i pazienti: soprattutto quando è il momento di comunicare una diagnosi qual è il giusto equilibrio tra ottimismo e realismo?
Comunicare diagnosi gravi, quali tumori o emorragie cerebrali, fa parte della nostra professione. Questo tipo di informazioni devono essere date in modo autorevole e sincero, usando un linguaggio semplice, chiaro, comprensibile. Per quanto riguarda la prognosi é bene fornire un quadro valido genericamente, ben sapendo che ogni situazione è per certi versi unica. Ammiro il virologo italoamericano Dr. Fauci, che attualmente di questa dote comunicativa sta facendo virtù.
Secondo lei è più difficile essere un chirurgo, un paziente o un familiare di un paziente?
Il paziente ed i suoi cari. In neurochirurgia pediatrica in particolar modo i genitori.
Coronavirus, qual è il giusto approccio con questo virus?
Ce la possiamo fare attenendoci alle regole. Un appello ai concittadini italiani in Germania mi sta a cuore. Si nota la tendenza che, i pazienti con patologie anche gravi non cerchino cure mediche per il timore di infettarsi di Covid19 in una struttura ospedaliera. Come già detto in passato, la degenza nei grandi centri ospedalieri tedeschi ha un rischio ridotto di possibile infezione. Vengono applicate misure di prevenzione igienico-sanitarie severe, vengono fatti tamponi continui, isolamento di pazienti con presumibili contatti ecc. Quindi, a mio avviso, chi ha bisogno di cure ospedaliere deve assolutamente recarsi all’ospedale.