Intervista all’on. Toni Ricciardi (PD)
L’on. Toni Ricciardi ha fatto visita alla comunità italiana di Monaco di Baviera, Wolfsburg e Berlino, dove si è confrontato sulle politiche e le problematiche per gli italiani all’estero.
All’on. Ricciardi abbiamo posto alcune domande.
Gentile On. Ricciardi, perché dal 21 al 23 aprile ha scelto di incontrare i nostri connazionali in Germania partecipando a diversi incontri a Monaco di Baviera, Wolfsburg e Berlino?
Sono stati giorni intensi, 4 appuntamenti in due giorni ricchi di confronto e, soprattutto, ho avuto il piacere di rivedere persone care e di incontrare molti connazionali che non conoscevo. Ci tenevo molto perché, come ho sempre detto in campagna elettorale, il territorio va girato in lungo e in largo, è il nostro dovere di rappresentanti eletti. Certo costa fatica, praticamente non hai mai un fine settimana libero o un momento defaticante, ma come recita l’antico detto non me l’ha prescritto il medico. Credo, quindi, vada fatto e continuerò nel limite del possibile a farlo in un collegio impossibile per dimensione ed estensione territoriale.
Lei è membro della Camera dei Deputati della Repubblica italiana. È stato eletto per la prima volta in seguito alle elezioni del 2022 nella Circoscrizione Estero – Ripartizione Europa, per il Partito Democratico. Quali sono i temi che dopo la sua campagna elettorale ha avuto modo di discutere in Parlamento?
Il primo tema, al quale sono più legato, è relativo alla questione IMU per i residenti all’estero. Una proposta che ho subito sottoposto durante la fase di discussione del bilancio e, successivamente, durante il milleproroghe che ha portato all’approvazione in aula, all’unanimità, di un ordine del giorno che impegna il governo a valutare la fattibilità della mia proposta, che non prevede una esenzione, bensì l’equiparazione della prima casa a tutte le altre prime case italiane. Sembra un gioco di parole ma non lo è. È la prima volta che si affronta il tema in questo modo, ovvero, non conta l’immobile posseduto, bensì l’iscrizione Aire e, di conseguenza, la cittadinanza. Da questo punto di vista, sono riuscito a far incardinare in commissione finanze il testo la cui discussione si avvierà nelle prossime settimane. Inoltre, per quanto riguarda il secondo tema discusso, ho depositate un progetto di legge per i servizi consolari, un altro punto del mio programma elettorale. Nel concreto, consta della possibilità di adottare lo stesso criterio della cittadinanza ai passaporti, in maniera tale che il consolato incassa proporzionalmente al numero di passaporti erogati e, di rimando, il tempo di attesa dei nostri connazionali si riduce. Inoltre, sto lavorando per definire una proposta sullo smart working e altre iniziative delle quali vi darò notizia nei prossimi mesi.
Gli italiani che si trasferiscono all’estero sono in continuo aumento. Spesso questa scelta è dettata dalla mancanza di prospettive lavorative adeguate. In Germania sono oltre un milione i connazionali residenti. Inoltre, la natalità in Italia ha toccato il minimo storico. Crede che questi temi richiedano una maggiore attenzione politica? Secondo lei, cosa si potrebbe fare concretamente per invertire queste tendenze?
L’estero, o se vuole, l’Europa è l’unica regione d’Italia, la 21° regione, che non vive il problema dell’inverno demografico. Viaggiamo alla media di 100-120mila partenze l’anno da almeno un decennio. Tuttavia, il problema non è il fatto che si parta, anzi, credo sia utile e necessario fare esperienze di mobilità, è essenziale conoscere il mondo e immergersi in altre realtà. Il vero dramma è la difficoltà a far ritornare le persone una volta acquisite competenze nuove, che sarebbero essenziali per il rilancio dei territori della partenza. Per questa ragione, sto lavorando come già detto, ad un progetto di legge sullo smart working, oggi impossibile in Italia per chi lavora per una società che pur lo concede. Ovviamente, alla base di tutto resta la questione dei salari. Il lavoro in Italia c’è, il problema è la qualità del lavoro, ieri come oggi. Salari troppo bassi, costo della vita che aumenta senza un adeguato corrispettivo aumento dei salari e, soprattutto, la difficoltà che molte e molti hanno nell’avere una soddisfazione professionale di crescita. Diciamola tutta, siamo un paese fermo da 30 anni in termini di stipendi e di opportunità. Non sarà facile, ma cercheremo di dare il nostro contributo.