Intervista al Professor Ferdinando Tallarico che per 45 anni ha insegnato la lingua italiana in Germania e con altrettanta dedizione continua a farlo anche dopo la pensione
Professore Tallarico quali sono le sue origini e come mai ha deciso trasferirsi in Germania?
Sono nato nel 1947 a Verzino, un piccolo paese agricolo della provincia di Crotone, dove ho trascorso l’infanzia e dove torno ogni anno, nel periodo estivo per trascorrere le vacanze e per incontrare le persone a me care. Mi sono trasferito nel gennaio del 1970 ad Amburgo, dove mio fratello viveva da alcuni anni. Avrei voluto fermarmi solo pochi mesi, fare qualche esperienza lavorativa e poi ritornare definitivamente in Italia e proseguire gli studi universitari. Negli anni settanta, la Germania aveva bisogno di manodopera straniera, ma trattava ancora i lavoratori stranieri come ospiti (Gastarbeiter – “ospiti graditi”), che al termine del rapporto di lavoro dovevano ritornare nel loro paese d’origine. Ad Amburgo, per puro caso venni a conoscenza del bando di concorso, bandito dall’Ambasciata italiana per il reclutamento di insegnanti per le varie classi di inserimento, nei luoghi dove c’era una forte presenza di bambini italiani in età scolastica. Partecipai al concorso e ricevetti la nomina pochi giorni prima del mio rientro in Italia per insegnare nella classe d’inserimento, istituita nella Goetheschule di Mühlheim am Main, un piccolo paese di 28.000 abitanti a circa 15 Km da Francoforte, dove c’era una forte presenza di famiglie italiane con figli in età scolastica. Il 13 aprile del 1970 all’età di 23 anni, senza conoscere la lingua tedesca, senza amici, senza familiari mi ritrovai in un paese straniero che non avevo mai sentito nominare. Ricordo ancora oggi la calorosa accoglienza del primo giorno di scuola il 13 aprile del 1970 nel cortile della scuola, settanta alunni da 6 anni a 15 anni, accompagnati dai genitori provenienti da diverse regioni italiane aspettavano impazienti di conoscere l’insegnante d’italiano. Ricordo ancora “gli sguardi curiosi” degli insegnanti tedeschi della scuola che vedevano nelle loro scuole un insegnante straniero, giovane, con i capelli neri e proveniente dalla Calabria, una regione dell’Italia allora sconosciuta. Ho avuto la fortuna di insegnare per quarant’anni la lingua e la cultura italiana sempre nella stessa zona ai figli dei nostri connazionali della prima e seconda generazione ed aver contribuito notevolmente alla loro integrazione come cittadini europei. Ho avuto anche la fortuna di insegnare l’italiano dal 1971 presso l’università popolare di Obertshausen e continuare a farlo anche dopo la pensione. I corsi sono frequentati da molti tedeschi interessati alla nostra lingua e alla nostra cultura. Da diversi anni sono promotore di numerosi viaggi culturali in Italia e ultimamente in Calabria. Il primo giugno del 2015 ho ricevuto dal console italiano, Cristiano Cottafavi, il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia.
Cosa significa “insegnare l’italiano“?
Insegnare l’italiano (lingua materna) significa essere consapevole di avere un ruolo molto importante nell’educazione e nello sviluppo dell’identità culturale e linguistica dell’alunno di origine italiana. La conoscenza della lingua materna ha permesso a molti alunni che sono rientrati in Italia di reinserirsi e reintegrarsi nell’ambiente scolastico e per coloro che sono rimasti in Germania di integrarsi nelle scuole tedesche e nella società del posto. Il mio compito di insegnante di lingua materna nei corsi organizzati dalla regione Assia non è stato solo quello di insegnare la lingua italiana, di far conoscere il patrimonio storico – culturale, geografico – artistico della nostra bella Italia, ma soprattutto quello di trasmettere l’amore verso l’apprendimento della lingua dei propri genitori e di fare da mediatore tra gli insegnanti tedeschi e le famiglie italiane.
