Lutto nella Comunità italiana del Sud Baden
Aveva festeggiato il suo 85° compleanno il 3 aprile scorso. La pandemia gli ha stroncato la vita in pochi giorni. A nulla sono valsi i soccorsi. Ricoverato d’urgenza all’ospedale di Lörrach (ai confini con la Svizzera) per insufficienza polmonare e trasferito in elicottero a Friburgo, Michele Di Leo non ce l’ha fatta. È deceduto domenica 11 aprile. Ne ha dato il triste annuncio la famiglia e il nostro Consolato di Friburgo.
L’instancabile Michele non è riuscito purtroppo a difendersi dall’implacabile Coronavirus. Con la sua scomparsa si spegne un faro importante della nostra comunità italiana nella Circoscrizione consolare di Friburgo in cui risiedono oltre 60mila connazionali.
Il tenace e colto Di Leo, originario di Venosa (Potenza), città natale del grande poeta latino Orazio Flacco (65 a.C.), pur con origini di famiglia nobile, ha dedicato la sua “missione” agli svantaggiati, ai bisognosi, alle famiglie meno abbienti.
Dal suo casuale arrivo a Weil am Rhein il 23 dicembre del 1959 per trascorrere il Natale da familiari ben inseriti nel mondo accademico tedesco, sbocciò l’amore per Gudrun, una ragazza conosciuta l’ultimo dell’anno poi diventata moglie e decise di non far più ritorno a Napoli dove era cresciuto, aveva conseguito la maturità classica e lavorava presso “L’Idea Monarchica”, un giornale politico. La sua inclinazione per l’apprendimento gli consentì ben presto di apprendere e padroneggiare la lingua tedesca, necessaria per entrare nella Schusterinsel, grande azienda tessile bisognosa di maestranze per ampliare e raffinare la nobilitazione dei tessuti (fiocco, nastro, filato tessuto) e per migliorare le lavorazioni successive quali la tingibilità, il colore o le prestazioni finali ovvero di eliminare la presenza sull’ordito della bozzima, un liquido colloso usato per impregnare il filato prima della tessitura.
L’allora 23 enne Michele, sbalordito dall’elevata qualità di finissaggio nel Marketing della seta, accettò la proposta dell’azienda di reperire manodopera in Italia. Nel giro di un anno reclutò ben 700 italiani attraversando l’Italia, dall’Alto Adige alla Sicilia. Si adoperò per un buon trattamento economico e una decente abitazione assumendosi l’onere del disbrigo di tutte le pratiche sociali ed amministrative: dal permesso di soggiorno e di lavoro, alle rimesse alle famiglie, alla corrispondenza con il Consolato di Stoccarda. Assunse in altri termini il ruolo di assistente sociale.
Da persona sensibile, Michele Di Leo pensò anche al dopolavoro costituendo una squadra di calcio. La “C.S. Nuova Juventus” e iscrivendola all’allora campionato italiano di calcio, organizzato dal Consolato di Stoccarda anche per il Nord e Sud Baden.
Con la Missione Cattolica Italiana e la Caritas di Lörrach fondò poi un grande Centro Italiano con mensa, attività ricreative e socio-culturali, dai tornei di carte al biliardino, ping pong, ai concorsi canori e balli folkloristici.
Per il lungimirante Di Leo era importante uscire dal “ghetto” sensibilizzando i lavoratori a partecipare alla vita sindacale in azienda, alle iniziative delle associazioni che si stavano costituendo (Acli, Filef, Unaie) e alle manifestazioni che il Consolato di Stoccarda prima, e il Vice Consolato di Friburgo poi, promuoveva.
Con la delocalizzazione in America della produzione della ditta tessile Schusterinsel, 800 connazionali assaporarono l’amarezza del licenziamento.
Fortunatamente Di Leo riuscì ad entrare come cassiere alla Volksbank di Lörrach e a spargere la voce che la locale industria tessile KBC e la Ciba Geigi di Grenzach cercavano operai.
Così in poco tempo quasi tutti trovarono ricollocamento.
Fu proprio questo alto senso di altruismo sociale a spingere la Caritas di Friburgo nel 1979 a chiedere a Michele Di Leo di voler assumere il ruolo di assistente sociale a tempo pieno per un territorio con quasi 5 mila italiani. Il suo assenso fu immediato. Si iscrisse all’Accademia Sociale di Bad Honneff/Colonia dove conseguì il diploma di Assistente Sociale.
Con esemplare tenacia e perspicacia per quasi 4 decenni Michele Di Leo si è battuto su molteplici fronti per la sua collettività: nei comitati consolari, fabbriche, consulte comunali per l’integrazione degli stranieri, nei Consigli parrocchiali e di Missione, nelle scuole per favorire un miglior inserimento scolastico favorendo il dialogo fra famiglie e scuola locale.
Fino all’ultimo si è dedicato settimanalmente anche agli incontri con detenuti italiani per favorire una re-intessitura degli sfilacciati rapporti con le famiglie.
Di battaglie ne ha fatte tante, grazie anche al supporto di sua moglie e dei tre figli Maria, Rosa e Carlo. Purtroppo le sue forze non ce l’hanno fatta a superare il micidiale attacco del Coronavirus.
Michele Di Leo, che rappresentava come Presidente Comites gli oltre 60mila connazionali residenti nella circoscrizione del Consolato di Friburgo: da Offenburg a Lörrach e da Rottweil a Costanza, purtroppo non c’è più.
Rimane il suo operato a favore dei giovani, delle famiglie, delle donne in emigrazione, degli anziani, del recupero dei drogati, dei carcerati e dei malati di Aids.
Lo Stato Italiano gli è stato riconoscente conferendogli nel 2004 l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella della Solidarietà Italiana.
La collettività gli rimarrà immensamente riconoscente, tenendolo vivo nel ricordo di:
“Persona stragenerosa ed umile – afferma Angelo De Giacomo, compagno di lungo corso nelle attività sociali pro collettività nel Sud Baden – che ha inteso camminare sempre al fianco degli ultimi senza mai chiedere nulla in cambio e senza mai manifestare sete di potere”.