Durante la sua lunga carriera quali sono state le sfide e le soddisfazioni che resteranno impresse nella sua memoria?
Le soddisfazioni più belle sono quelle quando incontro alunni delle prime generazioni (anni settanta – ottanta -novanta) ed averli visti da piccoli e vederli come sono diventati da grandi, mi rendono felice e consapevole di aver anch’io contribuito al processo di integrazione nella società di accoglimento come cittadini europei pur mantenendo l’identità culturale, linguistica e valori e legami verso l’Italia.
Sente ancora un forte legame alla sua terra d’origine? Cosa le manca della Calabria?
Ovviamente sento ancora un profondo legame con la mia regione natale, la Calabria. Attraverso la famiglia e gli amici non ho mai interrotto i contatti con il paese, dove ho trascorso una felice infanzia. Avendo la fortuna di aver un appartamento in Calabria, ritorno ogni anno nel periodo estivo e per me è importante incontrare parenti, amici e insieme alla loro compagnia godermi il buon cibo, il mare e tutte le bellezze naturali e storiche della nostra bella Calabria. Attraverso il Circolo Calabria, che ho fondato insieme al defunto Cavaliere Lobello Stefano, ho sempre attribuito grande importanza a non dimenticare le nostre radici e di essere sempre fieri di essere nati in una regione ricca di bellezze naturali e di un passato glorioso. Inoltre, negli ultimi anni ho organizzato diversi viaggi di studio in Calabria per mostrare ai miei colleghi e amici tedeschi la mia regione d’origine. Infatti, purtroppo, persistono ancora alcuni pregiudizi nei confronti della Calabria e dei calabresi. È bello però constatare che se anche i partecipanti al tour sono venuti in Calabria come estranei, hanno lasciato la regione come amici e sono ritornati in Calabria negli anni successivi con le loro famiglie. Ho realizzato anche diverse foto guide per far conoscere la nostra cultura millenaria e la bellezza della Calabria sia ai tedeschi che agli italiani di altre regioni. Quello che mi manca di più della Calabria in Germania è la vita per strada: uscire la sera e incontrare i vicini, giocare a carte, chiacchierare e ritrovarsi spontaneamente per un caffè o un aperitivo. Questa sensazione di dolce vita esiste solo in Italia e non può essere copiata da altre nazioni.
È vero che molti tedeschi sono affascinati dalla nostra lingua? Secondo lei, perché?
Quando iniziai ad insegnare l’italiano alla Volkshochschule, la maggior parte dei partecipanti al corso utilizzavano le competenze linguistiche acquisite per scopi professionali. Questo è cambiato nel corso degli anni. L’italiano è una bella lingua, soprattutto il suono melodico e l’emozione appassionano gli studenti ad impararla. Tuttavia, credo che sia l’interazione tra cultura, dolce vita e voglia di viaggiare a spingere i tedeschi a imparare l’italiano e a visitare l’Italia.
Com’è cambiata l’emigrazione italiana verso la Germania negli anni? Chi sono adesso i nuovi emigrati?
Gli italiani venivano in Germania come lavoratori classici, i cosiddetti “Gastarbeiter”. Il loro obiettivo era tornare in Italia dopo alcuni anni di lavoro in Germania. Ma i lavoratori sono rimasti in Germania ed in seguito sono venute le famiglie e si è formata una grande comunità italiana. La maggior parte delle quali vive in Germania da generazioni e non vuole tornare. Tanti dei migranti di oggi sono i cosiddetti “cervelli in fuga” – accademici che non riescono a trovare lavoro in Italia.
Cosa consiglierebbe a chi sta valutando di trasferirsi in Germania?
Per prima cosa consiglierei di studiare almeno le basi della lingua tedesca. Poi è importante sapere concretamente cosa voler fare in Germania e dove stabilirsi.